Oriana Fallaci
L'impressionante parabola discendente di quella che fu, in tempi ormai lontanissimi, una delle più seguite ed autorevoli giornaliste del mondo non ha una data precisa di inizio, anche se il senso comune porterebbe a farla coincidere con la pubblicazione del lungo excerpt da "La rabbia e l'orgoglio" pubblicato dal Corriere della Sera all'inizio di ottobre 2001. A partire da quella data, gli scritti disperati di un individuo divenuto -forse repentinamente- cosciente della propria mortalità ed incalzato dallo spettro della fine non sono mai stati interpretati come tali; è stato invece dato loro il valore di incontestabili e magistrali intepretazioni del reale, da una classe politica incosciente e da mass media assolutamente irresponsabili, senza -e se del caso contro- qualunque logica e qualunque opportunità. In nome del denaro e del potere.
Si raccolgono qui le reazioni che le sempre più avvilenti uscite di Oriana Fallaci hanno sollevato, ad opera di penne che appena appena un po' più libere lo sono sul serio, in un panorama dominato da media asserviti all'americanismo e al sionismo di complemento. Naturalmente, obiezioni del tipo "non si tirano in ballo i morti" non verranno minimamente prese in considerazione, per il semplice motivo che la Fallaci, quando scriveva quello che scriveva, era ben viva e benissimo cosciente di quel che stava facendo. Se la nostra è un'impressione sbagliata, nessuno fino ad oggi si è pubblicamente curato di correggerla. Tutt'altro.