Riccardo Venturi è un interprete e traduttore plurilaureato, conoscenza abituale anche "dal vivo" per tanti frequentatori della usenet peninsulare e di internet in generale, che hanno avuto moltissime occasioni per apprezzarne la gentilezza, l'erudizione... e la capacità di provocare danni difficili da colmare alle scorte di qualunque dispensa. Il 3 ottobre 2001, sul newsgroup dedicato al cantautore Francesco Guccini, pubblicò lo scritto che segue. In sette secondi netti il post si animò di vita propria e fece il giro del pianeta, attirandogli addosso autentiche ire d'Iddio fatte di e-mail deliranti e stizzite... Difficili da evitare, se si pensa che il post era firmato con nome, cognome, indirizzo, indirizzi e-mail, indirizzo di casa e numeri vari di telefono.
Lettera ad una rincoglionita non ancora morta
di Riccardo Venturi
"Gentile" signora Fallaci,
Ho appena ricopiato il Suo articolo su un file, e la sa una cosa? Ne son venute quasi dodici pagine intere. So che questo, se mai Le capiterà di leggere quel che sto scrivendo, non La interesserà più di tanto; ed è pienamente comprensibile. Lei se ne sta rinchiusa nel Suo appartamento niuiorchese, la "città martire" (la quale, fra qualche anno, sarà sicuramente capace di sfruttare commercialmente molto bene il proprio martirio, a differenza di molte altre città ben più martirizzate -pensi solo a Sarajevo, a Beirut, a Mogadiscio -la capitale dei "somali puzzolenti"), e "non vuole essere disturbata". E chi mai l'avrà disturbata in questi anni, mi chiedo? Se ne sta lì a scrivere le sue cose, e nessuno s'interessa realmente di ciò che Lei fa o non fa. I suoi ultimi libri, diciamocelo francamente, sono stati un autentico disastro; a suo tempo apprezzai "Un uomo", ma quel che è venuto dopo è paccottiglia. Scriva pure, anzi, "lavori"; ma se intendeva per caso essere considerata una grande scrittrice, sarà meglio che se lo tolga alla testa per tutto il tempo che Le resta da vivere.
Sempre ammesso e non affatto concesso che Lei legga queste mie parole, potrebbe ragionevolmente domandarsi chi glieLe sta scrivendo. Il nome lo leggerà in fondo; il resto non ha importanza. Sono, come si suol dire, un "signor nessuno" che si diletta da qualche tempo di scribacchiare su dei forum telematici, peraltro ben conscio di non star che scribacchiando. Abito in un quartiere popolare di Livorno, pieno zeppo di negri, arabi e cinesi, la persona più potente che io abbia mai incontrato di sfuggita è un sindaco di Firenze che poi fu ammazzato dalle Brigate Rosse e non ho, né avrò mai, a disposizione nessun "Corriere". Non dico della Sera, ma neppure delle quattro e mezzo del mattino. Aggiungiamo che vengo da un'isola del Mare Tirreno, e basta cosi'.
Detto questo, mi piacerebbe non poco che Lei si sia sentita più che contrariata del titolo che ho apposto a questa mia presente. Spero anzi che si sia sentita offesa nella sua dignità umana, così come Lei ha d'altronde fatto con quei poveri somali e con milioni d'altri esseri umani colpevoli solo d'esser nati in certi luoghi dai quali sono regolarmente costretti a scappare per fame, per guerre o per altri motivi non certo piacevoli; certo che Lei avrà viaggiato per tutto il mondo e incontrato tutti i personaggi più importanti della Terra, ma per i giudizi che ha espresso nel Suo articolo s'è basata nient'altro che su delle immagini televisive. Naturalmente prese ad arte; un centinaio di persone che hanno esultato a Gaza per l'attacco agli Stati Uniti (e ve ne sarà pure un motivo serio, anche se non condivisibile ai nostri occidentalissimi occhi) sono bastate. Non hanno rilevanza le migliaia di voci di dissenso che si sono levate da tutti i paesi arabi e musulmani, non ha importanza un bel nulla; sono stati sufficienti quegli spari in aria a Gaza, da parte di persone che gli spari israeliani se li prendono tutti i giorni nella schiena. In questo, mi lasci dire, s'è comportata come una qualsiasi massaiotta di Voghera che guarda il tiggiqquattro di Emilio Fede.
Spero che si sentirà offesa anche nella sua dignità femminile, se le dico che dev'essere un bel po' che Lei non scopa, cara signora Fallaci. Va da sé che io aborro questo tipo di argomentazioni, per di più espresse in termini tanto volgari; ma come rispondere ad una donna che apostrofa centinaia di migliaia di altre donne con queste precise parole: "E se in alcuni paesi le donne sono così stupide da accettare il chador anzi il velo da cui si guarda attraverso una fitta rete posta all'altezza degli occhi, peggio per loro. Se son così scimunite da accettar di non andare a scuola, non andar dal dottore, non farsi fotografare eccetera, peggio per loro. Se son così minchione da sposare uno stronzo che vuole quattro mogli, peggio per loro. Se i loro uomini sono così grulli da non bere la birra e il vino, idem"? Peggio per loro, eh? Le è mai venuto a mente che esiste la povertà e l'ignoranza, e che da mondo è mondo sono sempre state le donne a farne le spese per prime? Le è mai venuto in mente che nella Sua tanto adorata "America" (chissà perché, poi, l' "America" deve sempre e solo essere identificata con gli USA, come se quel che ci sta sopra, il Canada, e sotto, tutta l'America Latina, fosse solo un'inutile appendice) si spende ogni anno più in cibo per gatti d'un intero bilancio dello stato d'un paese africano? Ma già, dimenticavo. In "America" c'è il caso che, adesso, pure i gatti sventolino la Stars & Stripes e che siano pronti a dare il loro contributo contro Osama bin Dog e tutti i cani musulmani.
Vado un po' a ruota libera, e non Le chiedo certo di scusarmi. Sa, dopo aver letto il Suo articolo, molte persone, in Italia, si sono convinte che Lei sia totalmente ammattita o, nel più benevolo dei casi, sia stata colpita da una forma galoppante di Alzheimer. "Come?" -dicono-, "l'Oriana paladina dei diritti, amante d'un grande combattente per la libertà dell'Ellade, da sempre all'avanguardia eccetera, ora se ne vien fuori con questa caterva di scempiaggini pubblicate ancor più scempiamente dal maggiore quotidiano nazionale, carrettate di luoghi comuni che neppure il peggior Berlusconi sarebbe stato capace di concepire? Ohibò, è impazzita. E' malata.".
Io, preclara signora Fallaci, sono invece uno di quelli che non lo credo affatto. Credo che Lei goda di ottima salute fisica e mentale, e che non sia altro che una poveretta annoiata che nessuno considera più nemmeno di striscio. Che Lei sia stata nient'altro che la solita mistificazione, peraltro regolarmente espressa dal corpo giornalistico italiano (per il quale, lo intuirà, non ho la mimima parvenza di stima). Che Lei sia stata sì all'avanguardia, ma solo di se stessa, del suo smisurato ego.
Basta leggere la foga con cui sciorina i suoi incontri con Yasser Arafat, quasi che il destino del mondo fosse stato in un'intervista alla grande giornalista! Ma ve lo immaginate Arafat che s'arrovella perché una pennaiola italiana "non gli ha perdonato nulla"? "Chissà come friggerebbe il signor Arafat ad ascoltarmi. Sai, tra me e lui non corre buon sangue. Non mi ha mai perdonato né le roventi differenze di opinione che avemmo durante quell'incontro né il giudizio che su di lui espressi nel mio libro «Intervista con la storia»." Boia dé! (Così si dice a Livorno, dove peraltro si dice anche, quando i fiorentini vengono al mare, che non affogano solo perché gli strónzoli galleggiano). E' arcinoto che, nel suo quartier generale, ogni sera Arafat smette per mezz'ora di pensare a Sharon, all'Intifada, agli Hezbollah, a Hamas, alla sua gente che crepa a migliaia da mezzo secolo e rotti, e gioca a freccette con il suo ritratto come bersaglio!
Parlavamo dei fiorentini, cara signora Fallaci. Mi creda, non intendo trasformare questo mio sproloquio in una questione campanilistica labronico-fiorentina. Ho vissuto metà della mia vita a Firenze, dove tuttora torno due o tre volte alla settimana per svariati motivi, sono un tifoso accanito della Fiorentina (a proposito: ha per caso mai intervistato Cecchi Gori?) ed ho verso quella grande città un sentimento di odio profondo che, come tutti gli odi di questo genere, sottintende un amore smisurato. La conosco, per dirla alla toscana, fin nelle càccole del naso. Ne conosco la gente, i tipi umani, il "genius loci", ogni singola pietra. Ne conosco i pregi e i difetti; e tra i difetti, c'è quell'insopportabile boria di tanti suoi abitanti, alla quale Lei attinge a piene mani. La boria della borghese fiorentina che s'innesta perfettamente sulla boria "nazionale", su quella "europea" per approdare naturalmente a quella "occidentale". La cultura occidentale.
E così, nelle sue parole, si arriva finalmente al Campionato del Mondo della Cultura. Il grande Mondo Occidentale sfida i Barbari Straccioni non solo con le portaerei e con ogni altro tipo di macchina da guerra, ma anche con la Cultura. Primo turno: Platone - Averroè 3-1 (glielo vorrà concedere il goal della bandiera al povero esegeta aristotelico!). Scorriamo il tabellino dei risultati...dunque, vedo un interessantissimo Gesuccristoincrocerivoluzionario - Maometto 4-2 (brutta bestia quel Maometto, ha dato filo da torcere; forse era allenato da Terim), ma per il resto non c'è storia. Tse'. Leonardo da Vinci - Avicenna 7-0. Mozart - Umm Khaltum 49-1 (e se non fosse stato per un autogol, sarebbe finita 49-0). Ah, a proposito: ma Lei lo sa chi è Umm Khaltum? Raffaello - Ghirigori nelle Moschee 1279-0. E cosi' via. E poi c'è la scienza! Suvvia, non c'è partita. Che i Barbari Straccioni si ritirino in buon ordine nella loro merda, e non rompano tanto le scatole all'Übermensch Occidentale!
E l'America?
La Grande America che si prepara alla guerra contro il Male, dove la vogliamo mettere?
Una grande nazione, non c'è dubbio. A parte il fatto che, a me, la parola "nazione" sta oltremodo sul culo (ma sono fatti miei), come sarebbe possibile definirla altrimenti? Una terra che ha dato al mondo Bob Dylan e Tom Waits!
La Grande America ha dato al mondo -ed anche al nostro insignificante paesucolo- la Libertà. Senza l'America, come Lei si compiace d'affermare in modo assai originale, oggi noi parleremmo tedesco o russo. Senza l'America, va da sé, oggi correremmo il rischio di parlare arabo (e se c'invadono i Talebani, ci tocca pure imparare il Pashtu). La Grande America che per Francesco Guccini (ah, Le sto scrivendo dal forum Usenet dedicato a codesto cantautore!) era, in una sua canzone intitolata "Amerigo", "provincia dolce e mondo di pace". "Non so come la vide quando la nave offrì New York vicino / di grattacieli il bosco, città di feci, strade, urla, castello". Sono ancora dei versi di questa canzone che parla di un emigrante di nome Amerigo, signora Fallaci. Un emigrante che va a lavorare in miniera, non a scrivere stronzate da un bell'appartamento comprato coi miliardi fatti a interviste e boiate. Un emigrante che torna con "due soldi e giovinezza ormai finita", concludendo che "l'America era un ernia", "un gioco di quei tanti che fa la vita", e "dire boss per capo, e ton per tonnellata, rifle per fucile". L'America, l'America.
Com'erano umani gli Americani nel Vietnam, quando combattevano gli straccioni vietnamiti che non combattevano solo per una Stella Rossa e per un ideale forse sbagliato, ma anche e soprattutto perché, comunque, quello era il loro paese, la loro terra. Prima glielo avevano piantato nel culo ai Francesi a Dien-Biên-Phu, e gli Americani fecero la stessa esperienza. Lei ha visto pure quella guerra, e com'erano umani gli Americani che raccoglievano cristianamente e pietosamente quattro o cinquecento nemici morti! Peccato che, in Vietnam, di morti vietnamiti ce ne siano stati quasi mezzo milione. Nel loro paese, signora Fallaci. Un paese che, fino ad allora, all'America non aveva fatto un bel nulla, nemmeno una contravvenzione per divieto di sosta. Uomini, donne e bambini bruciati nei loro villaggi a fiammate di napalm. Migliaia di chilometri quadrati di foresta totalmente cancellati. E non c'è stato solo il Vietnam, cara signora. C'è stato, ad esempio, tutto l' "orticello di casa", l'America del Centro e del Sud. C'è stato il Cile. La Grande America ha esportato "libertà" quando le ha fatto comodo, specialmente ai suoi interessi economici; e se non fosse stato per Pearl Harbor, chissà, se ne sarebbero pure fregati di quel che accadeva nella lontana Europa. Ma furono attaccati. Colpiti sul loro territorio nazionale dai giapponesi. Lei è sicura che, se non ci fosse stato quell'attacco, gli USA sarebbero entrati in guerra? Sta' a vedere che, se non "parliamo russo o tedesco", ci tocca ringraziare più i giapponesi! O non mi dica che non ha mai sentito parlare di isolazionismo....suvvia, il buon Bush Junior, ora a capo della nuova crociata mondiale, non ne era che l'ultima, solita, stupidissima emanazione fino a quel fatale 11 settembre!
So che tutto ciò è un paradosso; ma adesso gli Stati Uniti sono stati attaccati di nuovo sul loro territorio nazionale. E non in una base su un'isola, ma nel cuore stesso del Paese. Intendiamoci: non gioisco certamente di questo. Non sarebbe possibile gioire d'una cosa del genere, anche se, lo devo confessare, se fossi stato un Palestinese di Hebron cui gli israeliani, per difendere cinquanta fanatici arroccati in mezzo a centoventottomila arabi, hanno ammazzato un bambino di quattro anni, chiuso il negozio e bruciato la casa, ne potrei avere la voglia. Dico "potrei", badi bene. Ci sono stati migliaia di Palestinesi, glielo ripeto, che si son guardati bene non solo dal farlo, ma anche dal pensarlo. E' a costoro che va la mia più grande ammirazione. Ma già, dimenticavo: per Lei tutti gli arabi, e dico proprio tutti, sono pezzenti privi di "cultura", tranne quel libriccino incomprensibile su cui pregano quel loro Iddio falso e bugiardo. Quel libriccino con cui "rompono le scatole a tutto il mondo".
E' in queste condizioni di vita, signora grande giornalista, che proliferano purtroppo i fanatismi. Basterebbe che tutti noi lo capissimo, e non saremmo a questo punto. Che la gente potesse condurre una vita decente, in un mondo ove le ricchezze fossero equamente distribuite. "Utopia! Utopia!" Sento già le grida che mi arriveranno addosso. "Utopia! Idealismo!" E intanto, le previsioni di noi stolti utopisti e idealisti si stanno avverando regolarmente. Quando dicevamo che, se non la smettevamo di ingrassarci sempre di più in nome del profitto più sfrenato e del nostro superfluo, tutto il resto del mondo che stavamo facendo crepar di fame si sarebbe un giorno, non avendo più nulla da perdere, rivoltato nelle forme peggiori e più imprevedibili, votandosi anche al primo farabutto di Osama bin Laden (peraltro a suo tempo ben foraggiato dagli USA in funzione antisovietica, lo sa questo? Gli stessi sovietici che, secondo lei, avevano fatto bene a invadere l'Afghanistan, erano combattuti dagli straccioni e fanatici musulmani finanziati a base di dollari!). Qual è invece la soluzione che viene proposta? Una nuova crociata. Alla quale Lei, dal suo appartamento, ha dato l'atteso imprimatur. Lo attendevano tutti con ansia. Sembra che Bush non intendesse muovere un dito senza l'ok della Fallaci. Fuori, nel "Ground Zero", la gente gridava "iu es ei, iu es ei" sventolando le bandierine attorno al Presidente e al Sindaco, mentre Lei covava la Sua santa rabbia, il Suo sacro orgoglio fiorentino, italiano, europeo e occidentale contro la barbarie. Lei, "combattente contro tutti i fascismi". Lei, Signora Oriana Fallaci, ha tirato fuori tutto il fascismo che evidentemente Le covava dentro e che è finalmente esploso. Se fossi Alekos Panagoulis mi rivolterei nella tomba.
Ma forse, signora Fallaci, può bastare così. Mi creda, non ho più voglia né di scorrere il suo articolo, né di scriverLe oltre questa cosa della quale Lei non saprà mai nulla, nel Suo silenzio e nel suo sdegnoso isolamento (immagino piacevolmente corroborato dal sentirsi piacevolmente in trincea nella Città ferita a morte). Starà quasi assaporando questa sensazione, questo cocktail di dolore (di cui non voglio mettere in dubbio l'autenticità), rabbia, vanità, orgoglio e superiorità che somiglia molto al poetico lutto del protagonista di una poesia di un grande Americano, Edgar Allan Poe. La conoscerà sicuramente, quella poesia: è "The Raven", "Il Corvo". "Once upon a dreary midnight..."
Per quel che mi riguarda, ho finito. Bòna, Orianina. Crèpatene pure in santa pace, non sentirò la tua mancanza.