In La sconfitta dell'Occidente Emmanuel Todd considera la guerra in Ucraina nel più ampio contesto del declino della potenza e del prestigio dell'Occidente. Redatto nel 2023 dopo l'attacco russo, viene pubblicato nel 2024 in un momento in cui la situazione sul terreno fa presagire una sconfitta più o meno prossima per l'esercito e per il governo di Kiev alla luce dell'inadeguatezza degli aiuti occidentali, in modo specifico di quelli statunitensi. Scritto "da chi legge Marx e Weber, non Clausewitz o Sun Tzu", il libro vorrebbe mettere in evidenza il collasso morale e sociale degli USA e di un declino irreversibile dovuto non soltanto alla loro "insuperabile predilezione per la produzione di denaro anziché di macchinari", ma anche all'immoralità con cui ricorrerebbero, come tutto l'Occidente, ai due pesi e alle due misure. La fragilità militare del mondo arabo e la patologica ostilità statunitense verso la Repubblica Islamica dell'Iran avrebbero consentito invece a una Russia indifferente ai timori (e alle imposizioni) occidentali di ergersi a difensore del mondo islamico e di tornare a ricoprire un ruolo centrale nel mondo. L'A. è convinto che sia in Ucraina che in Medio Oriente gli USA siano stati trascinati in guerra da alleati radicalizzati che essi stessi hanno contribuito a mettere in quelle condizioni, e che la sopravvivenza materiale degli stessi USA dipenda dal controllo dei propri vassalli postbellici. Lo stesso Todd rileva che la democrazia autoritaria russa disciplina senz'altro la propria oligarchia per mezzo della violenza, senza che questo tolga nulla al carattere oligarchico della pratica politica statunitense. Nella prefazione Todd suppone correlati positivamente la finanziarizzazione dell'economia e l'atteggiamento antirusso, come dimostrerebbero i dati raccolti in realtà molto finanziarizzate come il Regno Unito e quelle dove ancora esisterebbe una borghesia dalle aspirazioni industriali come la Germania. L'islamofobia coessenziale al populismo occidentale inoltre non troverebbe corrispondenze in Russia, dove il conservatorismo riterrebbe essenziale integrare con successo gli oltre dieci milioni di musulmani cittadini della Federazione. Secondo Todd nell'Europa del 2024 un principio oligarchico militarista sarebbe in sempre maggiore contrasto con una rappresentanza popolare pacifista a prescindere dal suo orientamento.
Nell'introduzione l'A. nota come dall'inizio dell'invasione russa i mass media non abbiano mai messo in discussione l'immagine di un Putin indecifrabile e "di un popolo russo incomprensibile, sottomesso oppure stupido", e come le ostilità in Ucraina al pari di ogni altra guerra non siano andate secondo i piani presentando molte rilevanti sorprese. Tra queste, il coinvolgimento statunitense, la resistenza militare di un'Ucraina che non soltanto gli invasori avevano ottimi motivi per considerare una preda facile e la resistenza economica di una Russia che le sanzioni (e soprattutto la stretta finanziaria) occidentali avrebbero dovuto mettere all'angolo in pochi mesi. La Russia del 2024, secondo un Todd che cita un saggio di David Teutrie, sarebbe un paese moderno e dalla grande flessibilità tecnica, economica e sociale. Una realtà molto lontana dall'autocrazia neostalinista cara alla "libera informazione". L'A. sottolinea anche la mancanza di qualsiasi tentativo europeo di difendere i propri interessi -a cominciare da quelli energetici- e il ruolo di un Regno Unito definito "mosca cocchiera della NATO", che si sarebbe subito scagliato contro la Russia "come uno di quei cagnetti ringhiosi" al punto da far figurare come moderati anche i neocon statunitensi. Dopo il ritrovato bellicismo scandinavo, Todd cita tra le sorprese anche la défaillance logistica e industriale statunitense e la solitudine ideologica di un mondo occidentale convinto che ad essere isolata fosse la Russia. Come ultima sorpresa l'A. indica come prossima una sconfitta dell'Occidente da cui viene il titolo del saggio e che egli attribuisce in ultima analisi a una crisi terminale degli USA. Rifacendosi a Mearsheimer, Todd sostiene che l'Ucraina sarebbe per i russi una questione esistenziale e come tale da affrontare con razionalità e freddezza. Lo stato-nazione russo sarebbe caratterizzato dalla prerogativa -comune alla Russia e a poche altre realtà come la Cina- di una sovranità intesa come capacità di definire la propria linea politica senza ingerenze esterne; gli stati-nazione sarebbero inoltre caratterizzati da radicamento culturale in un contesto di valori condivisi, definizione che in Europa non troverebbe più realtà che le corrispondano. Secondo Todd uno stato-nazione dovrebbe avere scambi commerciali più o meno equilibrati in modo da non diventare tributario di entità esterne e presentare una struttura di classe specifica centrata su una classe media istruita e differenziata. Todd considera scomparsa in Occidente la cultura nazionale condivisa dalle masse e dalle élite; negli USA la continua erosione della classe media accompagnata dal continuo indebolirsi dell'etica protestante -e con essa della morale sociale e del sentimento collettivo- avrebbe generato un impero senza centro, senza progetti, di carattere essenzialmente militare e guidato da un gruppo incolto dedito al potere e alla violenza. Ormai privi di una "cultura portatrice di discernimento" pur mantenendo l'apparato militare di un impero, gli USA sarebbero esposti a imprese che si rivelerebbero sconsiderate stante la massiccia contrazione subita dalla base industriale del paese.
La stabilità russa è il primo argomento affrontato da Todd, che si chiede come sia stato possibile che le centinaia di migliaia di effettivi dei servizi occidentali siano stati così sicuri che bastasse escludere la Russia dai circuiti bancari e sottoporla a sanzioni per provocarne l'immediato crollo economico. A fronte delle più che fosche descrizioni che riempiono la "libera informazione", Todd illustra (pur con qualche correlazione tutta da dimostrare) i principali e rimarchevoli risultati prodotti dalla stabilizzazione della Federazione Russa intrapresa da Putin con particolare riferimento ai dati delle "statistiche morali" con il crollo dei tassi di alcolismo, suicidi, omicidi e mortalità infantile. Grazie a una costante pratica di moderate aperture alla globalizzazione e di protezionismo, pur con la compromissione di un certo numero di attività industriali, la Russia del 2021 sarebbe stata autosufficiente dal punto di vista alimentare ed un esportatore di prodotti agricoli, oltre che una potenza nucleare e militare; per i servizi internet vi sarebbe esistita una vera concorrenza tra multinazionali del settore e analoghi locali. Una situazione molto diversa da quella del 2014, in cui gli accordi di Minsk avrebbero consentito a Ucraina e Russia di guadagnare tempo, rispettivamente per armarsi e per prepararsi a reggere l'urto di sanzioni durissime. Sanzioni che avrebbero consentito ad aziende e imprenditori russi di riempire gli spazi di mercato lasciati liberi dalle cessate importazioni. Todd definisce la Russia come una democrazia autoritaria -di cui nessuno disconosce i limiti- e che presenta i segni di rotture radicali con l'autoritarismo sovietico. Aver sofferto "il monumentale fallimento dell'economia di comando" avrebbe per esempio favorito "un attaccamento viscerale all'economia di mercato" a prescindere dal ruolo centrale svolto dallo Stato. Contrariamente a quelli occidentali, l'esecutivo russo cercherebbe costantemente di rafforzare il proprio sostegno negli ambienti popolari prestando molta attenzione alle richieste dei lavoratori. Statuire aprioristicamente la fragilità del "regime putiniano", scrive Todd, non si sarebbe rivelato affatto utile per la comprensione della realtà. Il PIL russo inoltre, a differenza di quello statunitense, rappresenterebbe secondo l'A. la produzione di beni tangibili piuttosto che di attività non meglio precisate e che si sarebbe in dubbio "se definire inutili o irreali". Ne farebbe fede il rapido adattarsi della produzione alle esigenze del fronte. L'A. scrive poi che la propaganda occidentale corteggerebbe molto ai propri fini la classe media istruita che a suo tempo fu protagonista della fine del comunismo, senza considerare che la "naturalezza sociale" del comunismo all'interno della storia russa -in cui le istituzioni avrebbero sostituito la potestà paterna della famiglia contadina- avrebbe reso assai improbabile la rapida ascesa di una democrazia dell'alternanza. Negli ultimi decenni la specificità del carattere comunitario della società russa sarebbe stata ignorata da un Occidente talmente sicuro delle proprie ragioni da escludere in ogni caso di dover prendere atto dell'esistenza dell'Altro. Secondo Todd aver impedito lo sviluppo di un individualismo assoluto e il permanere di valori comunitari -autoritari e ugualitari al tempo stesso- avrebbe consentito alla Russia di conservare prerogative sovrane in un mondo globalizzato e di risultare in un sistema che è frutto della storia e non dell'opera di un singolo individuo. Le classi medio-alte russe avrebbero accettato uno stato di cose responsabile di condizioni di vita mai tanto buone, gli "oligarchi" avrebbero nel sistema politico un'influenza molto ridotta a paragone delle loro controparti statunitensi. L'A. indica la debolezza principale della Russia nella demografia, principale fattore che priverebbe di fondamento ogni timore di una Russia conquistatrice pronta a invadere l'Europa dopo aver piegato l'Ucraina ma che spiegherebbe anche il comportamento tenuto in guerra -volto a perdere meno soldati possibile- e la nuova dottrina nucleare che non escluderebbe più il first strike.
Il secondo capitolo indaga i motivi della resistenza ucraina e del suo successo. Dopo aver elencato i serissimi problemi di un paese tecnicamente fallito da tempo, dalla corruzione all'oligarchia passando per il crollo demografico, Todd si dilunga sulla gestazione per altri a scopo di lucro, peculiarità economica ucraina che egli considera tanto un segno di disfacimento sociale quanto una fedele sintesi tra sovietismo e neoliberismo. Di contro la scomparsa dei russofoni ucraini come forza politica influente dopo il 2014 avrebbe favorito la capacità di resistenza. L'organizzazione familiare viene indicata dall'A. come un discrimine sostanziale tra Russia e Ucraina, dove sarebbe identificabile un sistema patrilineare flessibile, nucleare e più propenso alla democrazia liberale rispetto a un sistema russo comunitario e compatto. Todd ricorda l'Ucraina come zona di sviluppo prioritario per l'industria sovietica e indica le conseguenze del fenomeno sull'urbanizzazione; poi traccia un paragone tra la carestia che colpì l'Irlanda nel 1845 e quella che colpì l'Ucraina nel 1931, provocate o sublimate da orientamenti ideologici opposti, rilevando la maggiore efficienza di una carestia di orientamento liberale che avrebbe ucciso il 12% della popolazione a fronte di un 8,5% della carestia collettivista. Considerando essenziali per la nascita di uno Stato-nazione l'esistenza di una classe media e di una rete urbana, Todd rileva che l'urbanizzazione in Ucraina sarebbe stata prevalente nelle zone russofone e in quelle annesse dopo la seconda guerra mondiale e che la cosa avrebbe avuto la debita rilevanza soprattutto dopo il 1991, insieme alla mancanza di una tradizione statale e alla presenza (fattore determinante, per Todd) di una classe media cittadina debole e per lo più russofona. Dopo la fine dell'URSS l'Ucraina avrebbe presentato con continuità un quadro statale carente, nonostante un pluralismo alimentato dal temperamento individualista e dal dualismo culturale di un paese in cui gli oligarchi avrebbero avuto un peso maggiore che in Russia sia sul piano politico che sociale. Dopo l'indipendenza l'elemento russofono -su cui in Russia avrebbero fatto affidamento per mantenere comunque un controllo sul paese e sulla sua base industriale- si sarebbe molto indebolito con l'esodo della borghesia dovuto all'attrattiva esercitata dalle città russe e all'ostilità di un nazionalismo che avrebbe puntato più a cacciare i russofoni che a convertirli all'utilizzo della lingua ucraina. Al depauperamento avrebbe contribuito l'esodo del 90% della popolazione ebraica. La tendenza in atto da decenni sarebbe stata confermata dall'alto tasso di astensione nelle regioni orientali alle elezioni presidenziali del 2014, da cui sarebbe emersa una Ucraina concentrata nei due poli di Kiev e della Galizia e che da allora opererebbe senza (e contro) la popolazione russofona. L'A. sostiene che solo col 2014 sarebbe nata una nazione ucraina vera e propria, con l'alleanza tra ultranazionalisti dell'ovest e anarco-militaristi della regione centrale che avrebbe dato origine a un nucleo più piccolo ma molto più resistente e coeso. Dal 2014 la guerra avrebbe messo in moto e poi rivelato processi storici e sociologici inediti: in una società ucraina priva di equilibrio il sentimento antirusso sarebbe diventato un principio guida e un elemento di strutturazione sociale. Secondo Todd l'Ucraina contemporanea sarebbe dominata dalla russofobia assai più che da un nazionalsocialismo tangibilmente presente solo in Galizia. Todd ritiene che l'Ucraina avrebbe preferito mantenere le province russe sotto la propria sovranità a qualsiasi costo anziché acconsentire alla loro secessione per poi concentrarsi sulla edificazione di uno stato-nazione omogeneo. Schierare l'Ucraina con la UE avrebbe inoltre comportato un suicidio economico consapevole, dati i legami con l'industria russa e considerato che la base industriale si troverebbe per lo più ad est, così come la perseguita volontà di sradicare capillarmente la lingua russa equivarrebbe a un suicidio culturale. Todd confuta poi la narrativa corrente per cui la guerra dal 2022 in poi avrebbe assunto un carattere di elevata intensità tra due nazioni in mobilitazione totale. Con decine di partiti politici vietati e un bilancio dipendente dalle sovvenzioni occidentali, l'Ucraina non corrisponderebbe certo alla definizione corrente di democrazia liberale, con le debite conseguenze sul piano politico.
Il terzo capitolo tratta della russofobia nell'Europa orientale, cercando di confutare l'assunto corrente per cui l'appartenenza delle ex democrazie popolari e dei paesi baltici al campo occidentale sarebbe un puro postulato. Todd definisce senz'altro comprensibile l'atteggiamento antirusso prevalente in alcuni paesi come la Polonia, ma trova sconcertante che molti di essi vengano ritratti come martiri della democrazia a fronte di dati storici come il sostegno al bolscevismo fornito dai paesi baltici o come il permanere in essi di un modello familiare di tipo russo. Per comprendere un atteggiamento all'apparenza illogico, al punto da far preferire ai cechi la Germania e da far collaborare una Polonia e una Ucraina che avrebbero fondati motivi storici per non farlo, Todd propende per un esame delle dinamiche sociali e della storia profonda dei paesi interessati. Todd non condivide l'assunto per cui l'Europa orientale sarebbe una parte dell'Occidente separata per qualche decennio dalla sua naturale collocazione dall'imperialismo sovietico. Gli eventi storici dal Medio Evo in poi avrebbero invece comportato la formazione di modelli di società molto diversi, con lo sviluppo della libertà ad ovest e della gleba ad est. Una realtà che avrebbe portato rispettivamente al prevalere della democrazia liberale e a quello della dittatura, causato anche e soprattutto dalla debolezza delle locali classi medie che sarebbero state ulteriormente falcidiate dallo sterminio degli ebrei d'Europa. L'affermazione del comunismo sarebbe avvenuta -con l'eccezione della Cecoslovacchia- in contesti depauperati di una classe media che sarebbe rinata successivamente, col decollo dell'istruzione avviato sotto la tutela sovietica. L'A. è convinto che l'odio antirusso tradisca "una certa dose di inautenticità" dato che le classi medie dell'Europa orientale dovrebbero alle politiche sovietiche la propria stessa esistenza. La nuova integrazione nell'Europa occidentale inoltre avrebbe restituito all'est del continente il ruolo di periferia dominata e addetta all'economia a minor valore aggiunto; il collasso della classe operaia occidentale sarebbe coinciso con lo sviluppo di quella orientale. L'adesione alla UE e alla NATO non esprimerebbe una vicinanza autentica all'Occidente, ma la negazione della realtà storica e sociale. Todd sostiene che nei confronti dei russi esisterebbe un debito storico inconscio, represso e vissuto come inaccettabile e inammissibile. Ne farebbe eccezione l'Ungheria perché -secondo una ipotesi storica peraltro difficile da dimostrare, a detta dello stesso Todd- sicura della propria unicità e della propria esistenza, e perché una delle conseguenze della rivolta del 1956 sarebbe stata la concessione di uno status liberale del tutto unico all'interno della sfera sovietica.
Le radici dei problemi dell'Occidente, sostiene Emmanuel Todd nel quarto capitolo facendo propria l'ottica di Max Weber, andrebbero cercate nell'Occidente stesso e in particolare nella crisi dell'etica protestante. Todd assegna al vocabolo "Occidente" una accezione ampia, e lo fa corrispondere al sistema di potere statunitense dopo averne rintracciato le origini nello sviluppo economico connesso all'alfabetizzazione e alla accettazione delle disuguaglianze sociali promosse dal protestantesimo. Allo stesso protestantesimo e al suo stampo autoritario l'A. ascrive l'origine del totalitarismo tedesco e del razzismo statunitense: sarebbero esistiti popoli che "a furia di leggere troppo la Bibbia, hanno finito con il credersi gli eletti di Dio", sempre tenendo presenti le differenze antropologiche nell'assetto familiare che avrebbero contribuito in modo sostanziale a determinati esiti. Lo sfondo familiare nucleare maggioritario nei paesi anglosassoni avrebbe alimentato un liberalismo istintivo e portato quindi alla nascita della democrazia liberale. Todd considera declinante proprio il nucleo cui si dovrebbe la nascita della democrazia liberale. Anche se la narrativa di guerra contrappone incessantemente l'Occidente all'autocrazia russa, proprio in Occidente molti studiosi noterebbero l'esistenza di una oligarchia in grado di minare le fondamenta democratiche; Todd cita decine di titoli prima di concludere come negli anni precedenti la guerra in Ucraina le democrazie venissero da più parti -e con buone ragioni- considerate affette da un malessere ingravescente che avrebbe contrapposto le élite al popolo e scavato un solco sempre più profondo tra le une e l'altro. Le élite avrebbero denunciato una deriva del popolo verso le destre xenofobe, il popolo sospetterebbe a sua volta le élite di voler sprofondare in un "globalismo" delirante. In queste condizioni, Todd definirebbe i paesi occidentali come "oligarchie liberali", stante la loro predilezione per la tutela delle minoranze (prima tra tutte quella dei ricchi) e al tempo stesso la crisi del sistema di rappresentanza democratica. La definizione per la Russia (che non protegge "né gli omosessuali né gli oligarchi", precisa malignamente l'A.) sarebbe invece quella di "democrazia autoritaria". Todd sostiene che le élite occidentali si dedicherebbero essenzialmente ai confronti elettorali, ancora perfettamente funzionanti anche se ridotti a simulacro; anche per questo arriverebbero al confronto internazionale completamente prive delle competenze necessarie. La contrapposizione tra elitismo e populismo si accompagnerebbe inoltre a un fenomeno di atomizzazione sociale e di polverizzazione delle identità diffuso in tutti gli strati sociali. Todd identifica in questo stato di cose, in cui gli individui sarebbero privi di qualsiasi credenza collettiva e in cui non è più nemmeno concepibile l'idea che lo Stato possa agire efficacemente, l'ultimo risultato della disintegrazione della matrice religiosa cristiana, che egli considera in un modo o nell'altro all'origine delle credenze collettive susseguitesi nell'areale considerato. L'atomizzazione -per Todd coincidente con uno "stato zero della religione", avrebbe compiutamente distrutto sentimento nazionale, etica del lavoro, il concetto di una morale sociale vincolante e la capacità di sacrificarsi per la comunità. Complice l'estinzione del Super Io altrimenti detto coscienza, la popolazione occidentale starebbe diventando un aggregato di "nani mimetici che non osano più pensare con la propria testa ma che si dimostrano capaci di intolleranza tanto quanto i credenti di un tempo", in marcia verso il nichilismo.
La guerra in Ucraina avrebbe dato un grosso impulso alle procedure di suicidio assistito dell'Europa illustrate nel quinto capitolo. In questa circostanza i responsabili politici dell'Unione Europea avrebbero dato ampia e continua prova dei loro nulli contatti con la realtà non solo postulando una efficacia devastante per le sanzioni imposte alla Russia ma anche e soprattutto ignorando la dipendenza energetica dell'Unione Europea e i legami anche economici in essere con la Federazione Russa. La residua consapevolezza francotedesca (schernita in Russia per la sua irrilevanza e irrisolutezza) sarebbe presto venuta meno lasciando il posto a un crescente coinvolgimento nel conflitto. L'A. attribuisce agli USA e alla Norvegia la distruzione del gasdotto Nord Stream, rilevando i vantaggi tratti dall'economia norvegese e la stupefacente sottomissione mostrata dalla Germania a fronte del venir meno di un elemento fondamentale del suo sistema energetico. Todd ritiene anche che l'Unione Europea si sia fatta coinvolgere in una guerra in cui l'Ucraina punterebbe a mantenere il proprio controllo su territori abitati da russi, di fatto estromessi dalla rappresentanza parlamentare e governativa almeno dal 2014 in poi. Todd critica pesantemente l'Unione Europea, le sue istituzioni e il suo funzionamento che avrebbero portato le élite continentali ad augurarsi che una guerra di durata indefinita alle frontiere orientali finisca per far "esplodere tutto" secondo una speranza inconfessabile. Gli USA, apertamente declinanti da decenni e massimi fornitori di armamenti all'Ucraina, starebbero dispensando all'Unione Europea una "morte militarmente assistita" di cui sarebbreo concause la remissività tedesca e la rinuncia alla libertà da parte delle élite europee nel loro complesso. Secondo l'A., la Germania del XXI secolo sarebbe una "società macchina" in grado di scotomizzare e di affrontare i problemi isolandoli gli uni dagli altri, le cui élite non contemplerebbero neppure il concetto di qualcosa di analogo a un destino nazionale. Rifacendosi a Brzezinski, l'A. ricorda che gli USA non avrebbero mai tollerato un allineamento russo-tedesco; agendo in questo senso sul piano economico e accentuando invece la dipendenza dagli USA in campo militare, la Germania si sarebbe comportata come una società macchina nel senso appena descritto. Al di là di opinabili inferenze sulle colpe della gerontocrazia (la Germania sarebbe un paese fortemente invecchiato) e sulla coscienza storica colpevole, Todd ritiene che l'inerzia delle élite tedesche sia dovuta all'assenza di una coscienza nazionale e quindi di un principio che diriga l'agire. Todd considera l'Unione Europea come un costrutto oligarchico reso possibile da un accorto aggiramento della volontà popolare, purtuttavia ancora in grado di seguire un proprio percorso. Solo che la guerra in Ucraina avrebbe rivelato d'un tratto la mancanza di autonomia di pensiero e di azione di una realtà oligarchica e anomica al tempo stesso, in cui detterebbe legge una globalizzazione finanziaria diretta e controllata dagli USA. Todd accenna quindi al funzionamento dei paradisi fiscali statunitensi, che con la volenterosa collaborazione britannica avrebbero sottratto spazio e valore all'euro, e l'importanza di internet nella finanziarizzazione speculativa dell'economia. Internet avrebbe presto rivelato un lato negativo rappresentato dall'ampia facoltà di controllo capillare esercitata dalla NSA statunitense. Lungi dall'essere un'astrazione, l'impero statunitense si baserebbe quindi su meccanismi molto concreti di controllo degli individui. Todd ritiene quindi che sia il funzionamento della finanza mondiale di per sé a sottoporre le oligarchie -anche quelle europee- al controllo statunitense: grazie a internet, esso avrebbe accentuato oltre misura le tendenze e le pratiche speculative perdendo gran parte dei rapporti con la produzione reale. Secondo l'A. gli USA disporrebbero in un settore vitale di un potere "assolutamente ermetico, con un tasso di obbedienza prossimo al cento per cento", cosa che suggerisce che "nelle alte sfere debba regnare un clima totalitario". Todd nota anche che a fronte di un controllo sempre più saldo sugli "alleati" europei, gli USA starebbero perdendo rapidamente potere economico in un mondo che andrebbe sviluppandosi e diversificandosi. Un dato di fatto che sarebbe chiaro ovunque meno che in Europa.
Nel sesto capitolo Todd inizia con una serie di considerazioni sul vigoroso sentimento antirusso espresso dalla classe politica britannica e sui corrispettivi intenti bellicisti, rilevando come in concreto i militari di Sua Maestà non sarebbero nemmeno in grado "di condurre delle operazioni in Africa e di farsi odiare". L'A. infierisce su iniziative, personaggi, personalità, figure e figuri del conservatorismo britannico, per poi sottolineare ironicamente come il Regno Unito, nato in contrapposizione al cattolicesimo e diventato un impero all'insegna della esplicita superiorità razziale dei bianchi protestanti, sia invece finito in mano ad una élite in cui minoranze etniche e religiose non bianche e non protestanti sarebbero rappresentate in misura molto superiore al loro peso demografico. Anche per questo fenomeno l'A. è propenso a chiamare in causa la diversa struttura familiare e la assai superiore cura per l'istruzione, a fronte del crollo dell'etica protestante. Il capitolo prosegue con dati poco incoraggianti sulla realtà del Regno Unito contemporaneo e che attestano fenomeni come la proletarizzazione della classe media, la diminuzione dell'aspettativa di vita, lo smantellamento del sistema industriale e la finanziarizzazione dell'economia. Todd incolpa della vulnerabilità britannica l'ideologia neoliberista -rivelatasi null'altro che distruttiva liberazione del profitto da ogni forma di morale, compresa quella protestante- perseguita fino all'assurdo secondo una dottrina economica che teorizza un mercato puro e perfetto e un ripiegamento dello Stato alle sue funzioni legate alla guerra e al mantenimento dell'ordine. Todd considera il profondo mutamento antropologico che il protestantesimo zero avrebbe comportato in questo senso in diversi contesti, da quello scolastico a quello politico, e ne conclude che una società atomizzata e disgregata come quella britannica avrebbe accolto di buon grado il capro espiatorio rappresentato da una Russia dalla cui élite il Regno Unito sarebbe stato trattato negli ultimi decenni come una "nazione inerte, spenta o prostituta".
Todd dedica il settimo capitolo a un breve esame della situazione nordeuropea con particolare riferimento alle motivazioni che avrebbero spinto Finlandia e Svezia ad aderire alla NATO anche in assenza di minacce russe di qualunque tipo. Todd è si dice convinto che la Danimarca sia un più che affidabile pilastro per le intromissioni statunitensi nella vita politica ed economica europea e che lo stesso valga per la Norvegia sotto un profilo più militare; l'adesione della Svezia e della Finlandia alla NATO sarebbe dovuta a motivi di influenza sulla penisola scandinava più che al timore di un conflitto con la Russia e sarebbe il coronamento di un processo in atto da anni a prescindere dalla guerra in Ucraina. Todd ipotizza -a mo' di provocazione e senza crederci gran che- che le donne al vertice della politica scandinava operino in una realtà in cui ha poco senso parlare di maschilismo o di "tetto di vetro" e che abbiano finito con l'assorbire più o meno inconsciamente una certa dose di mascolinità tossica, con le debite conseguenze per la linea politica. Più seriamente, l'A. pensa che lo "stato zero" del protestantesimo da tempo diventato realtà anche nel nord Europa abbia provocato una rinascita del bisogno di appartenenza, e che l'adesione alla NATO soddisfi essenzialmente questa necessità anche in assenza di minacce di qualsiasi genere.
Todd esamina nel capitolo 8 la vera natura degli USA, che identifica in "oligarchia e nichilismo". L'A. non considera gli USA come una "isola sicura" in grado di permettersi tutto e il contrario di tutto senza temere conseguenze grazie al proprio strapotere militare e li ritrae invece come profondamente minati dalla dipendenza economica dal resto del mondo e dalla disgregazione sociale. Todd si spinge ad asserire che il vero problema del mondo di oggi non sarebbe la volontà di potenza russa, ma la decadenza del suo centro statunitense. Anche in questo caso Todd identifica il dilagare del nichilismo nella società statunitense con la scomparsa dei valori protestanti: lo stato zero del protestantesimo negli USA aiuterebbe a comprendere il loro deterioramento sul piano interno, la megalomania in politica estera e la propensione alla violenza in ogni interazione sociale. L'A. riporta dati poco incoraggianti (e relative pesanti considerazioni) sulla diminuzione dell'aspettativa di vita, sulla mortalità infantile e sulla diffusione degli oppioidi negli USA, che andrebbero sorprendentemente di pari passo con la spesa sanitaria più alta del mondo; tutti fenomeni che attribuisce a una volontà politica precisa e quantomai distante dalle politiche che dopo il 1929 avrebbero tassato i ricchi, istituito un contropotere sindacale, integrato la classe operaia nella classe media e reso possibile la mobilitazione democratica durante la seconda guerra mondiale. Todd presenta i punti forti degli USA di Eisenhower, un'epoca in cui la élite politica si sarebbe compendiata da bianchi anglosassoni protestanti di elevata estrazione sociale. Una categoria che pur veicolando "ogni sorta di ridicolo pregiudizio" sarebbe stata comunque depositaria di una morale e di un senso del dovere molto definiti. Todd cita Una teoria della giustizia di John Rawls come una buona descrizione degli effetti che le politiche del New Deal avrebbero avuto negli USA, e vi contrappone il "trionfo dell'ingiustizia" iniziato con gli anni Ottanta, notando come il successo editoriale di Rawls abbia accompagnato gli anni in cui la politica statunitense avrebbe preso senza più lasciarla esattamente la direzione opposta a quella descritta in quel saggio. Nel descrivere il grado zero del protestantesimo statunitense secondo i criteri già descritti, Todd esecra il fenomeno del "cristianesimo evangelico" di cui nota gli elementi regressivi: la lettura letterale della Bibbia, la mentalità generalmente antiscientifica e il narcisismo patologico. Diffusosi nel vuoto lasciato dall'etica protestante -i cui demeriti classisti e razzisti vengono puntualmente descritti dal testo- il "cristianesimo evangelico" sarebbe anche tra i fattori responsabili del decadimento dell'efficienza educativa. L'A. nota quindi come la competizione con l'URSS avesse reso necessaria una generale pratica della meritocrazia, che negli ultimi decenni sarebbe andata degenerando in una generalizzata pratica oligarchica. La lotta dell'Occidente contro la democrazia autoritaria russa sarebbe in buona sostanza condotta da una oligarchia liberale animata dal nichilismo. Per giunta alle prese con "una economia in disfacimento e in gran parte fittizia", come Todd intende illustrare nel nono capitolo.
L'esame dell'economia statunitense che l'A. intende esporre all'insegna di una critica radicale riconosce innanzitutto i suoi punti di forza nei settori dell'innovazione e della produzione di energia. Al di là di questi, il sistema industriale statunitense presenterebbe una serie di pesanti criticità dovute all'essenza stessa di quella globalizzazione orchestrata e imposta dgli stessi USA. Il PIL statunitense sarebbe costituito a stragrande maggioranza da servizi alle persone, la cui efficacia o perfino utilità non sempre appare evidente. L'A. bolla senza mezzi termini come "massa parassita" le migliaia di avvocati strapagati compresi nel computo, il pari numero di economisti da centomila dollari l'anno che definisce "in gran parte sacerdoti della menzogna" e tutti i medici dall'oppioide facile, e propone provocatoriamente di adottare una valutazione realistica della ricchezza definita PIR, prodotto interno realistico, calcolabile senza tenere conto di almeno il sessanta per cento della quota attribuibile a servizi di questo genere. Todd indica poi il deficit commerciale di un paese che coprirebbe le importazioni emettendo dollari anziché esportando beni per un valore analogo; un deficit che sarebbe continuato ad aumentare nonostante i tentativi protezionistici degli ultimi anni. Secondo Todd la preferenza per specializzazioni lontane dall'industria e dalle capacità produttive avrebbe anche acuito le propensioni predatrici delle persone con un alto livello di istruzione. La carenza di lavoratori per tutti i livelli dell'àmbito scientifico avrebbe indotto gli USA a importarne numerosi, e per lo più maggiormente qualificati dei loro corrispettivi statunitensi. Secondo l'A. la fuga di cervelli verso le scuole di diritto o di economia a tutto scapito dei settori ingegneristici avrebbe finito col minacciare direttamente la potenza militare statunitense. L'A. considera la situazione priva di sbocchi: gli USA sarebbero paralizzati dal fatto che sarebbe loro possibile estrarre ricchezza monetaria dal nulla, secondo una dinamica analoga a quella della dutch disease.
I toni già sarcastici di Todd arrivano al limite del satirico nelle pagine che trattano della classe politica statunitense che sarebbe la principale responsabile della situazione su riassunta; "Quando si studia una comunità primitiva lo si fa nel suo ambiente naturale: nel nostro caso, questo sarà la città di Washington". Una città di Washington dove la élite non corrisponderebbe più alle categorie di bianca, anglosassone e protestante; quand'anche un'amministrazione orientata in tal senso la riportasse alla ribalta, i suoi esponenti sarebbero anch'essi caratterizzati da un "protestantesimo zero". Lo stato zero della religione negli USA avrebbe fatto volatilizzare ogni ethos condiviso e reso irrilevanti non solo le differenze religiose, ma anche quelle relative all'istruzione e alla razza, facendo evaporare certo razzismo e facendo per contrasto spiccare le competenze e i successi formativi di altri gruppi etnici. La élite di Washington che un tempo avrebbe conservato il buono del protestantesimo controllandone al contempo gli aspetti peggiori sarebbe oggi soggetta a dinamiche di potere puro che si tradurrebbero in una predilezione per il potere militare e per la guerra. Secondo l'A. anche la rimarchevole sovrarappresentazione degli ebrei negli ambienti governativi sarebbe in piena erosione e non corrisponderebbe più a una posizione di forza perché l'aumento del livello di istruzione tra gli statunitensi di origine asiatica avrebbe messo fine a un pluridecennale vuoto di competitività. A lungo avvantaggiati da un sistema di credenze che incoraggiava molto l'istruzione, gli ebrei statunitensi si sarebbero "assimilati così bene da venire risucchiati nel declino religioso e intellettuale", cosa di cui farebbe fede anche il crollo nella pratica dell'endogamia. Todd sostiene che nel "villaggio Washington" gli individui che compongono il gruppo dirigente non obbedirebbero più a un qualche sistema di idee in grado di trascenderlo, e reagirebbero soltanto agli impulsi provenienti dalla rete locale cui appartengono. Citando un saggio di Stephen Walt, Todd chiama blob "il microcosmo responsabile della politica estera", a immagine e somiglianza di un viscido organismo egoriferito, avido e privo di cervello. Si tratterebbe di un ambiente in cui l'interesse personale e il collasso di ogni etica agevolerebbero la propensione a ingigantire le minacce e l'ossessione per la potenza militare. Contrario alla nozione di deep state con cui si cercherebbero organi decisionali segreti nelle profondità degli apparati statali, l'A. propone ironicamente quella di shallow state, di "stato superficiale", per indicare una realtà in cui poderosi organismi sono manovrati dall'ambiente ora descritto.
Todd considera le proprie considerazioni come un prolungamento di quelle espresse da Christopher Lasch in La cultura del narcisismo; l'Occidente del 2022 sarebbe stato convinto contro ogni evidenza "di essere ancora il centro del mondo, o meglio di rappresentarne la totalità", in questo attivamente sostenuto da una inscalfibile propaganda autoassolutoria e autoreferenziale. L'A. nota che la nascita dei BRICS sarebbe stata la risposta alla irresponsabilità con cui l'Occidente avrebbe prima provocato e poi affrontato la recessione del 2008, e che la politica delle sanzioni contro la Russia avrebbe trovato aderenti che rappresentano al massimo il 12% della popolazione mondiale. Todd indica l'esistenza di un doppio antagonismo tra Occidente e (molto cospicuo) "resto del mondo"; l'antagonismo economico dovuto alla globalizzazione intesa come ricolonizzazione a guida statunitense, e l'antagonismo entropologico dovuto al perdurare nel "resto" di strutture familiari e di sistemi di parentela. In questa situazione il proletariato occidentale del XX secolo, bacino elettorale di una sinistra che difende le classi sfruttate, sarebbe stato sostituito da una plebe che deve il proprio tenore di vita al lavoro sottopagato dei paesi non occidentali e che in quanto estrattrice di plusvalore su scala mondiale è diventata bacino elettorale della destra populista. La guerra in Ucraina sarebbe invece cinicamente descrivibile secondo le logiche economiche della globalizzazione: in Occidente "abbiamo prima fatto produrre ciò di cui avevamo bisogno ai lavoratori di paesi a basso salario e poi facciamo combattere la guerra di cui abbiamo bisogno a un paese a basso costo". La guerra in Ucraina, conclude Todd, avrebbe attivato una serie di antagonismi latenti a seguito dei quali il mondo non occidentale si sarebbe schierato con maggiore o minore decisione dalla parte della Russia, consentendole di portare avanti la guerra e di funzionare come società civile senza risentirne troppo. Il fatto che gli USA abbiano insistito col sequestro dei beni russi all'estero, secondo Todd avrebbe gettato nel panico le oligarchie di tutto il mondo che avrebbero iniziato a muoversi in modo da sfuggire all'impero del dollaro. Anziché ritrovarsi con una élite globalizzata favorevole, l'Occidente dovrebbe invece fare i conti con una realtà in cui i suoi valori sono sempre più invisi. Con la scomparsa dell'URSS l'Occidente avrebbe cercato di dare "una spintarella al corso della Storia" in un mondo inteso come diretto all'omogeneizzazione e alla democratizzazione, trascurando il fatto che la tradizione liberale non sarebbe esportabile in contesti antropologicamente molto diversi -e per lo più patrilineari e comunitari- da quello caratterizzato da un substrato familiare nucleare e individualista. L'A. nota che la posizione minoritaria dell'Occidente sul piano internazionale avrebbe ripercussioni anche sulla proiezione del soft power russo; l'omofobia promossa per legge avrebbe permesso a una Russia nominatasi portatrice dei valori conservatori di risultare attraente per molti più paesi di quanti la considerino esecrabile. Secondo Todd, alcuni paesi filooccidentali ma antropologicamente molto diversi sul piano dell'organizzazione familiare avrebbero approvato legislazioni contro l'omofobia per mero allineamento politico e a salvaguardia della tutela statunitense, senza considerare il fatto che il nichilismo predominante negli USA potrebbe trasformare il principio stesso del rispetto degli impegni in un qualcosa di obsoleto e di negativo.
Todd ripete nella conclusione del saggio che il comunismo sovietico sarebbe imploso nel momento in cui la stratificazione educativa avrebbe fatto saltare un sistema già indebolito dalle contraddizioni economiche. Il vuoto venutosi a creare sarebbe stato colmato da una potenza statunitense tanto espansionista quanto in declino sul piano interno, mossa da attori politici dalla consapevolezza e dalla coscienza storica inesistenti. Todd prende come riferimento l'andamento delle spese militari statunitensi per trarre conclusioni sulla loro linea politica e sui suoi esiti. In particolare, la palese debolezza russa attorno al 1997-1998 avrebbe spinto gli USA a cambiare atteggiamento abbandonando ogni benevolenza nei confronti di un paese di cui avrebbero postulato la fine come attore autonomo. Todd ripercorre per tappe i fallimenti statunitensi dopo il 1999 e il parallelo rafforzarsi russo e tedesco, a sua volta accolto negli USA da un crescente sentimento antieuropeo ed antirusso sapientemente alimentato dalla saggistica neoconservatrice. Secondo l'A. dopo il 2008 l'espansione della NATO e l'invito a farne parte rivolto a Ucraina e Georgia a fronte dell'oggettivo indebolimento statunitense avrebbe portato Washington in una trappola senza vie di fuga. Todd scrive che il fallimento della "rivoluzione arancione" in Ucraina avrebbe portato a Kiev ad anni di alternanza non risolutiva e che solo l'intromissione della UE avrebbe concesso con Euromaidan una possibilità ai nazionalisti dell'ovest, storicamente legati al mondo tedesco. L'ascesa di Trump viene fatta corrispondere dall'A. all'inizio di uno "stato di assenza di gravità" per il mondo anglosassone, condizione caratterizzata da decisioni strategiche prive di logica; il riarmo dell'Ucraina sarebbe continuato ad opera di un paese che mostrerebbe palesi segni di disgregazione statale e sociale e in cui vari organismi agirebbero senza controllo o coordinamento. Forte dell'appoggio statunitense, il governo di Kiev avrebbe preso a comportarsi come membro de facto di un'alleanza offensiva iniziando una campagna repressiva contro le popolazioni russofone.
In un post scriptum chiuso il 30 ottobre 2023 Todd esprime alcune considerazioni sull'atteggiamento statunitense nei confronti dello stato sionista all'indomani dell'attacco di Hamas. Il perdurante bellicismo statunitense rafforzerebbe in Medio Oriente la percezione della Russia come potenza pacifica, mentre perorando la causa sionista all'ONU Washington si sarebbe inimicata una volta di più il mondo musulmano. Per anticipare le scelte strategiche statunitensi, arriva a scrivere l'A., occorrerebbe "abbandonare l’assioma della razionalità. Gli Stati Uniti non cercano guadagni dopo averne valutato i costi. Nel villaggio di Washington, terra di stragi con armi da fuoco, nell’era della religione zero, l’impulso primario è solo il bisogno di violenza".
Emmanuel Todd - La sconfitta dell'Occidente. Fazi, Roma 2024. 360pp.
Emmanuel Todd - La sconfitta dell'Occidente
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