Il 31 ottobre 2010, durante un "evento" nel "centro sociale" milanese Leoncavallo, un ragazzo di diciassette anni assume altissime dosi di stupefacenti di sintesi e cade battendo la testa. Muore una settimana dopo.
Nel nord della penisola italiana sorge la città di Milano.
Considerarla "capitale morale" è esatto: il titolo è meritato in quanto la comunicazione politica e la stessa rappresentazione sociale consolidata di quella città la presentano come un fòmite "occidentalista" di prima grandezza. Apparire rivoluzionari -e pericolosi- non è oggi molto faticoso: è sufficiente sentirsi alieni ad un mondo folle. Ci è riuscito perfino uno scrittore abbastanza noto, che prima di abbandonare quel posto al suo destino e andarsene a vivere da tutt'altra parte ebbe a ricevere questa confidenza, rivelatrice del clima sociale che vi domina.
"Se un nemico ci invadesse, e la mattina trovassimo i suoi carri armati agli incroci, sa cosa faremmo noi? Andremmo a lavorare come ogni giorno".
Polverizzazione, isolamento, rapporti umani a livelli su cui è meglio non trarre conclusioni e quella mercantilizzazione integrale dei rapporti sociali che in questa sede non ci si stanca di evidenziare. Un genius loci nefasto sulla cui insistenza si sono espressi in molti.
In questo contesto agisce -o meglio, dovrebbe agire- un'organizzazione sociale e politica chiamata "spazio pubblico autogestito" Leoncavallo.
In questo spazio pubblico autogestito qualcuno ha avuto l'idea di "celebrare" in grande stile un qualche cosa che si chiama Halloween, della cui esistenza si è stati sommariamente edotti, fino a pochi anni fa, da produzioni mediatiche amriki.
La faccenda è uscita dall'àmbito mediatico soltanto quando qualcuno si è accordo che nel calendario era rimasta una giornata prefestiva sostanzialmente libera da iniziative commerciali. L'allinearsi dello "spazio pubblico autogestito" Leoncavallo a tanto remunerative posizioni ha prodotto, il 5 novembre 2010, un morto. Le circostanze in cui questo si è verificato mostrano la deriva "occidentalista" di un'esperienza nata da tutt'altri motivi e per scopi diametralmente opposti a quelli oggi perseguiti.
Qualcuno ha dato notizia del fatto su Indymedia, firmando il copia ed incolla della notizia con un "meno droga piu' antifascismo" già indice dell'aperta disapprovazione di cui l'operato dello "spazio pubblico autogestito" risente da molti anni negli ambienti dell'attivismo politico più serio.
Il politicume "occidentalista" non smentisce in nessun caso la propria natura: a differenza di luoghi in cui ancora domina una parvenza di normalità la città di Milano ha da molto tempo un inconcludente "assessore alla sicurezza" in teoria destinato a risolvere con la repressione i problemi e le condizioni sociali che la stessa weltanschauung di quelli come lui ha fatto di tutto per creare.
In teoria, perché in pratica l'esistenza di uno scaldatore di poltrone in più non ha influito in nessun modo sulla caduta libera della qualità della vita e delle prospettive di chi vive in una città in cui si ha la sensazione che lo sperpero sia ubiquo e generale, scellerato coronamento del clima sociale su descritto. Il "lavoro" di elementi di questo genere pare anche da quelle parti compendiarsi nell'emissione di comunicati stampa improntati alla consueta ed irritante viltà; c'è perfino da sospettare, data l'ovvia consonanza di toni, che gli ancor meno costruttivi "occidentalisti" che scaldano poltrone a Firenze si limitino normalmente a copiarne stile, vocaboli e sostanza.
Al di là dell'aver fornito agli "occidentalisti" di che dar prova di sé per un po', l'episodio è di per sé privo di alcuna giustificazione ed è maturato in un contesto sovvertito e fattivo complice delle macchinazioni del Nemico, come si è andati spiegando nel commento aggiunto alla notizia su riferita.
Non ci siamo assolutamente
Le dichiarazioni gazzettiste di un mangiatore di cotolette di nome Riccardo de Corato brillano per la consueta viltà di toni, ma il problema non è certo questo: la viltà è caratteristica essenziale degli "occidentalisti" almeno quanto lo sono la cravatta e la frequentazione di prostitute.
Il problema è che le "Psy Fright Night" non vanno né messe in piedi, né tantomeno pubblicizzate su "inmilano.com", un sito che si vanta di riportare "Numerose informazioni su Milano capitale della Finanza e dell'Economia Italiana ma anche della Moda e dei grandi spettacoli internazionali".
Attivismo politico ed Expo 2015 nello stesso scellerato calderone: niente male davvero.
http://www.inmilano.com/eventi/psy-fright-night-hallowe...party
Le "Psy Fright Night" vanno lasciate agli yankee di complemento, non agli spazi di aggregazione che sono stati conquistati contendendo palmo a palmo il terreno a speculatori e forcaioli di quartiere.
Vanno lasciati agli yankee di complemento con tutti i loro chill-out e Dust e Janko e Face e Shivaratri e EBM e BreackCore e DarkStep e RythmNoise ché tanto è sempre lo stesso repellente frastuono degenerato, per quanto ci si sforzi di cambiargli i nomi. In effetti, la presunta -ed inventata- festa demoniaca del 31 ottobre non poteva essere "celebrata" con maggior coerenza.
Detto ancor più chiaramente, di baracconi come questi non se ne organizzano e non se ne tollerano. La casistica sulla intrinseca ingestibilità di eventi di questo genere comprende quanti esempi si vogliono e su un centro sociale che arriva a infarcirsi di "security" come un Ciarlabuba o un PicciPiccy della riviera adriatica qualsiasi ogni commento è superfluo.
Una "Psy Fright Night", che tradotto suonerebbe qualcosa come "notte da spavento psichico", che cosa ha a che vedere con l'attivismo politico, con l'utilità sociale delle occupazioni, con la mensa popolare, con le nottate di attacchinaggio, con i cortei, con il feldgrau e gli anfibi scalcagnati, col precariato sul lavoro, con il precipitare quotidiano di tante sorti?
Cosa troverebbero Fausto e Iaio, se tornassero?
Detto fuori dai denti, questo Leoncavallo cosa è diventato?
L'autogestione e le occupazioni non "spaventi psichici" richiedono, ma amministrazione sobria e severa improntata ad una spartanità ringhiosa, affinché tutti possano godere di libertà fondamentali negate quotidianamente dall'ingiustizia che è il postulato su cui si basa lo stato di cose presente.
Eventi come quello qui considerato sono, da qualunque parte si affronti la questione, opposti e nemici di una socialità che rifiuti di basarsi su identità definite dai consumi e dal mercato.
Le foto che presentiamo sono state scattate in un centro sociale fiorentino.
A Firenze assessorallasihurézza non ce ne sono, nonostante i'ddegràdo.
E i centri sociali, invece di strapagare fracassoni dalla Repubblica Francese o dall'entità statale sionista, sono rimasti legati ad origini e funzioni che nessuno ha sentito la necessità di rimpiazzare o di stravolgere perché non soltanto le istanze alla base della nascita di simili luoghi di aggregazione non sono venute meno, ma si sono fatte vieppiù ineludibili.
Di questo modo di intendere le cose fanno parte cibi come quelli in foto, cartelli dal contenuto perentorio -e ci risulta che il luogo non sia frequentato da gente usa a promettere senza mantenere- donne e ragazze dall'abbigliamento ispirato a sobrietà e compostezza, un'utenza in cui prevalgono lavoratori abituati a badare all'essenziale, una comunicazione ed un'agenda politica che rispondono da sempre alle stesse esigenze di base su cui mode, gerghi, tendenze e personaggi del giorno non hanno la minima influenza. Il risultato finale è quello di una realtà senza tempo.
La comunicazione mediatica dello "spazio pubblico autogestito" Leoncavallo mostra pratiche, frequentazioni e realtà totalmente opposte: un esempio di "integrazione" perfettamente riuscita oltre che di totale identificazione con quei "valori occidentali" da cui è dovere preciso di ogni individuo responsabile rifuggire, maledicendoli e disprezzandoli in qualsiasi circostanza.
Di strano c'è soltanto il fatto che le ovvie conseguenze di tutto questo abbiano tardato ad occorrere per così tanto tempo.
Considerarla "capitale morale" è esatto: il titolo è meritato in quanto la comunicazione politica e la stessa rappresentazione sociale consolidata di quella città la presentano come un fòmite "occidentalista" di prima grandezza. Apparire rivoluzionari -e pericolosi- non è oggi molto faticoso: è sufficiente sentirsi alieni ad un mondo folle. Ci è riuscito perfino uno scrittore abbastanza noto, che prima di abbandonare quel posto al suo destino e andarsene a vivere da tutt'altra parte ebbe a ricevere questa confidenza, rivelatrice del clima sociale che vi domina.
"Se un nemico ci invadesse, e la mattina trovassimo i suoi carri armati agli incroci, sa cosa faremmo noi? Andremmo a lavorare come ogni giorno".
Polverizzazione, isolamento, rapporti umani a livelli su cui è meglio non trarre conclusioni e quella mercantilizzazione integrale dei rapporti sociali che in questa sede non ci si stanca di evidenziare. Un genius loci nefasto sulla cui insistenza si sono espressi in molti.
In questo contesto agisce -o meglio, dovrebbe agire- un'organizzazione sociale e politica chiamata "spazio pubblico autogestito" Leoncavallo.
In questo spazio pubblico autogestito qualcuno ha avuto l'idea di "celebrare" in grande stile un qualche cosa che si chiama Halloween, della cui esistenza si è stati sommariamente edotti, fino a pochi anni fa, da produzioni mediatiche amriki.
La faccenda è uscita dall'àmbito mediatico soltanto quando qualcuno si è accordo che nel calendario era rimasta una giornata prefestiva sostanzialmente libera da iniziative commerciali. L'allinearsi dello "spazio pubblico autogestito" Leoncavallo a tanto remunerative posizioni ha prodotto, il 5 novembre 2010, un morto. Le circostanze in cui questo si è verificato mostrano la deriva "occidentalista" di un'esperienza nata da tutt'altri motivi e per scopi diametralmente opposti a quelli oggi perseguiti.
Qualcuno ha dato notizia del fatto su Indymedia, firmando il copia ed incolla della notizia con un "meno droga piu' antifascismo" già indice dell'aperta disapprovazione di cui l'operato dello "spazio pubblico autogestito" risente da molti anni negli ambienti dell'attivismo politico più serio.
Il politicume "occidentalista" non smentisce in nessun caso la propria natura: a differenza di luoghi in cui ancora domina una parvenza di normalità la città di Milano ha da molto tempo un inconcludente "assessore alla sicurezza" in teoria destinato a risolvere con la repressione i problemi e le condizioni sociali che la stessa weltanschauung di quelli come lui ha fatto di tutto per creare.
In teoria, perché in pratica l'esistenza di uno scaldatore di poltrone in più non ha influito in nessun modo sulla caduta libera della qualità della vita e delle prospettive di chi vive in una città in cui si ha la sensazione che lo sperpero sia ubiquo e generale, scellerato coronamento del clima sociale su descritto. Il "lavoro" di elementi di questo genere pare anche da quelle parti compendiarsi nell'emissione di comunicati stampa improntati alla consueta ed irritante viltà; c'è perfino da sospettare, data l'ovvia consonanza di toni, che gli ancor meno costruttivi "occidentalisti" che scaldano poltrone a Firenze si limitino normalmente a copiarne stile, vocaboli e sostanza.
Al di là dell'aver fornito agli "occidentalisti" di che dar prova di sé per un po', l'episodio è di per sé privo di alcuna giustificazione ed è maturato in un contesto sovvertito e fattivo complice delle macchinazioni del Nemico, come si è andati spiegando nel commento aggiunto alla notizia su riferita.
Non ci siamo assolutamente
Le dichiarazioni gazzettiste di un mangiatore di cotolette di nome Riccardo de Corato brillano per la consueta viltà di toni, ma il problema non è certo questo: la viltà è caratteristica essenziale degli "occidentalisti" almeno quanto lo sono la cravatta e la frequentazione di prostitute.
Il problema è che le "Psy Fright Night" non vanno né messe in piedi, né tantomeno pubblicizzate su "inmilano.com", un sito che si vanta di riportare "Numerose informazioni su Milano capitale della Finanza e dell'Economia Italiana ma anche della Moda e dei grandi spettacoli internazionali".
Attivismo politico ed Expo 2015 nello stesso scellerato calderone: niente male davvero.
http://www.inmilano.com/eventi/psy-fright-night-hallowe...party
Le "Psy Fright Night" vanno lasciate agli yankee di complemento, non agli spazi di aggregazione che sono stati conquistati contendendo palmo a palmo il terreno a speculatori e forcaioli di quartiere.
Vanno lasciati agli yankee di complemento con tutti i loro chill-out e Dust e Janko e Face e Shivaratri e EBM e BreackCore e DarkStep e RythmNoise ché tanto è sempre lo stesso repellente frastuono degenerato, per quanto ci si sforzi di cambiargli i nomi. In effetti, la presunta -ed inventata- festa demoniaca del 31 ottobre non poteva essere "celebrata" con maggior coerenza.
Detto ancor più chiaramente, di baracconi come questi non se ne organizzano e non se ne tollerano. La casistica sulla intrinseca ingestibilità di eventi di questo genere comprende quanti esempi si vogliono e su un centro sociale che arriva a infarcirsi di "security" come un Ciarlabuba o un PicciPiccy della riviera adriatica qualsiasi ogni commento è superfluo.
Una "Psy Fright Night", che tradotto suonerebbe qualcosa come "notte da spavento psichico", che cosa ha a che vedere con l'attivismo politico, con l'utilità sociale delle occupazioni, con la mensa popolare, con le nottate di attacchinaggio, con i cortei, con il feldgrau e gli anfibi scalcagnati, col precariato sul lavoro, con il precipitare quotidiano di tante sorti?
Cosa troverebbero Fausto e Iaio, se tornassero?
Detto fuori dai denti, questo Leoncavallo cosa è diventato?
L'autogestione e le occupazioni non "spaventi psichici" richiedono, ma amministrazione sobria e severa improntata ad una spartanità ringhiosa, affinché tutti possano godere di libertà fondamentali negate quotidianamente dall'ingiustizia che è il postulato su cui si basa lo stato di cose presente.
Eventi come quello qui considerato sono, da qualunque parte si affronti la questione, opposti e nemici di una socialità che rifiuti di basarsi su identità definite dai consumi e dal mercato.
Le foto che presentiamo sono state scattate in un centro sociale fiorentino.
A Firenze assessorallasihurézza non ce ne sono, nonostante i'ddegràdo.
E i centri sociali, invece di strapagare fracassoni dalla Repubblica Francese o dall'entità statale sionista, sono rimasti legati ad origini e funzioni che nessuno ha sentito la necessità di rimpiazzare o di stravolgere perché non soltanto le istanze alla base della nascita di simili luoghi di aggregazione non sono venute meno, ma si sono fatte vieppiù ineludibili.
Di questo modo di intendere le cose fanno parte cibi come quelli in foto, cartelli dal contenuto perentorio -e ci risulta che il luogo non sia frequentato da gente usa a promettere senza mantenere- donne e ragazze dall'abbigliamento ispirato a sobrietà e compostezza, un'utenza in cui prevalgono lavoratori abituati a badare all'essenziale, una comunicazione ed un'agenda politica che rispondono da sempre alle stesse esigenze di base su cui mode, gerghi, tendenze e personaggi del giorno non hanno la minima influenza. Il risultato finale è quello di una realtà senza tempo.
La comunicazione mediatica dello "spazio pubblico autogestito" Leoncavallo mostra pratiche, frequentazioni e realtà totalmente opposte: un esempio di "integrazione" perfettamente riuscita oltre che di totale identificazione con quei "valori occidentali" da cui è dovere preciso di ogni individuo responsabile rifuggire, maledicendoli e disprezzandoli in qualsiasi circostanza.
Di strano c'è soltanto il fatto che le ovvie conseguenze di tutto questo abbiano tardato ad occorrere per così tanto tempo.