Marzo 2010. Una tornata elettorale vicina, e qualche affanno a mantenere le sterminate posizioni conquistate nel corso degli anni con il ricorso sistematico alla propaganda ed al linciaggio degli avversari politici. In queste condizioni i partiti "occidentalisti" devono mobilitare l'elettorato attivo con tutti i mezzi a disposizione. Questo articolo è il secondo di una serie di tre scritti che esaminano nei dettagli il modus operandi dell'"occidentalismo" di provincia.
"Il Giornale della Toscana" torna domenica 7 marzo 2010 a verificare gli esiti dell'opera delatoria cui ha fornito supporto mediatico nei giorni precedenti. "Il Firenze", altra cellulosa sottratta agli assorbenti igienici e specializzata in linciaggi, degradi e 'nsihurezze, domenica non esce.
L'occasione è buona per identificare una volta di più gli ingranaggi principali di un'operazione di linciaggio mediatico, realizzata in un periodo di obiettiva difficoltà per il principale partito "occidentalista" della penisola, alle prese con gli errori e con le magagne giudiziarie di attivisti e simpatizzanti. Magagne comunque irrilevanti, nessuno di loro creperà in quei carceri in cui mandano tanto volentieri gli altri. E poi si sa che l'unica galera in cui si sta male è quella di Evin. Le altre, tutte, hotel a quattro stelle. Le stesse gazzette "occidentaliste" non perdono occasione per ricordare ai loro lettori come mustad'afin, negri e comunisti vi godano di lussi perfino eccessivi.
Il diversivo ha trovato un cantore anche in un certo Claudio Morganti, scaldapoltrone per conto della Lega Nord già noto ai nostri lettori, puntuale ad imporre come dogmi i punti di vista del suo "partito". Punti di vista che rappresentano l'ennesima incarnazione della bassezza cialtrona e della weltanschauung da bullo di quartiere che tanto concorrono al clima politico contemporaneo. Potremmo anche chiederci in tutta serietà perché mai l'esponente di un "partito" per i cui vertici la bandiera dello stato che occupa la penisola italiana è degna di finire appesa nei cessi[1] sia tanto interessato proprio alla vicenda di vittime suddite di quello stesso stato, ma andiamo pure oltre.
Una caratteristica frequentemente riscontrabile nell'elettorato "occidentalista" toscano, specie in quello di recente acquisizione, è la pretesa condivisa di continuare a percepire redditi da primo mondo ostentando in ogni sede una formazione, delle competenze e dei "valori" che farebbero vergognare l'ultimo dei pastori del Tagikistan, solitamente conditi con una stupidità cattiva ed arrogante. Il peso dei suffragi di questi guardatori di televisione è tale che nessuno si è ancora fatto un piacere di spiegargli che il mondo che ha permesso questo non esiste più, e che avanzare pretese del genere come se nulla fosse non solo non è mai stato giusto, ma finalmente non è neanche più oggettivamente possibile.
Con un target simile, le campagne di linciaggio non abbisognano certo di una lettura approfondita dei materiali di cui si vorrebbe denunciare la nefandezza; è sufficiente attribuire ad una fonte qualche elemento che non vi si rintraccia, e giocare con un minimo di competenza sugli effetti primacy e recency.
Lo scritto di Wells che ci siamo fatti un dovere di riportare per intero non contiene alcuna considerazione valutativa sulle vittime sulla cui storia l'"occidentalismo" peninsulare sta cercando di costruire una legittimità. Presentare gli infoibati come vittime del Male metafisico è indispensabile per costruire una vulgata che metta in ombra decenni di espansionismo arrogante e di imperialismo da ultimi arrivati.
In altre parole, siamo davanti alla difesa di un suprematismo nazionalista sostanzialmente basato sulle fettuccine Alfredo. Un caso unico al mondo.
Nel perseguire i propri obiettivi propagandistici, che in sostanza consistono nella tutela dell'"investimento" culturale e divulgativo fatto sulla questione, l'articolo de "Il Giornale della Toscana" mostra da una parte i toni stizziti di chi vede scoperte le proprie carte, dall'altra il compiacimento di verificare che, almeno a parole, le istanze "occidentaliste" hanno trovato qualche miserabile contentino istituzionale.
Nel complesso un altro caso, l'ennesimo in una prassi quotidiana ed abituale, in cui la propaganda "occidentalista" non disdegna affatto il ricorso alle stesse armi il cui utilizzo viene costantemente rimproverato ad avversari politici veri o presunti.
L'articolo di Wells, come si può verificare con una lettura anche rapidissima, non è affatto "negazionista" nei confronti delle vittime o nei confronti di una "verità storica ormai condivisa" o che si pretenderebbe tale, e tantomeno irrispettoso nei confronti delle vittime stesse.
Irrispettoso è al contrario, e con buone argomentazioni, verso la propaganda con cui le forze politiche "occidentaliste" intenderebbero allagare il mainstream della penisola italiana.
La stessa ripetizione ecoica degli assunti propagandistici tipica di ogni produzione "occidentalista" porta l'articolista a specificare che sul sito della scuola Botticelli è presente "un'ampia pagina dedicata al Giorno del Ricordo"; di questa pagina si statuisce che "la tragedia delle vittime e il dramma degli esuli" vi sono ripercorsi in maniera "del tutto diversa da quanto mostrato dalla professoressa". Ovviamente le cose non stanno in questo modo: una lettura del testo mostra innanzitutto che perfino uno studente di seconda media è in grado di fornire all'evento quella contestualizzazione che la propaganda "occidentalista" fa invece di tutto per togliergli.
Una rapidissima ricerca in rete, tra l'altro, indica che la testimonianza "del sopravvissuto" anonimamente riportata nella stessa pagina non è affatto anonima ed è rintracciabile nel volume Foibe, curato da Raoul Pupo e Roberto Spazzali e pubblicato nel 2003 da Bruno Mondadori. Nel volume viene attribuita a Giovanni Radeticchio. Una nota, questa, che può parere superflua in uno scritto come questo che sostanzialmente si occupa di rimettere al suo posto un articoletto di gazzetta, ma che è bene esplicitare perché sia chiaro che l'"occidentalismo", su questo argomento come su tutti gli altri, preferisce di gran lunga rifarsi a centoni da grand guignol che non ad opere caratterizzate da un minimo di concretezza scientifica e documentale.
In altre parole, il reperimento "occidentalista" delle argomentazioni riesce ad essere di gran lunga peggiore di quello cui può ricorrere una scolaresca di seconda media. Nulla di strano, la propaganda non ha certo fini obiettivi.
In questo contesto si colloca assolutamente dissonante l'intervento di una certa Miriam Andreatini Sfilli, chiamata in causa per conferire autorevolezza ad una pagina che autorevole non è, ovviamente, per nulla. Secondo Andreatini Sfilli "esistono alcune cose che non possono essere messe in vendita sul bancone della vita", tra le quali "la verità e l'onestà intellettuale". Una questione che l'articolo di Wells, incompleto e divulgativo finché si vuole, si guarda bene dal mettere in dubbio.
L'indirizzamento finale del battage è affidato ad un fondo pagina in cui si riportano le affermazioni del micropolitico fiorentino Francesco Torselli, uno che di propaganda giovanile dovrebbe intendersene visto l'impegno con cui ha divulgato le istanze del non capo scout Corneliu Zelea Codreanu, fermissimamente deciso a linciare istituzionalmente con ogni mezzo la distributrice dell'articolo.
Torselli infuria contro "una raccapricciante propaganda ideologica spacciata per una verità storica" con i toni del propagandista, e la cosa non sorprende perché si colloca nella pratica politica abituale le cui linee abbiamo identificato più volte, e che consiste nell'utilizzare le stesse armi il cui utilizzo viene costantemente rinfacciato al presunto avversario. Nel caso in oggetto l'operazione è resa ancora più repellente -questo della repellenza è un tratto fondamentale e caratterizzante della quotidianità politica "occidentalista"- dalle intenzioni delatorie cui è finalizzato il tutto.
Il caso che abbiamo sviscerato non è né emblematico né inusuale; è soltanto uno dei tanti con cui la propaganda governativa tutela abitualmente l'imposizione delle proprie istanze, affidandosi ad un elettorato attivo sistematicamente chiamato a chiamare "libertà" l'invocazione di misure repressive sempre più stringenti nei confronti di chiunque non soggiaccia alle menzogne "occidentaliste".
[1] "Il tricolore lo metta al cesso, signora" (Umberto Bossi, 14 settembre 1997)
L'occasione è buona per identificare una volta di più gli ingranaggi principali di un'operazione di linciaggio mediatico, realizzata in un periodo di obiettiva difficoltà per il principale partito "occidentalista" della penisola, alle prese con gli errori e con le magagne giudiziarie di attivisti e simpatizzanti. Magagne comunque irrilevanti, nessuno di loro creperà in quei carceri in cui mandano tanto volentieri gli altri. E poi si sa che l'unica galera in cui si sta male è quella di Evin. Le altre, tutte, hotel a quattro stelle. Le stesse gazzette "occidentaliste" non perdono occasione per ricordare ai loro lettori come mustad'afin, negri e comunisti vi godano di lussi perfino eccessivi.
Il diversivo ha trovato un cantore anche in un certo Claudio Morganti, scaldapoltrone per conto della Lega Nord già noto ai nostri lettori, puntuale ad imporre come dogmi i punti di vista del suo "partito". Punti di vista che rappresentano l'ennesima incarnazione della bassezza cialtrona e della weltanschauung da bullo di quartiere che tanto concorrono al clima politico contemporaneo. Potremmo anche chiederci in tutta serietà perché mai l'esponente di un "partito" per i cui vertici la bandiera dello stato che occupa la penisola italiana è degna di finire appesa nei cessi[1] sia tanto interessato proprio alla vicenda di vittime suddite di quello stesso stato, ma andiamo pure oltre.
Una caratteristica frequentemente riscontrabile nell'elettorato "occidentalista" toscano, specie in quello di recente acquisizione, è la pretesa condivisa di continuare a percepire redditi da primo mondo ostentando in ogni sede una formazione, delle competenze e dei "valori" che farebbero vergognare l'ultimo dei pastori del Tagikistan, solitamente conditi con una stupidità cattiva ed arrogante. Il peso dei suffragi di questi guardatori di televisione è tale che nessuno si è ancora fatto un piacere di spiegargli che il mondo che ha permesso questo non esiste più, e che avanzare pretese del genere come se nulla fosse non solo non è mai stato giusto, ma finalmente non è neanche più oggettivamente possibile.
Con un target simile, le campagne di linciaggio non abbisognano certo di una lettura approfondita dei materiali di cui si vorrebbe denunciare la nefandezza; è sufficiente attribuire ad una fonte qualche elemento che non vi si rintraccia, e giocare con un minimo di competenza sugli effetti primacy e recency.
Lo scritto di Wells che ci siamo fatti un dovere di riportare per intero non contiene alcuna considerazione valutativa sulle vittime sulla cui storia l'"occidentalismo" peninsulare sta cercando di costruire una legittimità. Presentare gli infoibati come vittime del Male metafisico è indispensabile per costruire una vulgata che metta in ombra decenni di espansionismo arrogante e di imperialismo da ultimi arrivati.
In altre parole, siamo davanti alla difesa di un suprematismo nazionalista sostanzialmente basato sulle fettuccine Alfredo. Un caso unico al mondo.
Nel perseguire i propri obiettivi propagandistici, che in sostanza consistono nella tutela dell'"investimento" culturale e divulgativo fatto sulla questione, l'articolo de "Il Giornale della Toscana" mostra da una parte i toni stizziti di chi vede scoperte le proprie carte, dall'altra il compiacimento di verificare che, almeno a parole, le istanze "occidentaliste" hanno trovato qualche miserabile contentino istituzionale.
Nel complesso un altro caso, l'ennesimo in una prassi quotidiana ed abituale, in cui la propaganda "occidentalista" non disdegna affatto il ricorso alle stesse armi il cui utilizzo viene costantemente rimproverato ad avversari politici veri o presunti.
L'articolo di Wells, come si può verificare con una lettura anche rapidissima, non è affatto "negazionista" nei confronti delle vittime o nei confronti di una "verità storica ormai condivisa" o che si pretenderebbe tale, e tantomeno irrispettoso nei confronti delle vittime stesse.
Irrispettoso è al contrario, e con buone argomentazioni, verso la propaganda con cui le forze politiche "occidentaliste" intenderebbero allagare il mainstream della penisola italiana.
La stessa ripetizione ecoica degli assunti propagandistici tipica di ogni produzione "occidentalista" porta l'articolista a specificare che sul sito della scuola Botticelli è presente "un'ampia pagina dedicata al Giorno del Ricordo"; di questa pagina si statuisce che "la tragedia delle vittime e il dramma degli esuli" vi sono ripercorsi in maniera "del tutto diversa da quanto mostrato dalla professoressa". Ovviamente le cose non stanno in questo modo: una lettura del testo mostra innanzitutto che perfino uno studente di seconda media è in grado di fornire all'evento quella contestualizzazione che la propaganda "occidentalista" fa invece di tutto per togliergli.
Una rapidissima ricerca in rete, tra l'altro, indica che la testimonianza "del sopravvissuto" anonimamente riportata nella stessa pagina non è affatto anonima ed è rintracciabile nel volume Foibe, curato da Raoul Pupo e Roberto Spazzali e pubblicato nel 2003 da Bruno Mondadori. Nel volume viene attribuita a Giovanni Radeticchio. Una nota, questa, che può parere superflua in uno scritto come questo che sostanzialmente si occupa di rimettere al suo posto un articoletto di gazzetta, ma che è bene esplicitare perché sia chiaro che l'"occidentalismo", su questo argomento come su tutti gli altri, preferisce di gran lunga rifarsi a centoni da grand guignol che non ad opere caratterizzate da un minimo di concretezza scientifica e documentale.
In altre parole, il reperimento "occidentalista" delle argomentazioni riesce ad essere di gran lunga peggiore di quello cui può ricorrere una scolaresca di seconda media. Nulla di strano, la propaganda non ha certo fini obiettivi.
In questo contesto si colloca assolutamente dissonante l'intervento di una certa Miriam Andreatini Sfilli, chiamata in causa per conferire autorevolezza ad una pagina che autorevole non è, ovviamente, per nulla. Secondo Andreatini Sfilli "esistono alcune cose che non possono essere messe in vendita sul bancone della vita", tra le quali "la verità e l'onestà intellettuale". Una questione che l'articolo di Wells, incompleto e divulgativo finché si vuole, si guarda bene dal mettere in dubbio.
L'indirizzamento finale del battage è affidato ad un fondo pagina in cui si riportano le affermazioni del micropolitico fiorentino Francesco Torselli, uno che di propaganda giovanile dovrebbe intendersene visto l'impegno con cui ha divulgato le istanze del non capo scout Corneliu Zelea Codreanu, fermissimamente deciso a linciare istituzionalmente con ogni mezzo la distributrice dell'articolo.
Torselli infuria contro "una raccapricciante propaganda ideologica spacciata per una verità storica" con i toni del propagandista, e la cosa non sorprende perché si colloca nella pratica politica abituale le cui linee abbiamo identificato più volte, e che consiste nell'utilizzare le stesse armi il cui utilizzo viene costantemente rinfacciato al presunto avversario. Nel caso in oggetto l'operazione è resa ancora più repellente -questo della repellenza è un tratto fondamentale e caratterizzante della quotidianità politica "occidentalista"- dalle intenzioni delatorie cui è finalizzato il tutto.
Il caso che abbiamo sviscerato non è né emblematico né inusuale; è soltanto uno dei tanti con cui la propaganda governativa tutela abitualmente l'imposizione delle proprie istanze, affidandosi ad un elettorato attivo sistematicamente chiamato a chiamare "libertà" l'invocazione di misure repressive sempre più stringenti nei confronti di chiunque non soggiaccia alle menzogne "occidentaliste".
[1] "Il tricolore lo metta al cesso, signora" (Umberto Bossi, 14 settembre 1997)