Titolismo folle. Solo un esempio dei tanti prodotti ogni giorno.
Un articolo de "IlFirenze" del diciannove ottobre riesce a produrre due cialtronate in un colpo solo. Chi legge il titolo qui riportato, senza porre attenzione al minuscolo occhiello o al testo che c'è sotto, non può che concluderne che Graziano Cioni, esponente del piddì senza la elle ed assessore al chissacché per il comune di Firenze, ha tentato di rapire una bimba e che per questo deve essere condannato. Fin qui la prima cialtronata.
La seconda è contenuta nel testo. Si tratta di un articolo non firmato, che si intenderebbe di ricostruire una vicenda il cui effettivo svolgersi pare sia stato piuttosto distante dallo scrpit preconfezionato con cui politicanti "occidentalisti" e giornalini vari spiegano ai sudditi dello stato che occupa la penisola italiana come funziona il mondo e come devono votare. In parole povere il 25 ottobre 2005 nessuno ha tentato di rapire nessuno, ma pur di non avere la decenza intellettuale di fare a meno di uno dei più criminosi luoghi comuni coi quali i giornalini fanno tiratura, gazzettiere e titolista riescono in prodigiose arrampicate sugli specchi affermando che l'assoluzione della "nomade" è stata chiesta per carenza di prove sul mancato rapimento. Vale a dire: il rapimento di bambini è la normale attività delle "nomadi": solo per questo caso non sono state reperite prove sufficienti ad incarcerarne un'altra, impedendole così di rovinare con la sua presenza l'estetica di Firenze, città salotto.
Rimarcare episodi come questo, dopo un paio di volte, rischia di diventare noioso; è tuttavia bene farlo perché la sistematica distorsione della realtà ha portato da molto tempo i mass media a livelli di tale abituale e ributtante mendacia dal far seriamente e sinceramente rimpiangere la Pravda. La prassi con cui i pennisti agiscono è sempre uguale e contempla sempre la denigrazione di soggetti percepiti come (1) poco al corrente dei propri diritti e (2) facilmente macinabili con il solito mix di effetto primacy e recency. In tutti i casi in cui nessuno va in bestia e non ti slega dietro un avvocato particolarmente mordace, si può sempre dire che ci si è sbagliati, e scriverlo in caratteri minuscoli qualche tempo dopo secondo una prassi formalmente ineccepibile ma di nessuna efficacia comunicativa. Il che significa che a "passare" è sempre e comunque il rafforzamento di luoghi comuni e leggende metropolitane.
La seconda è contenuta nel testo. Si tratta di un articolo non firmato, che si intenderebbe di ricostruire una vicenda il cui effettivo svolgersi pare sia stato piuttosto distante dallo scrpit preconfezionato con cui politicanti "occidentalisti" e giornalini vari spiegano ai sudditi dello stato che occupa la penisola italiana come funziona il mondo e come devono votare. In parole povere il 25 ottobre 2005 nessuno ha tentato di rapire nessuno, ma pur di non avere la decenza intellettuale di fare a meno di uno dei più criminosi luoghi comuni coi quali i giornalini fanno tiratura, gazzettiere e titolista riescono in prodigiose arrampicate sugli specchi affermando che l'assoluzione della "nomade" è stata chiesta per carenza di prove sul mancato rapimento. Vale a dire: il rapimento di bambini è la normale attività delle "nomadi": solo per questo caso non sono state reperite prove sufficienti ad incarcerarne un'altra, impedendole così di rovinare con la sua presenza l'estetica di Firenze, città salotto.
Rimarcare episodi come questo, dopo un paio di volte, rischia di diventare noioso; è tuttavia bene farlo perché la sistematica distorsione della realtà ha portato da molto tempo i mass media a livelli di tale abituale e ributtante mendacia dal far seriamente e sinceramente rimpiangere la Pravda. La prassi con cui i pennisti agiscono è sempre uguale e contempla sempre la denigrazione di soggetti percepiti come (1) poco al corrente dei propri diritti e (2) facilmente macinabili con il solito mix di effetto primacy e recency. In tutti i casi in cui nessuno va in bestia e non ti slega dietro un avvocato particolarmente mordace, si può sempre dire che ci si è sbagliati, e scriverlo in caratteri minuscoli qualche tempo dopo secondo una prassi formalmente ineccepibile ma di nessuna efficacia comunicativa. Il che significa che a "passare" è sempre e comunque il rafforzamento di luoghi comuni e leggende metropolitane.