Traduzione da Strategic Culture, 3 giugno 2024.
Walter Münchau ha scritto che in occasione di una visita a Oxford qualche settimana fa Josep Borrell, l'Alto rappresentante dell'Unione Europea, ha fatto un'osservazione interessante: "La diplomazia è l'arte di gestire due pesi e due misure". Münchau ne ha illustrato l'intrinseca ipocrisia contrapponendo l'entusiasmo con cui i leader dell'Unione Europea hanno accolto lo scorso anno la decisione della Corte penale internazionale di chiedere un mandato d'arresto contro Putin e "la nulla disponibilità a prenderne atto quando colpisce qualcuno dei vostri", cioè Netanyahu. L'esempio più eclatante di questo doppio modo di ragionare riguarda un fenomeno correlato, ovvero la "gestione" da parte dell'Occidente delle realtà che esso stesso ha creato. Si mette in piedi una narrativa in cui l'Occidente vince, e la si contrappone a una in cui gli altri perdono.
Il ricorso alla creazione di narrative vittoriose invece che a vittorie vere e proprie può sembrare piuttosto intelligente, ma l'incertezza che questo provoca può avere conseguenze impreviste e potenzialmente disastrose. Ad esempio, le minacce volutamente confuse del Presidente Macron di inviare forze NATO in Ucraina hanno solo contribuito a far sì che la Russia si preparasse a una guerra di più vasta portata contro tutta la NATO, accelerando le sue operazioni offensive.
Invece di scoraggiare l'avversario, come probabilmente intendeva fare Macron, questa iniziativa lo ha reso più determinato: Putin ha avvertito che la Russia avrebbe ucciso qualsiasi "invasore" della NATO. Non è stata una mossa molto intelligente, dopo tutto.
Prendiamo come esempio più concreto la risposta data dal Presidente Putin a una domanda in conferenza stampa durante la sua visita in Uzbekistan: "Questi rappresentanti dei Paesi della NATO, soprattutto in Europa, ...prima ci hanno provocato nel Donbass; ci hanno preso per il naso per otto anni, ci hanno deliberatamente ingannato facendoci credere che loro [l'Occidente] volessero risolvere le cose in modo pacifico nonostante il loro tentativo, secondo ogni apparenza di segno opposto, di forzare la situazione "verso la pace" ricorrendo alle armi. Poi ci hanno ingannato durante il processo negoziale", ha proseguito Putin, "dal momento che avevano deciso segretamente a priori di battere la Russia sul campo di battaglia e quindi di infliggerle una sconfitta strategica. Questa costante escalation può portare a gravi conseguenze (Putin si riferisce probabilmente a uno scambio di salve di missili di crescente intensità che potrebbe portare addirittura all'uso di armi nucleari). Se queste gravi conseguenze si verificano in Europa, come si comporteranno gli Stati Uniti in considerazione del fatto che siamo alla pari quanto ad armamenti strategici? Vogliono un conflitto globale? È difficile dirlo... Vediamo cosa succederà", ha concluso. [Questa è una parafrasi di quella che è stata una lunga e dettagliata serie di domande e risposte].
Naturalmente, alcuni in Occidente diranno che questa è solo la versione russa e che l'Occidente ha sempre agito in modo razionale in risposta alle iniziative di Mosca.
Pensiero razionale e ragionevolezza vengono pretestuosamente considerati qualità che definiscono l'Occidente; un retaggio di Platone e di Aristotele. Tuttavia, tentare di rifarsi al solo razionalismo laico come strumento analitico predominante per comprendere gli eventi geopolitici può essere un errore. Uno strumento tanto limitato, infatti, costringe a tralasciare grossolanamente le dinamiche più profonde della storia e del contesto, e questo rischia di portare ad analisi distorte e risposte politiche sbagliate.
Per essere chiari: cosa ha ottenuto questa diplomazia fallace? Ha portato Mosca alla totale sfiducia nei confronti dei leader europei, con cui non vorrebbe avere più nulla a che fare. È "razionale" lasciare che protagonisti di primo piano come Putin si chiedano se la Russia si trovi davvero di fronte a un Occidente determinato a "infliggerle una sconfitta strategica", o se Washington voglia solo costruire una “narrazione vincente” in vista delle elezioni di novembre?
Putin ha sottolineato (durante la conferenza stampa) che le armi di alta precisione a lungo raggio basate in Ucraina (come l'ATACMS) sono approntate sulla base di "informazioni e ricognizioni spaziali", che vengono poi tradotte automaticamente nelle impostazioni del missile alla volta del bersaglio designato; gli operatori forse non capiscono nemmeno quali coordinate stanno inserendo come obiettivo. Preparare un missile ad alta precisione è un compito complesso che non viene svolto da militari ucraini, ma da rappresentanti di Paesi della NATO, ha sottolineato Putin.
Putin sta dicendo: "Voi europei, che fornite e gestite queste armi, in guerra con la Russia lo siete già". Cercare di barcamenarsi fra due pesi e due misure in questo caso non funzionerà; non è che si può sostenere che, una volta recapitate, le munizioni che si forniscono diventano ucraine come per magia, e raccontare dall'altra parte che la NATO, con i suoi mezzi di sorveglianza, i suoi tecnici ISR e i suoi esperti di missili non significano guerra con la Russia.
Nelle sue risposte esplicite, Putin ha dato all'Occidente un chiaro avvertimento: i rappresentanti dei Paesi della NATO, soprattutto in Europa e soprattutto nei piccoli paesi, dovrebbero essere consapevoli di cosa stanno stuzzicando.
Eppure, in Europa l'idea di colpire in profondità la Russia viene presentata come del tutto razionale, pur sapendo che tali attacchi in Russia non cambieranno il corso della guerra. In parole povere, Putin sta dicendo che la Russia può solo interpretare le dichiarazioni e le azioni occidentali come deliberatamente rivolte ad ampliare il conflitto.
La stessa narrativa all'insegna dei due pesi e delle due misure si può dire che valga anche per lo stato sionista. Netanyahu e il suo governo sono presentati come un'entità messianica che persegue fini ultimi di ispirazione biblica. L'Occidente sostiene invece di perseguire semplicemente la propria comprensione razionale di ciò che è nel vero interesse dello stato sionista, ossia la soluzione dei due Stati.
Può essere scomodo dirlo, ma lo Zeitgeist non laico e non razionalista di Netanyahu riflette probabilmente una pluralità di opinioni esistenti oggi nello stato sionista. In altre parole che piaccia o meno -e a quasi tutto il mondo non piace- è qualcosa di comunque autentico. È quello che è, e quindi non ha molto senso elaborare politiche strettamente laiche che si limitino a ignorare questa realtà. A meno che non ci sia la volontà di cambiare radicalmente questo stato di cose, e cioè di imporre uno Stato palestinese con la forza.
La realtà è che in Medio Oriente si sta preparando una resa dei conti. E sulla sua scia, col sopraggiunto sfinimento di una o dell'altra parte, una corrente politica o un cambiamento di mentalità qualora lo stato sionista riconsiderasse l'atteggiamento per cui un gruppo deve godere di prerogative speciali rispetto a un altro con cui vive in una terra condivisa, potrebbero inaugurare un percorso più produttivo verso una soluzione, in un modo o nell'altro.
Ancora una volta, insistere su un'ottica laica e materialista invita a una lettura errata del terreno e può peggiorare le cose mettendo lo stato sionista all'angolo, adesso che ci troviamo sull'orlo di una massiccia escalation.
Quando Gantz -che viene considerato una possibile e più ragionevole alternativa a Netanyahu- chiede elezioni anticipate, le chiede, scrive Roger Alpher su Haaretz,
per rinnovare il contratto tra il popolo e il governo e per mobilitarsi per una seconda guerra di indipendenza. Secondo questa nuova visione lo stato sionista si trova all'inizio di una lunga e sanguinosa guerra per la sopravvivenza.Gantz non è una persona laica; la sua è una mentalità religiosa... Quando accusa Netanyahu di portare secondi fini come le questioni della difesa in quello che egli definisce "santo dei santi", Gantz sta esprimendo la sua religiosa fiducia nella fede della nazione. Lo Stato è sacro, lo Stato prima di ogni altra cosa.Le sue divergenze di opinione con Netanyahu stanno mettendo in secondo piano l'esistenza di un ampio consenso che comprende Yair Golan, Bezalel Smotrich, Yair Lapid, Avigdor Lieberman, Naftali Bennett, Yossi Cohen e il partito Likud con o senza Netanyahu e che insiste sul fatto che la guerra è la cosa essenziale. Il pubblico dello stato sionista è un eroe grazie alla guerra. Dà le sue migliori prove durante le guerre: una nazione non può toccare punti spiritualmente pià elevati che non l'amore per il sacrificio nel “portare la barella”, come si dice nello stato sionista.In parole povere Gantz -come Netanyahu- non appartiene al campo laico dell'Occidente liberale.
Ed è qui che entra in gioco l'idea dei due pesi e delle due misure di cui ha scritto Josep Borrell: L'Europa o gli Stati Uniti possono continuare a tollerare una weltanschauung sionista così irrazionale, con tutte le implicazioni negative che comporta per un'egemonia statunitense sempre più instabile?
Ebbene, c'è una certa "razionalità" nella visione di Netanyahu, ma non è radicata nella nostra ontologia meccanicistica.
Forse anche i riferimenti biblici di Netanyahu ad Amalek, il popolo che Re Saul aveva ordinato di annientare, toccano i nervi scoperti dell'Occidente: l'Illuminismo scientifico non avrebbe dovuto porre fine a ontologie di questo genere? Forse essa ricorda forse all'Occidente i propri peccati coloniali?
Il professor Michael Vlahos, che ha insegnato studi strategici alla Johns Hopkins University e all'U.S. Naval War College ed è stato direttore del Centro Studi Esteri del Dipartimento di Stato, sostiene che anche l'AmeriKKKa è caratterizzata da un credo religioso logorato dal perenne ricorrere di un destino escatologico, e che la guerra è il suo rituale di purificazione":
I Padri Fondatori -coloro che hanno creato il nostro paese- avevano immaginato qualcosa di più di una nazione... Avevano anche abbozzato l'arco narrativo di un viaggio divinamente eroico, mettendo gli Stati Uniti al centro della Storia come vetta da raggiungere. Questa è la narrazione sacra dell'AmeriKKKa. Fin dalla fondazione, gli Stati Uniti si sono sentiti investiti con ardente fervore religioso da una chiamata di ordine superiore a redimere l'umanità, punire i malvagi e dare il via a un'età dell'oro sulla terra.Mentre Francia, Gran Bretagna, Germania e Russia si aggiravano per il mondo alla ricerca di nuove colonie e conquiste, l'AmeriKKKa si è costantemente attenuta alla peculiare visione di avere una missione divina in qualità di "Nuovo Israele di Dio".Così, tra tutte le rivoluzioni scatenate dalla modernità, gli Stati Uniti si dichiarano nei loro stessi fondamenti il pioniere e l'apripista dell'umanità. L'AmeriKKKa è la nazione eccezionale: unica, pura di cuore, salvatrice e redentrice di tutti i popoli disprezzati e oppressi: L'"ultima, migliore speranza della terra".
Il Presidente Biden ha così pontificato proprio a West Point il 25 maggio 2024: "Grazie alle Forze Armate statunitensi, stiamo facendo ciò che solo l'AmeriKKKa può fare come nazione indispensabile... come unica superpotenza mondiale e principale democrazia del mondo. Gli Stati Uniti si oppongono ai tiranni in tutto il mondo e proteggono la libertà contro ogni angustia. Stiamo affrontando un uomo [Putin] che conosco bene da molti anni, un tiranno brutale. Non possiamo tirarci indietro, e non ci tireremo indietro".
Questo è il catechismo della "religione civile ameriKKKana", spiega il professor Vlahos:
Agli occhi del mondo tutto questo può sembrare un rituale di vanità egoistica, eppure questa religione civile è l'articolo di fede nazionale degli ameriKKKani. È la Sacra Scrittura, che prende forma retorica attraverso quella che gli americani considerano la Storia.La religione civile ameriKKKana è inestricabilmente legata alla Riforma, al cristianesimo calvinista e alla sanguinosa storia del protestantesimo, con la sacrale narrazione dell'AmeriKKKa plasmata e consacrata tramite il primo e il secondo dei Grandi Risvegli del Paese. Nell'era del progresso il suo rifarsi alle sacre scritture ha preso un'impronta laica, ma la religione ameriKKKana è rimasta legata alle sue radici fondanti. Infatti, anche la Chiesa del Woke a noi contemporanea non è in grado di rifuggire dalle sue origini cristiane calviniste.Dal 2014, come una setta nuova e in rapida crescita, la "Chiesa del Woke" ha cercato di trasformare e informare pienamente di sé la religione civile ameriKKKana, per succedervi come fede sovrana.Ironicamente, il fervore del suo evangelismo incanala il post-millenarismo del Primo Grande Risveglio, il cui messianismo è stato codificato nel Novus Ordo Saeculorum.
Qual è il punto fondamentale? Hubert Védrine, ex ministro degli Esteri francese e segretario generale della presidenza francese sotto il presidente Mitterrand, afferma che l'Occidente -Europa compresa- in quanto "discendente della cristianità [latina]" è "imbevuto dello spirito del proselitismo".
L'esortazione per San Paolo, "andate e fate discepoli tutti i popoli" è diventato "andate e diffondete i diritti umani in tutto il mondo"... Questo proselitismo è profondamente radicato nel nostro DNA: "Anche i meno religiosi, i totalmente atei - hanno ancora questa mentalità, [anche se] non sanno da dove viene".
È questo il nervo scoperto? "Gli Stati Uniti come nuovo Israele" -secondo il professor Vlahos- che non può essere guardato direttamente negli occhi? Se ci guardiamo allo specchio, è questo che vediamo? "Questa è di gran lunga la questione più profonda e importante che l'Occidente deve affrontare", afferma Védrine.
"L'Occidente è in grado di accettare l'alterità? Può vivere con gli altri e accettarli per quello che sono... un Occidente che non fa proselitismo e non è interventista?", si chiede.
La sua risposta? "Non c'è scelta". Assolutamente no.
Non diventeremo i padroni del mondo che verrà. Quindi siamo costretti a pensare oltre; siamo costretti a immaginare un nuovo rapporto per il futuro tra il mondo occidentale e il famoso Sud globale.Cosa succede se non riusciamo ad accettarlo? Continueremo a essere emarginati, a essere tagliati fuori sempre più dal resto del mondo, e saremo sempre più disprezzati per il nostro mal riposto senso di superiorità.
Novus Ordo Saeculorum, "un nuovo ordine dei tempi" in latino, è una delle due frasi che figurano sul retro del sigillo ufficiale degli Stati Uniti. L'altra frase, "Annuit coeptis" si traduce come "Egli acconsente alle nostre imprese".