Traduzione da Strategic Culture, 4 marzo 2024.
"Le elezioni locali di martedì 27 febbraio sono state un segnale di allarme per lo stato sionista. I partiti ultraortodossi, i gruppi sionisti religiosi e i partiti di estrema destra e razzisti, presenti in forma organizzata in poche collettività, hanno ottenuto incrementi di suffragi sproporzionati rispetto alle reali dimensioni dei gruppi che rappresentano. Al contrario il campo democratico [in gran parte laico, liberale e ashkenazita], che per quasi un anno ha partecipato settimanalmente a gigantesche manifestazioni in Kaplan Street a Tel Aviv e in decine di località in tutto il paese, nella maggior parte dei casi non è riuscito a tradurre la rabbia in un incremento di consenso elettorale a livello di amministrazioni locali".
"Un'altra conclusione da trarre dalle elezioni", continua l'editoriale di Haaretz, "è la crescente somiglianza tra il partito di governo Likud e [il partito di Ben Gvir] l'estrema destra Otzma Yehudit, Supremazia ebraica. A Tel Aviv, i due partiti si sono presentati insieme; una scelta inimmaginabile nel Likud di prima che arrivasse Benjamin Netanyahu... Possiamo dedurre da questo che il Likud sta cambiando: Meir Kahane [fondatore della destra radicale ebraica e del partito Kach] ha sconfitto Ze'ev Jabotinsky; la supremazia ebraica e il trasferimento forzato della popolazione hanno sostituito la libertà".
In parole povere, lo stato sionista si sta spostando sempre più a destra.
Un altro segnale di allarme: nelle primarie democratiche (virtualmente) senza vero scontro, negli Stati Uniti,
una coalizione di gruppi pro-palestinesi aveva fissato un modesto obiettivo di diecimila voti generici -ovvero senza espressione di appoggio per un candidato specifico- pari al margine di vittoria di Trump in Michigan nel 2016 per cercare di far capire che la frustrazione degli elettori per l'appoggio di Biden alla campagna militare di lo stato sionista poteva costargli le elezioni di novembre... Questi voti generici però hanno superato l'obiettivo dei diecimila e sono arrivati a quasi centoquattromila voti, circa il 13% del totale. Biden ha ottenuto più dell'80% dei voti, ma il numero di voti non impegnati è stato sufficiente per inviare due delegati "non impegnati" alla convention nazionale del Partito Democratico ad agosto.
"Il pericolo maggiore per il Presidente non è che troppe persone abbiano espresso un voto generico", ha dichiarato l'ex rappresentante Andy Levin (democratico per il Michigan) che ha appoggiato l'iniziativa. "Il pericolo maggiore è che non recepisca il messaggio".
Un terzo segnale d'allarme: con il piano che prevede per Gaza una volta cessate le operazioni militari, Netanyahu ha virtualmente dichiarato guerra a Biden e alla sua campagna per la rielezione:
Lungi dal muoversi verso [la] soluzione a due Stati promossa da Biden, Netanyahu intende procedere a un'occupazione ancora più vasta e illimitata nel tempo non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania e in tutte le altre aree che altrimenti potrebbero costituire uno Stato palestinese indipendente. In effetti, Netanyahu chiede la conquista totale da parte dello stato sionista di quanto rimane della Palestina; l'esatto contrario di ciò che vorrebbero Biden e il resto del mondo.
In parole povere: Netanyahu sta mettendo Biden tra l'incudine e il martello, e il diavolo sa che per una potenziale rielezione Biden dipende moltissimo non solo dal voto ebraico, ma soprattutto dal denaro ebraico. Netanyahu pare convinto di avere un margine di manovra sufficiente per ignorare Biden e, per i prossimi otto mesi circa, perseguire senza ostacoli la sua ambizione: prendere il controllo della "Grande Israele" fino al fiume Litani nel Libano meridionale, e consolidare l'ebraicizzazione di Gerusalemme.
Persino Tom Friedman del New York Times comincia a mostrare qualche segno di panico:
Mi era sembrato, almeno all'inizio, che il mondo fosse pronto ad accettare che ci sarebbero state significative vittime civili se lo stato sionista avesse voluto sradicare Hamas e salvare gli ostaggi... Ma adesso ci ritroviamo in una situazione irriferibile, con migliaia di vittime civili e un piano di pace da parte di Netanyahu che prefigura solo un'occupazione senza fine... Quindi ci sono sempre più persone cui l'intera operazione dello stato sionista a Gaza comincia a sembrare un macello il cui unico obiettivo è quello di ridurre la popolazione in modo che lo stato sionista possa controllarla più facilmente... E questo, ripeto, metterà l'amministrazione Biden in una posizione sempre più insostenibile.
Il panico sta montando anche per quanto riguarda l'Ucraina: i leader europei sono stati convocati con un preavviso di ventiquattro ore all'Eliseo perché andassero a sentire il Presidente Macron asserire che la situazione sul terreno in Ucraina era così critica e la posta in gioco per l'Europa così alta che "ci troviamo a un punto critico del conflitto, in cui dobbiamo prendere l'iniziativa: siamo determinati a fare tutto il necessario per tutto il tempo necessario".
Macron ha sottolineato i crescenti dubbi sulla disponibilità degli USA a continuare con il sostegno a Kiev e ha messo in guardia verso una potenziale nuova offensiva russa, paventando attacchi brutali pianificati per "scioccare" gli ucraini e i loro alleati. "Siamo convinti che la sconfitta della Russia sia essenziale per la sicurezza e la stabilità dell'Europa"... "L'Europa è in gioco".
Macron ha portato esplicitamente avanti un'operazione di facciata per strappare la leadership della difesa e della sicurezza in Europa alla Germania, che sta costruendo un asse militare legato agli Stati Uniti in alleanza con la Polonia, i Paesi baltici e la presidente della Commissione europea, l'ex ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen, e per avocarla nuovamente alla Francia.
In ogni caso, l'uscita di Macron è finita in un fiasco completo. La sua richiesta è stata immediatamente sconfessata sia in Francia che da altri leader europei. Nessuno dei convocati da Macron si è trovato d'accordo con lui, tranne forse gli olandesi. Dietro la precipitosa messa in scena dell'Eliseo, tuttavia, si nasconde un obiettivo più serio: quello di centralizzare ulteriormente il controllo dell'UE attraverso la costruzione di una difesa comune.
Per finanziare questa difesa unificata europea la Commissione sta cercando di dare il via all'emissione di obbligazioni unitarie dell'UE e a un meccanismo di tassazione centralizzato, entrambi vietati dai Trattati dell'Unione Europea. Dietro la narrazione allarmistica sull'intenzione russa di invadere l'Europa si celano intenti come questi.
A parte questo, in Europa la disperazione e la colpevolizzazione per la débacle ucraina stanno prendendo piede sul serio: il Cancelliere Scholtz, nel difendere la decisione di Berlino di non fornire missili Taurus a lungo raggio a Kiev, si è tolto d'impaccio mettendo in grave imbarazzo Francia e Regno Unito.
Scholtz ha affermato che fornire missili Taurus avrebbe richiesto l'assistenza di truppe tedesche sul terreno "come fanno i britannici e i francesi, in termini di controllo dei bersagli [missilistici] e di assistenza alla loro acquisizione. I soldati tedeschi non possono in nessun momento e in nessun luogo essere collegati agli obiettivi che questo sistema [a lungo raggio] raggiunge", ha insistito Scholz.
Inutile dire che la sua esplicita ammissione del fatto che in Ucraina si trovano truppe europee già presenti sul terreno ha scatenato un putiferio, in Europa.
Il fatto, a lungo sospettato, ha adesso una conferma ufficiale.
Ma cos'è che ha provocato un'ondata di isteria ancora più forte in Europa, al di là dei teatrini di Macron?
Molto probabilmente due cose. In primo luogo l'abbandono di Avdiivka da parte delle forze ucraine, cui è seguito l'improvviso shock di rendersi conto che non ci sono vere linee difensive ucraine dietro Avdiivka, ma solo alcune frazioni e poi campi aperti.
In secondo luogo, l'epico reportage del New York Times intitolato The Spy War: how the CIA secretly helps Ukraine fight Putin ("La guerra delle spie: come la CIA aiuta segretamente l'Ucraina a combattere Putin") di Adam Entous e Mitchell Schwirtz, che descrive un decennio di cooperazione tra CIA e Ucraina e ricorda a tutti che gli Stati Uniti potrebbero tagliare i ponti con Kiev molto presto... a meno che non venga approvata la legge sugli stanziamenti.
Adam Entous è stato anche coautore di un articolo del 2017 dello Washington Post intitolato Obama's secret struggle to punish Russia or Putin's elections assault ("La segreta contesa di Obama per punire la Russia per le interferenze elettorali di Putin") che, come nota Matt Taibbi, raccontava la storia da film di come John Brennan [allora capo della CIA] avesse consegnato a Barack Obama l'equivalente spionistico di una bomba, proveniente da una fonte preziosa "nel profondo del governo russo".
L'avvincente racconto rivelava come la CIA non solo fosse venuta a conoscenza del coinvolgimento diretto di Vladimir Putin in una campagna per "danneggiare" Hillary Clinton e "favorire l'elezione del suo avversario Donald Trump", ma avesse riferito in anteprima al Presidente questa notizia segreta... prima di raccontarla al mondo intero, ovviamente).
Si trattava, ovviamente, di un'assurdità: era la narrazione di base per quello che sarebbe diventato il Russiagate.
Il reportage del New York Times su ricordato mostra una narrativa revisionista sull'Ucraina piena di affermazioni discutibili, che si ripercuotono sulla CIA e in particolare sul ruolo di John Brennan; il testo probabilmente è stato interpretato dai servizi segreti occidentali come una lettera di addio nell'imminenza di un divorzio. La CIA si sta preparando a lasciare l'Ucraina.
Come ci si può aspettare in qualsiasi lettera del genere, vi si indora la pillola in modo da scagionare l'autore da ogni colpa e responsabilità legale (per omicidio ed assassinio): "Un sottile leitmotiv permea di sé tutto il testo: la civile AmeriKKKa non fa che implorare gli ucraini di smetterla di commettere atrocità".
Con l'intensificarsi della collaborazione "dopo il 2016", riporta il Times, gli ucraini "hanno iniziato a praticare omicidi e altre operazioni letali, violando termini che la Casa Bianca pensava fossero stati accettati". Gli statunitensi erano "infuriati" e "hanno minacciato di togliere il loro sostegno", ma non lo hanno mai fatto, nota Taibbi.
Non si sa se il Presidente della Camera Johnson continuerà su questa linea rifiutandosi di portare in aula la legge sugli aiuti per l'estero che prevede sessanta miliardi di dollari per Kiev, o se invece non sarà in grado di perseverare.
Tuttavia, la questione è ormai all'ordine del giorno, come ha osservato il leader della minoranza al Senato McConnell, annunciando il suo prossimo ritiro da capogruppo: "La politica è cambiata, me ne rendo conto", ha detto.
La base del Partito Repubblicano non è favorevole alla concessione di ulteriori fondi all'Ucraina: le prospettive che il provvedimento passi sono scarse o nulle.
Il punto che chiaramente spaventa i servizi di intelligence europei è che gran parte dei successi ottenuti dall'Ucraina deriva da un fattore chiave: la supremazia occidentale nei campi dell'intelligence, della sorveglianza e della ricognizione. Gli armamenti della NATO hanno deluso, la dottrina militare della NATO è stata criticata dalle forze ucraine, ma intelligence sorveglianza e ricognizione sono state fondamentali.
Il reportage del New York Times è chiaro: "...un passaggio discreto scende in un bunker sotterraneo dove squadre di soldati ucraini tracciano i satelliti spia russi e origliano le conversazioni tra comandanti russi...". Si tratta di soldati ucraini o di tecnici della NATO?
Quando la CIA se ne andrà a causa dei tagli ai fondi, non sarà solo il suo personale ad andarsene. La CIA non lascerà dietro di sé attrezzature sensibili e apparecchiature di intercettazione destinate a cadere nelle mani dei russi per essere sottoposte ad autopsie forensi. Qualcosa di simile è già successo? Quei bunker segreti si trovavano forse ad Avdiika? Stanno per trapelare dettagli delicati?
In ogni caso, l'"assistenza" dell'intelligence europea all'Ucraina sarà depauperata al massimo dal ritiro di personale e attrezzature da parte della CIA. In tal caso, cosa potranno fare gli europei? Possono effettuare ricognizioni aeree; possono utilizzare i satelliti della NATO, ma non in modo capillare.
E poi gli ucraini, inferociti e abbandonati, non potrebbero inventarsi una narrazione tutta loro? Il capo dei servizi segreti ucraini Kirill Budanov ha appena sabotato la narrazione occidentale per cui è stato Putin a uccidere Navalny: interrogato su questa morte, Budanov ha detto: "Forse vi deluderò, ma sappiamo che è morto per un coagulo di sangue. È più o meno confermato. Non è una notizia presa da Internet".
Budanov ha smentito anche altre versioni statunitensi: la settimana scorsa la Reuters ha citato sei fonti sicure che "l'Iran ha fornito alla Russia un gran numero di potenti missili balistici di superficie". Budanov ha risposto dicendo che di missili iraniani "qui non ce ne sono" e che tali informazioni "non corrispondono alla realtà". Ha anche smentito le dichiarazioni sui missili nordocoreani che la Russia avrebbe schierato, secondo un'altra storia statunitense degli ultimi tempi: "Sono stati utilizzati alcuni missili nordcoreani", ha detto, "ma le affermazioni circa un loro utilizzo massiccio non corrispondono al vero".
Qui sta l'elemento essenziale del pezzo del New York Times: il timore di ricadute da parte di funzionari ucraini delusi. "Soprattutto in un anno di elezioni, qualsiasi guerra di parole tra ex alleati potrebbe diventare spiacevole in un batter d'occhio".
E con questo, Biden è avvisato. Forse già troppo tardi?