Il monastero di Davit Gareja è costituito da una ventina di ambienti, molti dei quali ricavati negli strati di un costone roccioso. La fondazione, ad opera di uno dei tredici padri siriani, risale al VI secolo. La tradizione racconta di un viaggio a Gerusalemme compiuto dal fondatore Davit, che tornò in Georgia riportando una pietra laggiù raccolta, adesso conservata a Tbilisi e riportata a Davit Gareja per le funzioni religiose. Nel corso dei secoli crebbe sia il numero di monasteri che facevano riferimento a quello centrale, propriamente chiamato Lavra, sia il numero delle attività che vi si svolgevano, dalla copia di manoscritti alla scuola per affrescatori. I monaci diventarono migliaia prima che nel 1265 i mongoli saccheggiassero la zona. Ci vollero quasi cinquant'anni perché Davit Gareja si risollevasse. Un secondo saccheggio fu commesso dai soldati di Timur nel corso della guerra contro i georgiani. Nel 1615 i persiani dello shah Abbas uccisero seimila dei monaci causando danni dai quali i monasteri non si risollevarono più, nonostante gli ottimi rapporti con la corte georgiana che non fece mai mancare il proprio sostegno. Una vita religiosa quasi vestigiale continuò fino alla fine del 1800.
Dopo la nascita dell'URSS la zona, lontana dai centri abitati e praticamente desertica, è diventata un poligono di tiro. Lo scempio è durato anche oltre l'indipendenza della Georgia; solo negli ultimi anni i monaci sono tornati. Lo stato georgiano considera i monasteri -che sono sulla frontiera azera, con tratti che sconfinano- uno dei retaggi storico-culturali più importanti.
Dopo la nascita dell'URSS la zona, lontana dai centri abitati e praticamente desertica, è diventata un poligono di tiro. Lo scempio è durato anche oltre l'indipendenza della Georgia; solo negli ultimi anni i monaci sono tornati. Lo stato georgiano considera i monasteri -che sono sulla frontiera azera, con tratti che sconfinano- uno dei retaggi storico-culturali più importanti.
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