Il sito che usiamo come sparring partner presenta, sotto un titolo simile, una lungo monologo affastellante molti luoghi comuni, per lo più privi di qualunque interesse. Il suo sedicente autore (l'impressione è che in realtà abbia fatto una serie di copia & incolla dall'editorialismo giornalaio più pedestre) si preoccupa innanzitutto di essere di proposito "politicamente scorretto", quasi che l'esserlo costituisse titolo di merito. Di séguito si vanno dunque a smontare i più grossolani tra i luoghi comuni ricorrenti tra gli "occidentalisti" più affezionati; si tenga presente che la ripetizione ecoica del luogo comune, specie se servito in anteprima il giorno avanti da qualche grassone televisivo, costituisce praticamente l'unica produzione "culturale" di certa gente.
L’Occidente non è una civiltà ma un mero indicatore economico sempre meno affidabile ed in grado di garantire sempre meno a sempre meno soggetti, in un quadro socioeconomico che postula l'ingiustizia sociale e l'inuguale distribuzione delle ricchezze.
E sottolineiamo pure anche stavolta che la storia dell’essere falsamente liberi è perfetta descrizione della condizione attuale della maggioranza di coloro che in "occidente" si trovano a vivere: non si tratta certo di filosofeggiare astrattamente perché anche solo limitarsi a vivere giorno dopo giorno, vivere come ci pare, mangiare, bere e fumare ciò che ci pare, leggere e scrivere ciò che ci pare, ascoltare la musica che ci pare, scopare dove, quando e con chi ci pare, in un "occidente" impestato da delirii legalitari, da controlli e sanzioni di ogni genere, tra non molti anni diventeranno segni di insubordinazione intollerabili e punibili. Punibili con una metodicità ed una costanza di cui già si intravedono i primi indizi e che molto dovranno proprio alla tecnologia "occidentale" ed alla informatizzazione spinta in ogni campo del vivere. Le barzellette "occidentaliste" secondo le quali un relativista in "terra islamica" finirebbe sgozzato non sono più degne di confutazione di quanto lo siano le freddure sui carabinieri, e si collocano più o meno allo stesso livello di cognizione di causa.
Essendo mero indicatore economico, l'"Occidente" non è responsabile di alcuna forma di società, chiusa o aperta che sia, perché quella "libertà" e quel "pluralismo" nei quali si dice sia nato il benessere "occidentale" sono ogni giorno di più oggetto di dileggio e di disprezzo; l'esistenza ormai acclarata di contesti sociali in cui il benessere materiale si appaia a libertà politiche molto limitate dovrebbe anche essere sufficiente a confutare una presunta correlazione tra i due concetti. Ogni discussione circa una sua presunta "superiorità" è dunque assolutamente oziosa. Singolarmente ridicolo è poi il punto di vista di chi vede qualcosa di "cristiano" in un "occidente" i cui "valori" sarebbero di per sé peccato, e magari ha anche la faccia di contrapporlo a qualcosa di presuntamente diverso.
Esiste una genia di editorialisti, di quelli che ogni giorno fanno un elzeviro o due a cinquecento euro a colpo, secondo la quale esisterebbero "islamici" intenti a trascorrere la vita e la giornata combattendo i principi fondamentali sui quali si fonderebbe una non meglio identificata "civiltà occidentale". Naturalmente, come spesso succede, la realtà non potrebbe essere più diversa dai desideri d'inchiostro di qualche debordante indossatore di cravatte.
Per questo -e per molti altri motivi- una "classifica della tolleranza" dei "paesi islamici" contrapposti ai "paesi occidentali" non ha alcun motivo d'essere: tanto più che gli "occidentalisti" militanti si sono adoperati per anni, e continuano ad adoperarsi a tutt'oggi, proprio perché vengano meno quelli che, a sentir loro, sarebbero i "principii della civiltà occidentale": non esiste aspetto della vita sociale e politica, soprattutto nello stato che occupa la penisola italiana, che non ci mostri fino a che punto le tanto vantate separazione tra stato e chiesa, primato della coscienza, laicità, emancipazione femminile e democrazia non siano messe ogni giorno nella condizione di trovarsi senza terreno sotto i piedi.
Facendosi guidare da una simile "contrapposizione" è facile arrivare a valutazioni storiche di eventi anche recentissimi armati di un impressionante bagaglio di incompetenza cialtrona; non vi è "occidentalista", ad esempio, che abbia un minimo di cognizione di causa circa la rivoluzione islamica in Iran, per intero addebitata alla nequizia di un "vecchio" tenuto "al calduccio" dai francesi. Gli stessi francesi, oh rabbia, che nel 2003 rifiutarono di partecipare alla pazzesca aggressione all'Iraq dovendo per questo subire un linciaggio mediatico che sforò abbondantemente i limiti dell'isteria.
Intendiamoci: abbracciare la causa "occidentalista" è comodissimo, economicamente vantaggioso e non richiede alcuna competenza specifica: malafede, faccia tosta da piazzista di aspirapolvere e pura e semplice propensione al servilismo sono ampiamente sufficienti ad intraprendere una carriera politica o mediatica.
L’Occidente non è una civiltà ma un mero indicatore economico sempre meno affidabile ed in grado di garantire sempre meno a sempre meno soggetti, in un quadro socioeconomico che postula l'ingiustizia sociale e l'inuguale distribuzione delle ricchezze.
E sottolineiamo pure anche stavolta che la storia dell’essere falsamente liberi è perfetta descrizione della condizione attuale della maggioranza di coloro che in "occidente" si trovano a vivere: non si tratta certo di filosofeggiare astrattamente perché anche solo limitarsi a vivere giorno dopo giorno, vivere come ci pare, mangiare, bere e fumare ciò che ci pare, leggere e scrivere ciò che ci pare, ascoltare la musica che ci pare, scopare dove, quando e con chi ci pare, in un "occidente" impestato da delirii legalitari, da controlli e sanzioni di ogni genere, tra non molti anni diventeranno segni di insubordinazione intollerabili e punibili. Punibili con una metodicità ed una costanza di cui già si intravedono i primi indizi e che molto dovranno proprio alla tecnologia "occidentale" ed alla informatizzazione spinta in ogni campo del vivere. Le barzellette "occidentaliste" secondo le quali un relativista in "terra islamica" finirebbe sgozzato non sono più degne di confutazione di quanto lo siano le freddure sui carabinieri, e si collocano più o meno allo stesso livello di cognizione di causa.
Essendo mero indicatore economico, l'"Occidente" non è responsabile di alcuna forma di società, chiusa o aperta che sia, perché quella "libertà" e quel "pluralismo" nei quali si dice sia nato il benessere "occidentale" sono ogni giorno di più oggetto di dileggio e di disprezzo; l'esistenza ormai acclarata di contesti sociali in cui il benessere materiale si appaia a libertà politiche molto limitate dovrebbe anche essere sufficiente a confutare una presunta correlazione tra i due concetti. Ogni discussione circa una sua presunta "superiorità" è dunque assolutamente oziosa. Singolarmente ridicolo è poi il punto di vista di chi vede qualcosa di "cristiano" in un "occidente" i cui "valori" sarebbero di per sé peccato, e magari ha anche la faccia di contrapporlo a qualcosa di presuntamente diverso.
Esiste una genia di editorialisti, di quelli che ogni giorno fanno un elzeviro o due a cinquecento euro a colpo, secondo la quale esisterebbero "islamici" intenti a trascorrere la vita e la giornata combattendo i principi fondamentali sui quali si fonderebbe una non meglio identificata "civiltà occidentale". Naturalmente, come spesso succede, la realtà non potrebbe essere più diversa dai desideri d'inchiostro di qualche debordante indossatore di cravatte.
Per questo -e per molti altri motivi- una "classifica della tolleranza" dei "paesi islamici" contrapposti ai "paesi occidentali" non ha alcun motivo d'essere: tanto più che gli "occidentalisti" militanti si sono adoperati per anni, e continuano ad adoperarsi a tutt'oggi, proprio perché vengano meno quelli che, a sentir loro, sarebbero i "principii della civiltà occidentale": non esiste aspetto della vita sociale e politica, soprattutto nello stato che occupa la penisola italiana, che non ci mostri fino a che punto le tanto vantate separazione tra stato e chiesa, primato della coscienza, laicità, emancipazione femminile e democrazia non siano messe ogni giorno nella condizione di trovarsi senza terreno sotto i piedi.
Facendosi guidare da una simile "contrapposizione" è facile arrivare a valutazioni storiche di eventi anche recentissimi armati di un impressionante bagaglio di incompetenza cialtrona; non vi è "occidentalista", ad esempio, che abbia un minimo di cognizione di causa circa la rivoluzione islamica in Iran, per intero addebitata alla nequizia di un "vecchio" tenuto "al calduccio" dai francesi. Gli stessi francesi, oh rabbia, che nel 2003 rifiutarono di partecipare alla pazzesca aggressione all'Iraq dovendo per questo subire un linciaggio mediatico che sforò abbondantemente i limiti dell'isteria.
Intendiamoci: abbracciare la causa "occidentalista" è comodissimo, economicamente vantaggioso e non richiede alcuna competenza specifica: malafede, faccia tosta da piazzista di aspirapolvere e pura e semplice propensione al servilismo sono ampiamente sufficienti ad intraprendere una carriera politica o mediatica.