Istanbul, ritratto di una città è un testo divulgativo che alterna considerazioni storiche, toponomastiche e geografiche per costruire un ritratto d'insieme della città valido come introduzione di massima. Nella premessa Peter Clark illustra i motivi delle sue molte permanenze ad Istanbul, di per sé sufficienti ad avere una minima idea del cosmopolitismo che da sempre la caratterizza, ed illustra il suo intento di proporre al lettore una celebrazione "di Istanbul come città del mondo", portando alla sua attenzione luoghi ed edifici che ne rivelano il retaggio culturale e storico, ed i personaggi più o meno di passaggio la cui immaginazione fu catturata dalla città.
L'introduzione permette in poche pagine di cogliere lo spirito dell'intero lavoro, anticipando la Bisanzio, la Costantinopoli, la Kostantiniyye, la popolazione composita e le frequentazioni cosmopolite che l'hanno caratterizzata in ogni epoca, quale che fosse il nome utilizzato. Clark deve anche rimarcare il bias negativo che ha accompagnato per molto tempo le descrizioni e le considerazioni espresse sulla città, che a volte richiedono l'elaborazione di difese che non si sono mai rese necessarie per città come Vienna o Roma. L'A. ne attribuisce la causa alla concezione spesso negativa che, soprattutto in Occidente, ha caratterizzato per molto tempo prima l'impero bizantino e poi quello ottomano.
Dopo l'introduzione, seguono sei capitoli la cui struttura è pressoché la stessa: inquadramento di un periodo storico generale, e suoi riflessi e testimonianze nell'urbanistica, negli edifici notevoli, nella composizione e negli usi della popolazione. Allo spirito del testo ed ai suoi contenuti meglio rimanda il titolo originale, che è "Istanbul, a cultural history".
L'introduzione permette in poche pagine di cogliere lo spirito dell'intero lavoro, anticipando la Bisanzio, la Costantinopoli, la Kostantiniyye, la popolazione composita e le frequentazioni cosmopolite che l'hanno caratterizzata in ogni epoca, quale che fosse il nome utilizzato. Clark deve anche rimarcare il bias negativo che ha accompagnato per molto tempo le descrizioni e le considerazioni espresse sulla città, che a volte richiedono l'elaborazione di difese che non si sono mai rese necessarie per città come Vienna o Roma. L'A. ne attribuisce la causa alla concezione spesso negativa che, soprattutto in Occidente, ha caratterizzato per molto tempo prima l'impero bizantino e poi quello ottomano.
Dopo l'introduzione, seguono sei capitoli la cui struttura è pressoché la stessa: inquadramento di un periodo storico generale, e suoi riflessi e testimonianze nell'urbanistica, negli edifici notevoli, nella composizione e negli usi della popolazione. Allo spirito del testo ed ai suoi contenuti meglio rimanda il titolo originale, che è "Istanbul, a cultural history".
Il primo capitolo affronta il lungo periodo compreso tra la fondazione di Costantinopoli nel 330 e l'assedio ottomano del 1453; si conclude con le testimonianze di Ibn Battuta, che visitò la città nel 1300, e di Beniamino di Tudela, che lo aveva fatto attorno al 1170. L'inquadramento storico e l'identificazione delle ripercussioni che gli avvenimenti hanno avuto sulla vita e sull'urbanistica cittadina riguardano qui le vicende dell'impero bizantino da Costantino a Giustiniano fino all'iconoclastia, alla battaglia di Manzikert e alla conquista crociata del 1204, fino alla restaurazione imperiale ad opera dei Paleologi.
Bertrandon de la Broquière visitò Costantinopoli vent'anni prima della conquista ottomana, e Clark ne cita la testimonianza in apertura del secondo capitolo, dedicato agli eventi del 1453 ed alle loro immediate conseguenze.
Il terzo capitolo tratta di Kostantiniyye come capitale ottomana, del regno di Maometto II e dei suoi successori e dei principali cambiamenti che dopo la conquista si verificarono nell'urbanistica cittadina e nell'insieme della popolazione. Passando dalla trattazione dei rapporti culturali con il resto d'Europa e descrivendo la progressiva islamizzazione del tessuto sociale ed urbanistico di Istanbul, l'A.tratta delle organizzazioni artigiane, del persistere della schiavitù, della presenza e dell'importanza delle comunità cristiane (prima su tutte quella greca) fino ad arrivare al periodo delle tanzimat e della progressiva occidentalizzazione dei costumi e dei modi di produzione cittadini, destinata ad un periodo di crescente fortuna dopo la metà dei XIX secolo.
Il quarto capitolo riprende l'argomento delle influenze straniere e dell'impatto della modernità sulla società e l'urbanistica stambuliote con particolare riguardo ai decenni centrali e finali del XIX secolo. Clark può attingere per questo ad una grossa mole documentale, utile a ricostruire l'influenza della comunità armena e di quella ebraica oltre che per l'enumerazione delle numerose realizzazioni architettoniche del XVIII e XIX secolo tuttora esistenti.
Il quinto capitolo, A passeggio per la Istanbul della belle époque, tiene fede al proprio sottotitolo, costituito com'è da una descrizione delle principali vie cittadine, Istiklal Caddesi, piazza Taksim e i suoi dintorni, la zona di Tünel ed il quartiere di Pera, fino a Bankalar Caddesi. Trova molto spazio anche la descrizione, di interesse specificamente inglese, delle vicende dell'ambasciata britannica e dei personaggi che la frequentarono; la citazione da produzioni letterarie di aristocratici o eruditi britannici dediti al Grand Tour ha una certa importanza in tutto il volume.
Il sesto capitolo torna ad occuparsi di questioni essenzialmente storiche e biografiche, descrivendo la fine della belle époque e le conseguenze della prima guerra mondiale. Clark presenta numerosi accenni biografici al sultano Abdulhamid II, al cortigiano arabo Arap Izzet, agli hashemiti di Istanbul (un gruppo familiare destinato ad una buona fortuna, dopo la fine dell'impero) e all'ultimo califfo Abdulmecid. In chiusura, viene posta una digressione sul complicato rapporto che con Istanbul ebbe Mustafa Kemal Atatürk.
Il fatto che Istanbul sia circondata dall'acqua su tre lati e che sorga nel punto in cui due mari si uniscono non poteva non caratterizzare la storia cittadina. Il settimo capitolo tratta del rapporto che Istanbul ha con il Bosforo e con il Corno d'Oro, dell'urbanizzazione delle rive, delle cosiddette "Isole dei Principi" e di alcuni protagonisti della storia contemporanea che si sono trovati a frequentarle: Lev trotzkij, Angelo Roncalli, Ismet Inönü.
Si è detto che il libro è ricco di citazioni da resoconti di viaggio, lasciati da diplomatici o letterati. L'ottavo capitolo è costituito per intero da esempi di questo genere, ed è costruito attorno alle impressioni che i britannici Byron, Slade, Disraeli, Kinglake e Thackeray fino al principe di Galles, a Pears, Pickthall e Thesiger, il polacco Mickiewicz e lo statunitense Mark Twain ricavarono dalla loro più o meno lunga permanenza in città.
L'ultimo capitolo tratta diffusamente della Istanbul contemporanea, dell'espansione dei suoi quartieri commerciali e delle sue infrastrutture; affronta anche i profondi mutamenti demografici di cui le vicende storiche degli ultimi cento anni sono state conseguenza, e la vita culturale che ha preceduto ed accompagnato l'ultimo periodo di crescita economica.
Peter Clark, Istanbul, ritratto di una città, prefazione di Moris Farhi, pp. 382. Ed. Odoya, 2014.
Bertrandon de la Broquière visitò Costantinopoli vent'anni prima della conquista ottomana, e Clark ne cita la testimonianza in apertura del secondo capitolo, dedicato agli eventi del 1453 ed alle loro immediate conseguenze.
Il terzo capitolo tratta di Kostantiniyye come capitale ottomana, del regno di Maometto II e dei suoi successori e dei principali cambiamenti che dopo la conquista si verificarono nell'urbanistica cittadina e nell'insieme della popolazione. Passando dalla trattazione dei rapporti culturali con il resto d'Europa e descrivendo la progressiva islamizzazione del tessuto sociale ed urbanistico di Istanbul, l'A.tratta delle organizzazioni artigiane, del persistere della schiavitù, della presenza e dell'importanza delle comunità cristiane (prima su tutte quella greca) fino ad arrivare al periodo delle tanzimat e della progressiva occidentalizzazione dei costumi e dei modi di produzione cittadini, destinata ad un periodo di crescente fortuna dopo la metà dei XIX secolo.
Il quarto capitolo riprende l'argomento delle influenze straniere e dell'impatto della modernità sulla società e l'urbanistica stambuliote con particolare riguardo ai decenni centrali e finali del XIX secolo. Clark può attingere per questo ad una grossa mole documentale, utile a ricostruire l'influenza della comunità armena e di quella ebraica oltre che per l'enumerazione delle numerose realizzazioni architettoniche del XVIII e XIX secolo tuttora esistenti.
Il quinto capitolo, A passeggio per la Istanbul della belle époque, tiene fede al proprio sottotitolo, costituito com'è da una descrizione delle principali vie cittadine, Istiklal Caddesi, piazza Taksim e i suoi dintorni, la zona di Tünel ed il quartiere di Pera, fino a Bankalar Caddesi. Trova molto spazio anche la descrizione, di interesse specificamente inglese, delle vicende dell'ambasciata britannica e dei personaggi che la frequentarono; la citazione da produzioni letterarie di aristocratici o eruditi britannici dediti al Grand Tour ha una certa importanza in tutto il volume.
Il sesto capitolo torna ad occuparsi di questioni essenzialmente storiche e biografiche, descrivendo la fine della belle époque e le conseguenze della prima guerra mondiale. Clark presenta numerosi accenni biografici al sultano Abdulhamid II, al cortigiano arabo Arap Izzet, agli hashemiti di Istanbul (un gruppo familiare destinato ad una buona fortuna, dopo la fine dell'impero) e all'ultimo califfo Abdulmecid. In chiusura, viene posta una digressione sul complicato rapporto che con Istanbul ebbe Mustafa Kemal Atatürk.
Il fatto che Istanbul sia circondata dall'acqua su tre lati e che sorga nel punto in cui due mari si uniscono non poteva non caratterizzare la storia cittadina. Il settimo capitolo tratta del rapporto che Istanbul ha con il Bosforo e con il Corno d'Oro, dell'urbanizzazione delle rive, delle cosiddette "Isole dei Principi" e di alcuni protagonisti della storia contemporanea che si sono trovati a frequentarle: Lev trotzkij, Angelo Roncalli, Ismet Inönü.
Si è detto che il libro è ricco di citazioni da resoconti di viaggio, lasciati da diplomatici o letterati. L'ottavo capitolo è costituito per intero da esempi di questo genere, ed è costruito attorno alle impressioni che i britannici Byron, Slade, Disraeli, Kinglake e Thackeray fino al principe di Galles, a Pears, Pickthall e Thesiger, il polacco Mickiewicz e lo statunitense Mark Twain ricavarono dalla loro più o meno lunga permanenza in città.
L'ultimo capitolo tratta diffusamente della Istanbul contemporanea, dell'espansione dei suoi quartieri commerciali e delle sue infrastrutture; affronta anche i profondi mutamenti demografici di cui le vicende storiche degli ultimi cento anni sono state conseguenza, e la vita culturale che ha preceduto ed accompagnato l'ultimo periodo di crescita economica.
Peter Clark, Istanbul, ritratto di una città, prefazione di Moris Farhi, pp. 382. Ed. Odoya, 2014.