La Storia dell'Impero Bizantino di Georg Ostrogorsky è una disamina corposa ed accurata della storia dello stato bizantino redatta secondo linee dal carattere essenzialmente evenemenziale; pubblicata in una prima versione nel 1940, è stata rivista dall'A. in due occasioni, nel 1952 e nel 1963. A tutt'oggi costituisce una valida introduzione generale alla storia bizantina ed è considerato un testo fondamentale della storiografia di settore, con particolare riferimento al periodo successivo a quel 610 d.C. in cui avvenne la salita al trono dell'imperatore Eraclio. Il carattere dell'opera è tale che parte preponderante in essa è rappresentata dall'esposizione dello sviluppo dell'organizzazione statale e bellica e dalle vicende religiose, dinastiche e della politica estera. Ognuno degli otto capitoli presenta all'inizio una presentazione delle fonti utilizzate per la compilazione, ed in chiusura un indice analitico; l'opera è preceduta da un'introduzione in cui si trova una rassegna della storiografia bizantina utile per inquadrare lo scritto nel suo complesso. Il libro comprende anche sette cartine geografiche fuori testo.
Il primo capitolo segue l'intendimento dell'A. di concentrarsi sul "periodo greco" della storia bizantina, il cui inizio si conviene di collocare appunto nel 610, e presenta quindi un excursus sui tre secoli precedenti con particolare riferimento all'opera giuridica giustinianea ed al (fallito) tentativo di restaurazione dell'integrità territoriale dell'impero romano intrapresa dall'imperatore.
Il secondo capitolo entra nel vivo della trattazione affrontando le tematiche del secolo che arriva al 711, un periodo caratterizzato da una lotta per la sopravvivenza e per il rinnovamento che vide l'impero affrontare una serie ininterrotta di guerre logoranti contro gli Avari e i Persiani prima e contro gli Arabi poi, ed a subire drastici ridimensionamenti territoriali; un rinnovamento organizzativo e strutturale profondo, tuttavia, ne assicurò tanto la sopravvivenza quanto la futura ripresa.
Il primo capitolo segue l'intendimento dell'A. di concentrarsi sul "periodo greco" della storia bizantina, il cui inizio si conviene di collocare appunto nel 610, e presenta quindi un excursus sui tre secoli precedenti con particolare riferimento all'opera giuridica giustinianea ed al (fallito) tentativo di restaurazione dell'integrità territoriale dell'impero romano intrapresa dall'imperatore.
Il secondo capitolo entra nel vivo della trattazione affrontando le tematiche del secolo che arriva al 711, un periodo caratterizzato da una lotta per la sopravvivenza e per il rinnovamento che vide l'impero affrontare una serie ininterrotta di guerre logoranti contro gli Avari e i Persiani prima e contro gli Arabi poi, ed a subire drastici ridimensionamenti territoriali; un rinnovamento organizzativo e strutturale profondo, tuttavia, ne assicurò tanto la sopravvivenza quanto la futura ripresa.
Nel terzo capitolo si affronta una delle vicende centrali della storia statale bizantina, quello delle lotte iconoclastiche del nono secolo, da Ostrogorsky considerato l'equivalente spirituale delle invasioni da oriente sul piano militare e politico. In tutta l'opera i riferimenti alle dispute religiose per le quali Bisanzio è rimasta famosa anche nel sentire comune sono numerosi, data la loro influenza sulla nascita e sullo sviluppo delle lotte dinastiche. Al periodo dell'iconoclastia appartengono anche le prime guerre contro i Bulgari e le guerre contro gli Arabi: l'autore affronta anche la questione dei rapporti dell'impero con l'Occidente e con l'impero carolingio in particolare, ed illustra in che modo dopo la metà del VIII secolo gli effetti della riorganizzazione territoriale e del sistema di difesa riuscirono a porre un freno alle incursioni arabe in Anatolia e a porre le basi per l'apogeo della potenza imperiale.
La cosiddetta età d'oro dell'impero fu caratterizzata da un ritorno all'espansione territoriale e si estese sui due secoli compresi tra l'843 e il 1025;l 'A. illustra lo svilupparsi della macchina politica ed amministrativa imperiale nel periodo caratterizzato da un'intensa attività di codificazione delle leggi, e si sofferma sulle vicende che sotto Niceforo Foca e con lo stratego Giovanni Zimisce portarono l'impero ad estendersi di nuovo su tutta la penisola balcanica ed in Palestina fino a Nazareth.
Il quinto capitolo è centrato sul periodo, compreso tra il 1025 ed il 1081, caratterizzato dal dominio dell'aristocrazia burocratica nella capitale. Ostrogorsky illustra nel dettaglio in che modo durante questi sei decenni il sistema statale che aveva fatto la grandezza del periodo bizantino di mezzo andò gradatamente indebolendosi e dissolvendosi, in un mutuo rapporto con l'affermarsi nelle regioni dell'impero di un'organizzazione feudale del territorio che si tradusse nel corso del tempo in una perdita di controllo centrale sull'operato delle amministrazioni locali, con tutte le conseguenze del caso. La vita a Costantinopoli raggiunse in questo periodo i vertici della raffinatezza e si assisté ad una rifioritura culturale, intanto che le basi che assicuravano saldezza e tenuta allo stato bizantino venivano erose costantemente e nella loro interezza.
Il periodo storico contrassegnato dal dominio dell'aristocrazia militare è oggetto del sesto capitolo: privato per sempre delle risorse inutilizzate su cui aveva potuto far conto per riprendersi dai periodici rovesci militari e politici, l'impero iniziò a soffrire anche sul mare l'egemonia delle potenze occidentali che dal 1204 si tradusse nella conquista della capitale e nello smembramento dei residui territori imperiali dell'Anatolia e dell'Europa meridionale. Ostrogorsky chiude il capitolo descrivendo il tentativo di reazione messo in atto dall'imperatore Andronico Comneno ed improntato a suo avviso ad un utilizzo abituale ed indiscriminato della violenza politica.
Il settimo capitolo illustra gli eventi che portarono allo smembramento dell'impero, all'insediamento delle potenze marinare occidentali in Grecia, alla fondazione dell'impero latino, di quelli di Epiro, di Nicea e di Trebisonda, per passare poi all'esposizione delle vicende che portarono al rafforzamento dell'impero di Nicea ed in seguito ad una sostanziale restaurazione dell'impero, sia pure su un'estensione territoriale destinata vieppiù a ridursi di anno in anno anche ad opera del nascente impero serbo la cui nascita ed il cui affermarsi sono oggetto di più di un abbozzo di trattazone.
L'opera si chiude con una trattazione, invero un capitolo relativamente sommario ed in questo speculare al primo, del lungo declino imperiale iniziato di fatto alla fine del XIII secolo, con la trasformazione dell'impero in un piccolo stato, e conclusosi con la presa di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani nel 1453: un atto che concluse una decadenza che nel corso dei suoi ultimi cento anni aveva fatto dei residui presidi bizantini dei vassalli a tutti gli effetti della nascente potenza turca. Nonostante il progressivo e inarrestabile impoverimento economico, la perdita di prestigio diplomatico e di territori, Bisanzio riuscì ad adempiere anche al momento del crollo ad una missione storica di importanza universale, salvando dalla distruzione il diritto romano, la poesia, la filosofia e la scienza greche e trasmettendoli "ai popoli dell'Europa occidentale, divenuti ormai maturi per riceverla".
La cosiddetta età d'oro dell'impero fu caratterizzata da un ritorno all'espansione territoriale e si estese sui due secoli compresi tra l'843 e il 1025;l 'A. illustra lo svilupparsi della macchina politica ed amministrativa imperiale nel periodo caratterizzato da un'intensa attività di codificazione delle leggi, e si sofferma sulle vicende che sotto Niceforo Foca e con lo stratego Giovanni Zimisce portarono l'impero ad estendersi di nuovo su tutta la penisola balcanica ed in Palestina fino a Nazareth.
Il quinto capitolo è centrato sul periodo, compreso tra il 1025 ed il 1081, caratterizzato dal dominio dell'aristocrazia burocratica nella capitale. Ostrogorsky illustra nel dettaglio in che modo durante questi sei decenni il sistema statale che aveva fatto la grandezza del periodo bizantino di mezzo andò gradatamente indebolendosi e dissolvendosi, in un mutuo rapporto con l'affermarsi nelle regioni dell'impero di un'organizzazione feudale del territorio che si tradusse nel corso del tempo in una perdita di controllo centrale sull'operato delle amministrazioni locali, con tutte le conseguenze del caso. La vita a Costantinopoli raggiunse in questo periodo i vertici della raffinatezza e si assisté ad una rifioritura culturale, intanto che le basi che assicuravano saldezza e tenuta allo stato bizantino venivano erose costantemente e nella loro interezza.
Il periodo storico contrassegnato dal dominio dell'aristocrazia militare è oggetto del sesto capitolo: privato per sempre delle risorse inutilizzate su cui aveva potuto far conto per riprendersi dai periodici rovesci militari e politici, l'impero iniziò a soffrire anche sul mare l'egemonia delle potenze occidentali che dal 1204 si tradusse nella conquista della capitale e nello smembramento dei residui territori imperiali dell'Anatolia e dell'Europa meridionale. Ostrogorsky chiude il capitolo descrivendo il tentativo di reazione messo in atto dall'imperatore Andronico Comneno ed improntato a suo avviso ad un utilizzo abituale ed indiscriminato della violenza politica.
Il settimo capitolo illustra gli eventi che portarono allo smembramento dell'impero, all'insediamento delle potenze marinare occidentali in Grecia, alla fondazione dell'impero latino, di quelli di Epiro, di Nicea e di Trebisonda, per passare poi all'esposizione delle vicende che portarono al rafforzamento dell'impero di Nicea ed in seguito ad una sostanziale restaurazione dell'impero, sia pure su un'estensione territoriale destinata vieppiù a ridursi di anno in anno anche ad opera del nascente impero serbo la cui nascita ed il cui affermarsi sono oggetto di più di un abbozzo di trattazone.
L'opera si chiude con una trattazione, invero un capitolo relativamente sommario ed in questo speculare al primo, del lungo declino imperiale iniziato di fatto alla fine del XIII secolo, con la trasformazione dell'impero in un piccolo stato, e conclusosi con la presa di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani nel 1453: un atto che concluse una decadenza che nel corso dei suoi ultimi cento anni aveva fatto dei residui presidi bizantini dei vassalli a tutti gli effetti della nascente potenza turca. Nonostante il progressivo e inarrestabile impoverimento economico, la perdita di prestigio diplomatico e di territori, Bisanzio riuscì ad adempiere anche al momento del crollo ad una missione storica di importanza universale, salvando dalla distruzione il diritto romano, la poesia, la filosofia e la scienza greche e trasmettendoli "ai popoli dell'Europa occidentale, divenuti ormai maturi per riceverla".
Georg Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino. Torino, Einaudi, 1993. pp. 570