Nel 1994 lo storico scozzese William Dalrymple si è servito del Prato Spirituale, una raccolta di aneddoti e massime dei padri del deserto redatta dal monaco bizantino Giovanni Mosco, come guida per ripercorrere a millequattrocento anni di distanza il cammino a suo tempo percorso dall'autore. L'intenzione di Darlimple era quella di verificare se e quanto fosse sopravvissuto della religiosità bizantina, ed in particolare di quella monastica, in quelli che alla fine del VI secolo erano i territori orientali dell'impero. Partendo dal monte Athos in cinque mesi Dalrymple ha visitato siti, monasteri, chiese e città comprese tra la Repubblica di Turchia e la Repubblica Araba d'Egitto, verificando le condizioni in cui vivono i cristiani nel Medio Oriente contemporaneo e trovando macroscopiche disparità tra i diversi stati sovrani attraversati. Il libro si presenta dunque come un diario di viaggio in cui la descrizione delle vie percorse, delle località visitate e delle persone incontrate si alterna a considerazioni aneddotiche, storiche e geografiche.
Agli occhi di Dalrymple i cristiani siri di Turchia sono apparsi una minoranza in rapidissimo -ed apparentemente inarrestabile- declino, ai tempi presa tra i due fuochi della guerriglia curda e della controguerriglia dello stato. La condizione dei cristiani in Sira viene descritta come incommensurabilmente migliore; attorno al dieci per cento della popolazione totale, perfino sovrarappresentati nel governo in carica all'epoca ed in larga misura addetti a professioni prestigiose. I timori dei cristiani siriani erano allora come oggi legati ad un possibile rovesciamento del governo degli Assad. Ancora diversa la situazione in Libano, la realtà più composita tra quelle che Darlymple ha preso in esame. L'autore afferma recisamente che i maroniti libanesi "raccolgono quanto hanno seminato" e che il fallimento del compromesso con la maggioranza musulmana del paese aveva prodotto una guerra civile distruttiva, migrazioni di massa dei cristiani ed un sostanziale indebolimento del potere e del prestigio maronita. In Libano l'A. incontra anche cristiani palestinesi, e vieppiù ne incontra nello stato sionista. Il viaggio in Egitto si chiude nell'oasi di Kharga, dopo aver toccato l'antica Ossirinco ed il monastero di sant'Antonio.
Agli occhi di Dalrymple i cristiani siri di Turchia sono apparsi una minoranza in rapidissimo -ed apparentemente inarrestabile- declino, ai tempi presa tra i due fuochi della guerriglia curda e della controguerriglia dello stato. La condizione dei cristiani in Sira viene descritta come incommensurabilmente migliore; attorno al dieci per cento della popolazione totale, perfino sovrarappresentati nel governo in carica all'epoca ed in larga misura addetti a professioni prestigiose. I timori dei cristiani siriani erano allora come oggi legati ad un possibile rovesciamento del governo degli Assad. Ancora diversa la situazione in Libano, la realtà più composita tra quelle che Darlymple ha preso in esame. L'autore afferma recisamente che i maroniti libanesi "raccolgono quanto hanno seminato" e che il fallimento del compromesso con la maggioranza musulmana del paese aveva prodotto una guerra civile distruttiva, migrazioni di massa dei cristiani ed un sostanziale indebolimento del potere e del prestigio maronita. In Libano l'A. incontra anche cristiani palestinesi, e vieppiù ne incontra nello stato sionista. Il viaggio in Egitto si chiude nell'oasi di Kharga, dopo aver toccato l'antica Ossirinco ed il monastero di sant'Antonio.
Dalla montagna sacra fu pubblicato nel 1996, quando i radicali interventi urbanistici sulla città di New York che avrebbero dato la stura a dieci anni buoni di "esportazione della democrazia" erano di là da venire, insieme alle dozzine di centoni islamofobi privi di qualunque valore documentaristico e tanto meno scientifico che avrebbero allagato come liquame il mondo dell'editoria. Simili produzioni "letterarie" impongono perentoriamente la propria cialtroneria come unica chiave di lettura possibile degli avvenimenti e statuiscono la malvagità metafisica dell'Islam come una verità inscalfibile che solo un terrorista si azzarderebbe a confutare. Con ben altra serietà Dalrymple si guarda bene dal cercare cause metafisiche o dal lanciare slogan compiendo attribuzioni causali circa il declino accelerato della cristianità orientale. Assai più che all'Islam, questo declino viene imputato dall'autore alle politiche nazionaliste perseguite dagli stati sovrani ed alla percezione della cristianità, già minoritaria per proprio conto, come un elemento allogeno e potenzialmente pericoloso. In alcuni casi come quello turco e quello sionista perfino l'archeologia è stata strumentalizzata agli interessi statali e piegata alla costruzione di miti fondanti capaci di legittimare sovranità. Intervistando figure e figuri di tutti i paesi attraversati, soffermandosi sulla descrizione di siti, paesaggi, abitazioni e insediamenti, rintracciando situazioni in cui permangono stati di tolleranza ed un ecumenismo che a volte si tinge di sincretico, Dalrymple descrive aspetti del Medio Oriente contemporaneo accomunati da una sottintesa -ed a volte espressa a chiare lettere- nostalgia dell'Impero Ottomano. Lo scritto rappresenta la realtà contemporanea con tinte molto lontane dal manicheismo demenziale imposto dal giornalame e dai mass media in genere, e consegna al lettore un esempio di narrativa di viaggio che può costituire al tempo stesso un buon punto di partenza per un approccio complessivo alla storia ed alla geopolitica mediorientali.
William Dalrymple, Dalla montagna sacra. Rizzoli, 1996. 378 pp.