Giuseppe Cossuto ha scritto l'introduzione di questo volume tra la natia Cassino ed Istanbul; uno degli assunti più interessanti della pubblicazione è rappresentato dal fatto che per fruirne occorre liberarsi dall'eurocentrismo che rappresenta solitamente uno dei postulati della storiografia più fruibile. Cossuto non è eurocentrico e vede se mai l'Europa per la propaggine occidentale dell'Asia che a tutti gli effetti è; una propaggine la cui unità non può a suo avviso basarsi sull'essere una "fortezza" che ha per fondamenta una comune e condivisa ignoranza della storia.
I popoli delle steppe di lingua turca di cui Cossuto intende ricostruire le vicende si affacciarono sulla scena europea nel IV secolo e con la loro presenza avrebbero sì contribuito per contrapposizione alla formazione di una identità "europea occidentale", ma al tempo stesso sono le stesse fondi "europee occidentali" ad attribuire alle popolazioni turcofone una mitica origine troiana destinata a porre limiti di una certa portata a questa alterità. La prima parte del volume comprende due capitoli; uno su spazio e tempo nomade in Europa, l'altro su indoeuropei e turanici. Questo secondo capitolo specifica alcune tra le caratteristiche comuni a quelle "confederazioni nomadi" che rappresenteranno un modello ricorrente per tutti gli esempi presi in considerazione nel prosieguo dell'opera. Il nomadismo dei popoli destinati a lasciare "tracce turche" nella storia europea del primo millennio dopo Cristo non aveva tra le proprie caratteristiche la migrazione di gruppi omogenei, ma quella di popoli e persone di diversa origine e di diversa attività economica che si muovevano al séguito di un gruppo combattente o di un capo particolarmente prestigioso. La confederazione così costituita aveva spesso il nome della tribù-guida, oppure un nome meramente indicativo, se non spregiativo. Eventuali frammentazioni prendevano lo stesso nome, accompagnato da un aggettivo. Il capitolo espone anche l'essenza sciamanica della religiosità nomade ed il funzionamento essenziale dell'apparato bellico.
I popoli delle steppe di lingua turca di cui Cossuto intende ricostruire le vicende si affacciarono sulla scena europea nel IV secolo e con la loro presenza avrebbero sì contribuito per contrapposizione alla formazione di una identità "europea occidentale", ma al tempo stesso sono le stesse fondi "europee occidentali" ad attribuire alle popolazioni turcofone una mitica origine troiana destinata a porre limiti di una certa portata a questa alterità. La prima parte del volume comprende due capitoli; uno su spazio e tempo nomade in Europa, l'altro su indoeuropei e turanici. Questo secondo capitolo specifica alcune tra le caratteristiche comuni a quelle "confederazioni nomadi" che rappresenteranno un modello ricorrente per tutti gli esempi presi in considerazione nel prosieguo dell'opera. Il nomadismo dei popoli destinati a lasciare "tracce turche" nella storia europea del primo millennio dopo Cristo non aveva tra le proprie caratteristiche la migrazione di gruppi omogenei, ma quella di popoli e persone di diversa origine e di diversa attività economica che si muovevano al séguito di un gruppo combattente o di un capo particolarmente prestigioso. La confederazione così costituita aveva spesso il nome della tribù-guida, oppure un nome meramente indicativo, se non spregiativo. Eventuali frammentazioni prendevano lo stesso nome, accompagnato da un aggettivo. Il capitolo espone anche l'essenza sciamanica della religiosità nomade ed il funzionamento essenziale dell'apparato bellico.
I dieci capitoli che costituiscono la seconda parte del volume, indicata come Le confederazioni, trattano dettagliatamente degli Unni, degli Avari, dei Bulgari, dei Khazari, dei Magiari, dei Peceneghi e degli Oghuzi, dei periodi di assestamento e delle interazioni tra nomadi e sedentari fino a quell'undicesimo secolo che, con il sedentarizzarsi in Anatolia di genti turcofone convertite all'Islam, viene considerato l'inizio della fine del fenomeno delle confederazioni nomadiche.
Nel tracciare una storia di massima di ogni confederazione l'autore si avvale di fonti di provenienza disparata, europea occidentale, russa, bizantina, ottomana od araba che sia, e di ciascuna traccia origini, sviluppo e dissoluzione considerando i rapporti con le potenze sedentarie dell'epoca e dei luoghi, volta per volta romani, carolingi, bizantini od arabi. La specifica ricerca di "tracce turche" in Europa porta l'autore a cercare prove concrete per attribuzioni mitiche e dicerie: se la famiglia del veronese Cangrande della Scala amava far risalire le proprie origini fino ad un khan àvaro giunto nella penisola italiana a séguito dei Longobardi, Giuseppe Cossuto specifica tra le altre cose che oggetti appartenenti a culture materiali turche sono stati effettivamente rinvenuti nelle necropoli longobarde di Campochiaro. Questo tipo di evidenze, unite ad altre ben più macroscopiche come l'origine turca dei bulgari poi sedentarizzatisi e slavizzatisi, la figura di Attila che ha fornito per secoli legittimazione alle pretese di ascendenza più disparate, la costruzione dell'identità nazionale ungherese che chiama scopertamente in causa i Magiari, contribuiscono a delineare una tesi di fondo secondo la quale l'identità turca non è altera res rispetto a quella europea, e che anzi ha fornito un contributo alla costruzione identitaria che non può essere ridotto ad una mera identificazione per contrasto.
Il volume è dotato di una bibliografia e di un'accurata tabella di riferimenti cronologici.
Giuseppe Cossuto, "Tracce turche" in Europa medievale - I popoli delle steppe in Europa dalla comparsa degli Unni alla nascita della Turchia, ed. Aracne, Roma, 2009. 156 pp.
Nel tracciare una storia di massima di ogni confederazione l'autore si avvale di fonti di provenienza disparata, europea occidentale, russa, bizantina, ottomana od araba che sia, e di ciascuna traccia origini, sviluppo e dissoluzione considerando i rapporti con le potenze sedentarie dell'epoca e dei luoghi, volta per volta romani, carolingi, bizantini od arabi. La specifica ricerca di "tracce turche" in Europa porta l'autore a cercare prove concrete per attribuzioni mitiche e dicerie: se la famiglia del veronese Cangrande della Scala amava far risalire le proprie origini fino ad un khan àvaro giunto nella penisola italiana a séguito dei Longobardi, Giuseppe Cossuto specifica tra le altre cose che oggetti appartenenti a culture materiali turche sono stati effettivamente rinvenuti nelle necropoli longobarde di Campochiaro. Questo tipo di evidenze, unite ad altre ben più macroscopiche come l'origine turca dei bulgari poi sedentarizzatisi e slavizzatisi, la figura di Attila che ha fornito per secoli legittimazione alle pretese di ascendenza più disparate, la costruzione dell'identità nazionale ungherese che chiama scopertamente in causa i Magiari, contribuiscono a delineare una tesi di fondo secondo la quale l'identità turca non è altera res rispetto a quella europea, e che anzi ha fornito un contributo alla costruzione identitaria che non può essere ridotto ad una mera identificazione per contrasto.
Il volume è dotato di una bibliografia e di un'accurata tabella di riferimenti cronologici.
Giuseppe Cossuto, "Tracce turche" in Europa medievale - I popoli delle steppe in Europa dalla comparsa degli Unni alla nascita della Turchia, ed. Aracne, Roma, 2009. 156 pp.