Riccardo Redaelli - L'Iran contemporaneo
L'Iran contemporaneo di Riccardo Redaelli ricostruisce la storia della Repubblica Islamica e mette in luce la complessità del suo funzionamento politico e la costellazione di organizzazioni, intenti e motivazione alla base della rivoluzione del 1979. Le centosessanta pagine del libro possono servire come introduzione di massima ad un tema trattato in ogni circostanza dalla "informazione" corrente secondo una prassi compresa tra il dilettantesco e il delinquenziale. L'Iran dei Pahlavi, gli anni tra il 1925 ed il 1979 è argomento di un primo capitolo in cui si forniscono quei cenni sulla storia e la società iraniane che permettono di concludere come gli avvenimenti successivi non nacquero certo dal nulla;le opposizioni ad una monarchia sempre più miope ed isolata vengono invece esaminate nel dettaglio nel secondo capitolo. Nazionalisti, democratico-liberali, comunisti del Tudeh, i socialisti islamici e la figura di Ali Shari'ati, i Mujahedin e i Fedayn del popolo accompagnarono il formarsi e l'esercitarsi pratico dell'ideologia di Khomeini intrecciando spesso con essa le proprie istanze.
Il terzo capitolo è incentrato sugli avvenimenti degli anni 1978-1989: l'affermazione di Khomeini come leader rivoluzionario, i tentativi di Reza Pahlavi di salvare la monarchia, lo "stato duale" delle istituzioni da una parte e dei comitati rivoluzionari dall'altra, il radicalizzarsi della rivoluzione nelle condizioni di emergenza della "guerra imposta" sono affrontati nei paragrafi iniziali, cui segue un'esposizione dei principali avvenimenti degli otto anni della guerra con l'Iraq, ivi inclusa la vicenda degli ostaggi catturati con l'assalto all'ambasciata statunitense. La fine della guerra sopraggiunse con l'accettazione di un armistizio imposto dall'ONU a seguito delle pressioni statunitensi, che venne accettato da un Iran arrivato al limite della resistenza dopo una serie di offensive cui fu pagato un prezzo inimmaginabile in termini di vite e di risorse.
L'ultimo periodo della vita di Khomeini, che morì nel giugno 1989, fu segnato da conflitti di potere all'interno della élite rivoluzionaria: un esempio su tutti, l'estromissione dell'ayatollah Montazeri, critico nei confronti della condotta delle operazioni militari e fino a quel momento considerato erede politico dell'Imam.
Khamenei, ex presidente della repubblica, sostituì Khomeini nel ruolo di Guida, testimoniando il buon grado di tenuta delle istituzioni rivoluzionarie. Il quarto capitolo espone le principali linee politiche seguite da Rafsanjani nei suoi otto anni di presidenza. Religioso appartenente ad una delle famiglie più ricche del paese, Rafsanjani riuscì ad emarginare i cosiddetti "radicali" ma non a convincere Khamenei dell'importanza di facilitare la ricostruzione del paese ponendo le condizioni affinché esso potesse riaprirsi agli investitori esteri. Prima di concludersi, il capitolo esamina la complessa architettura del potere decisionale repubblicano e la questione della produzione intellettuale postbellica, esponendo un ritratto di massima di Abdol Karim Soroush quale esempio del tipo di intellettuale interessato ad una democrazia religiosa che mettesse in discussione il principio del vilayat-e fiqh che costituisce la base ineliminabile della Repubblica Islamica. Redaelli spiega come durante la presidenza Rafsanjani il clero arrivasse a bruciare quasi del tutto il capitale di popolarità che aveva saputo costruirsi con la rivoluzione, finendo per essere identificato con una casta dominante ed invisa e con la corruzione.
Il quinto capitolo è incentrato sul tentativo riformista di Khatami, nella cui interpretazione l'autore rifugge dalle interpretazioni dualistiche e sostanzialmente inadeguate che invece hanno amplissima fortuna in ogni sede "occidentale" non accademica. Gli otto anni di Khatami furono preceduti ed accompagnati da vittorie elettorali riformiste e nonostante la maggior parte dei tentativi di riforma venisse bloccata dalla Guida o dal Consiglio dei Guardiani, Khatami ottenne risultati sensibili soprattutto nel campo economico, quello in cui meno pensava di ottenerne. Lo scenario geopolitico in profondo mutamento ostacolò non poco il suo lavoro, specie nel secondo mandato, mettendo in mano a tutti i suoi avversari armi propagandistiche e ideologiche perfette per giustificare ogni contrasto alla sua azione. Il fronte riformista che aveva appoggiato Khatami finirà per pagare per la cautela del suo operato, e per la sua attenzione per le istanze di quella parte borghese della società da cui veniva la maggior parte delle proposizioni, ma che non costituiva -e non costituisce a tutt'oggi- la maggioranza del corpo elettorale. Redaelli non nasconde in nessun caso i limiti della Repubblica e ne deplora la "democratizzazione impossibile", stanti gli ampi poteri discrezionali di cui è investita la Guida suprema.
L'ascesa di Ahmadinejad fu facilitata dalla disillusione generalizzata, dalla preoccupazione per la situazione economica e per quella geopolitica. Il candidato dell'esercito e dei pasdaran ebbe buon gioco nel mostrarsi non estraneo all'ideologia della Repubblica Islamica -tutt'altro- ma al clima di diffusa inefficienza, corruttela e disattenzione che il corpo elettorale aveva imparato a considerare tutt'uno con l'élite del potere. Il sesto capitolo del volume tratta della crescente affermazione dei cosiddetti "ultraradicali" vicini alle istituzioni della militanza di base, facilitati nell'occupazione di tutti i centri chiave del potere dall'incompetenza ostile con cui il contesto internazionale ha trattato la Repubblica Islamica, fornendo così a gruppi sociali già ben disposti in proprio a perseguire certe strade una serie pressoché interminabile di pezze d'appoggio. Il capitolo esamina anche la questione nucleare e il ruolo, nuovamente importante, che la Repubblica Islamica si trova a rivestire nel contesto geopolitico mediorientale. Un ruolo che le è stato riaperto, in definitiva, dalle pazzesche aggressioni statunitensi ai paesi confinanti.
La conclusione dell'autore a trent'anni dalla rivoluzione corale e popolare del 1979 raffigura un paese che si muove tra utopie non realizzate e progressi sociali sensibili, tra un sistema politico percepito come oppressivo ed una vivacità intellettuale che continua a manifestarsi con il realismo esattamente opposto alla faciloneria da bar che imbeve le produzioni mediatiche più reperibili.

Riccardo Redaelli, L'Iran contemporaneo, Carocci 2009. 160 pp.