"Si governano così" è una serie di volumi pensata per fornire al lettore un inquadramento di massima dell'assetto statale e del funzionamento politico di questo o quel paese e gli otto capitoli di Iran costituiscono una trattazione essenziale degli aspetti giuridici, politici ed economici che sono alla base della macchina statale rivoluzionaria. L'approccio è sostanzialmente descrittivo ed in molti passaggi si avvale di richiami diretti e puntuali alla costituzione. Il primo capitolo illustra il contesto geoeconomico dell'Iran, con l'enucleazione della sue specificità di paese petrolifero e dei limiti imposti da una legislazione improntata all'anticolonialismo, che tende a limitare gli interventi stranieri -e spesso anche quelli della stessa impresa privata- nell'economia nazionale. Il secondo presenta invece una stringata descrizione degli ultimi cento anni di storia, in cui si evidenziano tra l'altro la presenza antica e l'importanza del clero sciita, sempre sottovalutata dagli osservatori esterni alla realtà locale, ed il delinearsi di due momenti fondamentali nella storia della Repubblica Islamica: i primi dieci anni sotto la guida di Khomeini, caratterizzati dall'aggressione irachena e dai tentativi di esportare la rivoluzione, e tutto il periodo successivo, in cui la presidenza della Repubblica ha di volta in volta impresso il proprio marchio sulle scelte strategiche e politiche.
Con il terzo capitolo si espongono i fondamenti dello stato islamico, dalla differenza tra sciiti e sunniti alle fonti del diritto, dalla concezione dello stato islamico elaborata da Khomeini all'inquadramento costituzionale delle fonti del diritto che ne consegue. Disconfermando i molti luoghi comuni sulla materia, onnipresenti nei mass media e dettati da un'incompetenza interessata, Pier Luigi Petrillo sottolinea la natura tutt'altro che immutabile del diritto islamico ed evidenzia tra le altre cose il superamento, in esso, della dicotomia lecito-illecito tipica di altri ordinamenti, che lascia invece il passo ad una classificazione dei comportamenti in obbligatori (wagib), raccomandabili (mandub), leciti (mubah), riprovevoli (mokruh) e proibiti (haram) che assicura al diritto islamico un'apertura a soluzioni che sono precluse ai diritti codificati.
Con il terzo capitolo si espongono i fondamenti dello stato islamico, dalla differenza tra sciiti e sunniti alle fonti del diritto, dalla concezione dello stato islamico elaborata da Khomeini all'inquadramento costituzionale delle fonti del diritto che ne consegue. Disconfermando i molti luoghi comuni sulla materia, onnipresenti nei mass media e dettati da un'incompetenza interessata, Pier Luigi Petrillo sottolinea la natura tutt'altro che immutabile del diritto islamico ed evidenzia tra le altre cose il superamento, in esso, della dicotomia lecito-illecito tipica di altri ordinamenti, che lascia invece il passo ad una classificazione dei comportamenti in obbligatori (wagib), raccomandabili (mandub), leciti (mubah), riprovevoli (mokruh) e proibiti (haram) che assicura al diritto islamico un'apertura a soluzioni che sono precluse ai diritti codificati.
Le fonti del diritto vengono identificate nel Libro, negli ahadith e nella ijma, l'opinione concorde della comunità dei credenti. Per i sunniti è fonte anche la qiysas, l'interpretazione analogica; per gli sciiti l' 'aql, la ragione intesa come equità. Le fonti non canoniche sono la consuetudine, i decreti dei califfi, la pubblica utilità. Uno dei punti di forza della concezione sciita sta nella non-chiusura della ijtihad, l'interpretazione del Libro, sempre possibile ad opera dell'imam o del suo rappresentante, laddove le correnti sunnite considerano chiusa questa possibilità dopo il XII secolo. La concezione innovativa e "controtradizionale" di Khomeini chiude con l'autoreferenzialità e la non-ingerenza con le cose della politica che avevano fino ad allora guidato l'agire della classe degli a'imma, che dal XVI secolo almeno custodiva le competenze giurisprudenziali di cui la macchina statale aveva bisogno, indicando in essi i dententori del vilayat-i fiqh, l'autorevolezza del giureconsulto che deriva dalla competenza, ed affidando ad essi la responsabilità dello stato islamico nell'attesa del ritorno escatologico del Mahdi. La costituzione della Repubblica Islamica dell'Iran tenta di conciliare i fondamenti di uno stato islamico con quelli propri di un costituzionalismo che nella regione ha una storia secolare e che non rifugge da quegli elementi importati che non vengano percepiti come contrastanti con quei principi islamici sulla cui interpretazione è possibile esercitare un notevole grado di elasticità.
Il quarto capitolo illustra schematicamente le funzioni delle sette principali figure protagoniste dell'assetto statale: la Guida Suprema, l'Assemblea degli esperti, il Presidente della Repubblica, il Parlamento, il Consiglio dei Guardiani ed il Consiglio per la risoluzione delle controversie. Competenze, responsabilità e limiti di ciascuna istituzione vengono esposte nel loro intreccio, in cui coesistono strumenti ed organi della società civile insieme a figure ed assemblee chiamate a garantire la legittimità della politica dinanzi ai dettami religiosi. Si pone l'accento sull'importanza della Guida Suprema e sulla sua ampia facoltà di intervento, che conta su un avallo costituzionale esteso e determinante tale da sminuire in modo sostanziale l'importanza del Presidente della Repubblica. Il quinto capitolo espone gli strumenti della partecipazione politica. La costituzione fa propria la visione del mondo tipica dello sciismo duodecimano ma non mortifica il ruolo del popolo e nella partecipazione popolare, che rispetto ad altri paesi dell'area raggiunge livelli alti e coinvolgenti. L'armonizzazione tra istanze ultime ed esigenze del mondo contemporaneo è la peculiarità della democrazia religiosa cui sono improntate le istituzioni repubblicane. La costituzione riconosce l'esistenza di tre tipi di associazioni politiche: quelle che perseguono interessi generali, quelle che perseguono interessi particolari e quelle di tipo religioso. Le associazioni sono subordinate al parere di ammissibilità emesso da una commissione appartenente al ministero dell'interno, e sono spesso legate alla personalità dei promotori. Più che di "partiti" veri e propri, la realtà politica iraniana è fatta di "patronati" dalla composizione fluida, dalla vita mutevole e dalle alleanze effimere. L'elettorato attivo è subordinato al controllo religioso del Consiglio dei guardiani, cui spetta la valutazione preventiva dell'affidabilità dei candidati per i principi fondanti della Repubblica. Una funzione ed uno strumento utilizzabili con una forte dose di discrezionalità. Il capitolo si chiude con un'esposizione delle modalità consuete della comunicazione politica -la lezione propagandistica yankee è stata fatta massicciamente propria dalle aggregazioni elettorali iraniane-, del funzionamento degli strumenti refedendari e soprattutto del ruolo e dell'importanza dei principali gruppi di pressione politica, tra cui spiccano la Fondazione degli Oppressi (Bonyad-e mostadafin) e la Fondazione dei Martiri (Bondyad-e Shahid, custodi di veri e propri imperi economici così come l'esercito e i Pasdaran, i Custodi della Rivoluzione. In questo contesto le anjoman, sorta di think tank indipendenti ed intellettualmente reattivi, hanno una funzione di stimolo e di metabolizzazione delle nuove idee.
Il sesto capitolo esamina la situazione concreta dei diritti e delle libertà individuali, sulla carta tra le più liberali della regione ma soggetta ad un sistema di "normativa rinnegante" (definizione di Italo Mereu) che li subordina alla costruzione di una società rivoluzionaria e che lascia spazi molto estesi all'interpretazione caso per caso, generando in un osservatore esterno la sensazione di trovarsi al cospetto di un quadro concretamente contraddittorio.
L'organizzazione del sistema giudiziario viene trattata nel settimo capitolo. La costituzione prevede la presunzione d'innocenza e, su modello francese, l'esistenza di due gradi di giudizio sia per l'àmbito civile che per quello penale, con possibilità di ricorso alla corte suprema per le sole questioni di legittimità. Esistono anche tribunali competenti per materie specifiche, come quello amministrativo o quello per i minorenni. L'azione penale e civile è obbligatoria. La corte suprema non emette giudizi veri e propri, ma comunica per scritto ai giudici che la interpellano la propria interpretazione sulla questione di diritto da loro sollevata. Il sistema penale è improntato alla tradizione, che tuttavia lascia spazi di discrezionalità ai giudici e prevede la possibilità del pentimento del condannato, nonostante l'importanza assegnata all'esemplarità della sanzione. I reati contro l'integrità dello stato o contro la rivoluzione, i casi di spoliazione delle risorse pubbliche, il traffico di stupefacenti sono materia da tribunale speciale; le sentenze dei tribunali speciali sono appellabili solo per vizi di forma, mentre inappellabili in assoluto sono quelle dei tribunali chiamati a giudicare sul comportamento del clero e che dipende in tutto e per tutto dalla Guida.
L'ottavo capitolo è un excursus sulla storia istituzionale recente della Repubblica Islamica dell'Iran e sul suo vivacissimo quadro politico interno: dai tentativi riformatori di Khatami, spesso rispediti al mittente dalle istituzioni religiose, all'avvento di Ahmadinejad ed alla questione nucleare riemersa negli ultimi anni, fino alla cresciuta importanza della Repubblica Islamica come potenza regionale.
Luigi Petrillo, Iran. Bologna, Il Mulino 2008. 190 pp.
Il quarto capitolo illustra schematicamente le funzioni delle sette principali figure protagoniste dell'assetto statale: la Guida Suprema, l'Assemblea degli esperti, il Presidente della Repubblica, il Parlamento, il Consiglio dei Guardiani ed il Consiglio per la risoluzione delle controversie. Competenze, responsabilità e limiti di ciascuna istituzione vengono esposte nel loro intreccio, in cui coesistono strumenti ed organi della società civile insieme a figure ed assemblee chiamate a garantire la legittimità della politica dinanzi ai dettami religiosi. Si pone l'accento sull'importanza della Guida Suprema e sulla sua ampia facoltà di intervento, che conta su un avallo costituzionale esteso e determinante tale da sminuire in modo sostanziale l'importanza del Presidente della Repubblica. Il quinto capitolo espone gli strumenti della partecipazione politica. La costituzione fa propria la visione del mondo tipica dello sciismo duodecimano ma non mortifica il ruolo del popolo e nella partecipazione popolare, che rispetto ad altri paesi dell'area raggiunge livelli alti e coinvolgenti. L'armonizzazione tra istanze ultime ed esigenze del mondo contemporaneo è la peculiarità della democrazia religiosa cui sono improntate le istituzioni repubblicane. La costituzione riconosce l'esistenza di tre tipi di associazioni politiche: quelle che perseguono interessi generali, quelle che perseguono interessi particolari e quelle di tipo religioso. Le associazioni sono subordinate al parere di ammissibilità emesso da una commissione appartenente al ministero dell'interno, e sono spesso legate alla personalità dei promotori. Più che di "partiti" veri e propri, la realtà politica iraniana è fatta di "patronati" dalla composizione fluida, dalla vita mutevole e dalle alleanze effimere. L'elettorato attivo è subordinato al controllo religioso del Consiglio dei guardiani, cui spetta la valutazione preventiva dell'affidabilità dei candidati per i principi fondanti della Repubblica. Una funzione ed uno strumento utilizzabili con una forte dose di discrezionalità. Il capitolo si chiude con un'esposizione delle modalità consuete della comunicazione politica -la lezione propagandistica yankee è stata fatta massicciamente propria dalle aggregazioni elettorali iraniane-, del funzionamento degli strumenti refedendari e soprattutto del ruolo e dell'importanza dei principali gruppi di pressione politica, tra cui spiccano la Fondazione degli Oppressi (Bonyad-e mostadafin) e la Fondazione dei Martiri (Bondyad-e Shahid, custodi di veri e propri imperi economici così come l'esercito e i Pasdaran, i Custodi della Rivoluzione. In questo contesto le anjoman, sorta di think tank indipendenti ed intellettualmente reattivi, hanno una funzione di stimolo e di metabolizzazione delle nuove idee.
Il sesto capitolo esamina la situazione concreta dei diritti e delle libertà individuali, sulla carta tra le più liberali della regione ma soggetta ad un sistema di "normativa rinnegante" (definizione di Italo Mereu) che li subordina alla costruzione di una società rivoluzionaria e che lascia spazi molto estesi all'interpretazione caso per caso, generando in un osservatore esterno la sensazione di trovarsi al cospetto di un quadro concretamente contraddittorio.
L'organizzazione del sistema giudiziario viene trattata nel settimo capitolo. La costituzione prevede la presunzione d'innocenza e, su modello francese, l'esistenza di due gradi di giudizio sia per l'àmbito civile che per quello penale, con possibilità di ricorso alla corte suprema per le sole questioni di legittimità. Esistono anche tribunali competenti per materie specifiche, come quello amministrativo o quello per i minorenni. L'azione penale e civile è obbligatoria. La corte suprema non emette giudizi veri e propri, ma comunica per scritto ai giudici che la interpellano la propria interpretazione sulla questione di diritto da loro sollevata. Il sistema penale è improntato alla tradizione, che tuttavia lascia spazi di discrezionalità ai giudici e prevede la possibilità del pentimento del condannato, nonostante l'importanza assegnata all'esemplarità della sanzione. I reati contro l'integrità dello stato o contro la rivoluzione, i casi di spoliazione delle risorse pubbliche, il traffico di stupefacenti sono materia da tribunale speciale; le sentenze dei tribunali speciali sono appellabili solo per vizi di forma, mentre inappellabili in assoluto sono quelle dei tribunali chiamati a giudicare sul comportamento del clero e che dipende in tutto e per tutto dalla Guida.
L'ottavo capitolo è un excursus sulla storia istituzionale recente della Repubblica Islamica dell'Iran e sul suo vivacissimo quadro politico interno: dai tentativi riformatori di Khatami, spesso rispediti al mittente dalle istituzioni religiose, all'avvento di Ahmadinejad ed alla questione nucleare riemersa negli ultimi anni, fino alla cresciuta importanza della Repubblica Islamica come potenza regionale.
Luigi Petrillo, Iran. Bologna, Il Mulino 2008. 190 pp.