La rivoluzione del 1979 che ha dato vita alla prima repubblica islamica del mondo ha avuto caratteristiche assolutamente specifiche. Nella rivoluzione andò infatti concretizzandosi un assetto statale frutto della mentalità -profondamente imbevuta di giurisprudenza sciita- dell'uomo-guida della rivoluzione, Ruhollah Musavi Khomeini.
Nato nel villaggio di Khumayn e rimasto orfano di padre a pochi mesi dalla nascita, Ruhullah Musavi trascorse a Qom buona parte della propria vita adulta fin quando la sua notorietà, il suo rigore e la sua fama di giurisperito serio ed esperto non cominciarono a diventare un pericolo per il trono di Reza Pahlevi, che lo esiliò prima in Turchia e poi in Iraq. Il Governo Islamico documenta il periodo iracheno di Khomeini, essendo costituito dalla trascrizione di una serie di lezioni che egli tenne a Najaf tra il 1969 ed il 1970.
Quanti avessero limitato la loro conoscenza della rivoluzione iraniana e della Repubblica Islamica dell'Iran a quanto riferito da tv e giornali troveranno nel libro aspetti della questione accuratamente trascurati dalla "libera informazione". Nella prefazione di Franco Cardini la realtà iraniana è così descritta: "L'idea che il visitatore non affetto da pregiudizi si porta con se al riguardo è quello di una tumultuosa democrazia assembleare ("sovietica" nel senso etimologico del termine) di continuo corretta, diretta, controllata -ma a malapena- da un "senato" di austeri giuristi teologi. Un governo che imprigiona e tortura? Alcune testimonianze che ci provengono e che sono attendibili, dànno i brividi: ma con quel che sappiamo su Abu Ghraib, Guantanamo e illegali sequestri di persona della CIA in combutta coi governi europei, francamente noi "democratici occidentali" abbiamo il sospetto di non poter granché far lezione di libertà a nessuno".
Nato nel villaggio di Khumayn e rimasto orfano di padre a pochi mesi dalla nascita, Ruhullah Musavi trascorse a Qom buona parte della propria vita adulta fin quando la sua notorietà, il suo rigore e la sua fama di giurisperito serio ed esperto non cominciarono a diventare un pericolo per il trono di Reza Pahlevi, che lo esiliò prima in Turchia e poi in Iraq. Il Governo Islamico documenta il periodo iracheno di Khomeini, essendo costituito dalla trascrizione di una serie di lezioni che egli tenne a Najaf tra il 1969 ed il 1970.
Quanti avessero limitato la loro conoscenza della rivoluzione iraniana e della Repubblica Islamica dell'Iran a quanto riferito da tv e giornali troveranno nel libro aspetti della questione accuratamente trascurati dalla "libera informazione". Nella prefazione di Franco Cardini la realtà iraniana è così descritta: "L'idea che il visitatore non affetto da pregiudizi si porta con se al riguardo è quello di una tumultuosa democrazia assembleare ("sovietica" nel senso etimologico del termine) di continuo corretta, diretta, controllata -ma a malapena- da un "senato" di austeri giuristi teologi. Un governo che imprigiona e tortura? Alcune testimonianze che ci provengono e che sono attendibili, dànno i brividi: ma con quel che sappiamo su Abu Ghraib, Guantanamo e illegali sequestri di persona della CIA in combutta coi governi europei, francamente noi "democratici occidentali" abbiamo il sospetto di non poter granché far lezione di libertà a nessuno".
La teoria fondante della Repubblica Islamica dell'Iran è l'autorità del dottore della legge, il wilayat i fiqh. Non si tratta di una teoria "conservatice" nel senso corrente del termine perché Khomeini non "restaurò" alcunché e fu il primo ad indicare che al clero sciita, da lui chiamato a prendersi precise e fondamentali responsabilità, spettava il compito di guidare la nazione. Una responsabilità giustificata dalle competenze perché i dottori della legge, sciiti o sunniti che siano, considerano la conoscenza della legge una condizione fondamentale per l'esercizio dell'autorità.
La visione del mondo sciita è incentrata sulla prospettiva escatologica di un ritorno del Mahdi; il governo dei dottori della legge viene concepito e percepito -almeno nella intenzione dei suoi instauratori- come governo di individui competenti, nell'attesa e nella speranza che il tempo dell'Occultamento finisca il più presto possibile.
Nella serie di testi riprodotti nel volume l'ayatollah Khomeini sostiene che non esiste aspetto della vita sociale per il quale l'Islam non abbia una soluzione, o sul quale non sia in grado di legiferare. Illustra poi la necessità di un governo islamico che restituisca non solo all'Iran, ma a tutto dar al'Islam la dignità che gli è stata tolta dal colonialismo europeo ed americano, la cui prassi abituale, consistente nel mettere il clero sciita in condizioni di non poter agire efficacemente, viene da Khomeini descritta e condannata.
Alcuni aspetti giurisprudenziali ed alcuni istituti giuridici previsti dalla dottrina sciita vengono descritti da Khomeini nella loro realizzazione e nei loro effetti pratici; è il caso della imposta patrimoniale, il khums che ammonta ad un quinto delle rendite. La preoccupazione costante dell'autore è quella di confutare i sostenitori della fondamentale inadeguatezza della giurisprudenza sciita nei confronti della complessità delle macchine statali del XX secolo. Molto spazio è dedicato alle prescrizioni ed alle esortazioni che Khomeini rivolge ad un clero in cui gli strumenti delegittimatori del colonialismo avevano operato efficacemente e per molto tempo, fino a portare molti degli stessi credenti alla convinzione che una nazione dell'epoca contemporanea ed un sistema giuridico che non facesse concessioni ai sistemi giuridici delle potenze coloniali -o che non li mutuasse così com'erano- fossero incompatibili. Convintissimo dell'esatto contrario, Khomeini stila in una delle lezioni un preciso programma di lotta per la costituzione del governo islamico. Una lotta che deve cominciare dalle stesse scuole di teologia, fondarsi sul lavoro tenace e sulla competenza di coloro che vi si dedicano.
Imam Ruhollah Khomeini - Il Governo Islamico o l'autorità spirituale del giuriconsulto. Prefazione di Franco Cardini, traduzione dal persiano di Alessandro Cancian. Rimini, Il Cerchio, 2006.
La visione del mondo sciita è incentrata sulla prospettiva escatologica di un ritorno del Mahdi; il governo dei dottori della legge viene concepito e percepito -almeno nella intenzione dei suoi instauratori- come governo di individui competenti, nell'attesa e nella speranza che il tempo dell'Occultamento finisca il più presto possibile.
Nella serie di testi riprodotti nel volume l'ayatollah Khomeini sostiene che non esiste aspetto della vita sociale per il quale l'Islam non abbia una soluzione, o sul quale non sia in grado di legiferare. Illustra poi la necessità di un governo islamico che restituisca non solo all'Iran, ma a tutto dar al'Islam la dignità che gli è stata tolta dal colonialismo europeo ed americano, la cui prassi abituale, consistente nel mettere il clero sciita in condizioni di non poter agire efficacemente, viene da Khomeini descritta e condannata.
Alcuni aspetti giurisprudenziali ed alcuni istituti giuridici previsti dalla dottrina sciita vengono descritti da Khomeini nella loro realizzazione e nei loro effetti pratici; è il caso della imposta patrimoniale, il khums che ammonta ad un quinto delle rendite. La preoccupazione costante dell'autore è quella di confutare i sostenitori della fondamentale inadeguatezza della giurisprudenza sciita nei confronti della complessità delle macchine statali del XX secolo. Molto spazio è dedicato alle prescrizioni ed alle esortazioni che Khomeini rivolge ad un clero in cui gli strumenti delegittimatori del colonialismo avevano operato efficacemente e per molto tempo, fino a portare molti degli stessi credenti alla convinzione che una nazione dell'epoca contemporanea ed un sistema giuridico che non facesse concessioni ai sistemi giuridici delle potenze coloniali -o che non li mutuasse così com'erano- fossero incompatibili. Convintissimo dell'esatto contrario, Khomeini stila in una delle lezioni un preciso programma di lotta per la costituzione del governo islamico. Una lotta che deve cominciare dalle stesse scuole di teologia, fondarsi sul lavoro tenace e sulla competenza di coloro che vi si dedicano.
Imam Ruhollah Khomeini - Il Governo Islamico o l'autorità spirituale del giuriconsulto. Prefazione di Franco Cardini, traduzione dal persiano di Alessandro Cancian. Rimini, Il Cerchio, 2006.