Alla fine dell'estate. Gli anni Ottanta della lotta armata in Italia è un romanzo che inizia con un epilogo. Si apre con la brusca descrizione di un'irruzione notturna e di un arresto improvvisi. "Sono un militante rivoluzionario, mi dichiaro prigioniero politico", dice Dante alla folla di armati che gli si è avventata addosso in un appartamento a Roma, quella sfortunata notte di inizio settembre 1988.
Il flashback inizia subito dopo; i piani temporali della narrazione si alterneranno per tutto il libro capitolo per capitolo a definire intrecci e vicende in un periodo che va dal 1978 all'inizio del secolo successivo, concentrandosi soprattutto sullo specifico del titolo. Il protagonista Dante-Arturo-Giacomo narra in prima persona; le vicende che lo vedono partecipe nell'Organizzazione (detta anche la Ditta o con più precisione Brigate Rosse) a partire dal 1987 e l'operato di chi è incaricato di dare la caccia a lui e ai pochi combattenti sfuggiti alle retate, ai pentimenti, alle delazioni e alle esecuzioni extragiudiziali sono narrate in terza.
Dante ha sedici anni nel 1978. Vive in un quartiere di Firenze Sud, con "adolescenza per motore e ribellione per carburante" in anni in cui "Lenin e i Freak Brothers se ne vanno insieme in corteo giù in centro con gli Stalin per le mani" mentre da quasi tutti i muri "ti saluta l'odore aggressivo della vernice spray" e con "Il Male" si può irridere qualsiasi conformismo compreso il proprio, nonostante l'atmosfera ormai dura e ostile dell'accerchiamento. Il 1978 è anche l'anno dei primi sentori del riflusso, dei John travolta, della "Democrazia Cristiana con i suoi figli Piccoli, Malfatti e Storti", ma nelle scuole l'atmosfera è ancora quella della politica, per lo più quella rosso fòco dei Comitati di Agitazione. Tra discussioni, corsi pomeridiani autogestiti, trucchi per sembrare universitari e presenziare alle assemblee di Lotta Continua alla facoltà di lettere e -va da sé- un rendimento scolastico non troppo in linea con le richieste della Normale di Pisa un Dante ancora senza alias passa in pochi mesi dallo scrivere sui muri invettive contro un vicepreside (con risultati opinabili) al fabbricare e lanciare le prime molotov insieme ad altri adolescenti. Della liceità di certe iniziative nessuno si cura. In quegli anni "la lotta di massa si intreccia alle azioni illegali con estrema naturalezza" e nessuno ne rifugge, nemmeno i servizi d'ordine con cui il più istituzionale dei partiti protegge dai contestatori le proprie manifestazioni di piazza.
Dante arriva sulla scena forte dei racconti e dell'esempio di chi è di pochi anni più vecchio, proprio nei mesi in cui a Firenze Lotta Continua lascia il posto ai collettivi, a gruppetti di amici che formano un magma fluido comunque in grado di determinare ancora per molti anni l'agibilità politica in città fronteggiando perentoriamente gli avversari politici e ancora numeroso e decisivo quanto basta a imporre l'autoriduzione dei biglietti ai concerti o a organizzare campagne contro i mezzi pubblici a pagamento col sabotaggio sistematico delle obliteratrici.
Carlo Frattini ricorda come l'area indefinita e indefinibile dell'autonomia, da cui si separeranno i cammini e i destini più diversi, abbia nel corso degli anni vissuto episodi e vicende destinati a lasciare un segno profondo sul sentire e sull'esistenza stessa di chi vi si riconosceva: tutta la narrazione è punteggiata di richiami a eventi tragici (dalla storia dei fratelli Mantini alla morte di Barbara Azzaroni, dall'uccisione di Francesco Lo Russo a quella di Valerio Verbano), a giornate e periodi che segnarono i momenti più alti e (con sempre maggiore frequenza) quelli più bassi della lotta politica, dal Settantasette bolognese a quella "marcia dei quarantamila" (crumiri) a tutt'oggi cantata da qualche gazzettiere, usata per battere la nuova figura operaia che per dieci anni aveva messo in discussione il sistema stesso della fabbrica, della produzione e del lavoro.
Ma nel libro l'atmosfera di quegli anni è resa anche ricordando le letture da Engels a John Reed (in uno degli episodi salienti sarà fondamentale Lev Tolstoj visto un Guerra e pace presente addirittura in due copie...), gli spettacoli al cinema Universale di via Pisana (dove lo spettacolo era il pubblico) e la musica, con Rino Gaetano, il concerto di De André con la PFM e il grido "Branca branca branca...!" finito sull'album dal vivo e rivendicato (anche!) dal protagonista, il Gianfranco Manfredi che vaticina le vittime collaterali della lotta all'eroina cantando di chi con lo spacciatore ti spaccia lo spacciato.
Fino a quel maggio in cui Dante e un suo compagno dovettero lasciarsi, "in un attimo, tutto alle spalle".
I treni, Roma, i due concetti diversi di clandestinità e di latitanza che sfumano l'uno nell'altro. La caccia all'uomo, gli informatori, i delatori, gli irregolari, la caccia a un deposito di armi sull'Appennino che ha dell'incredibile se si pensa che nella realtà la Ditta compì una delle sue azioni più eclatanti servendosi quasi per intero di residuati. I capelli tinti e gli abiti eleganti, la compartimentazione, il cambiare case e nomi. Fino al cerchio che si chiude.
Carlo Frattini, dice il risvolto di copertina, "è un nome che potrebbe essere un luogo. Un collettivo, una fabbrica, un'assemblea... perché ciò che è interessato a raccontare, sebbene gli occhi di chi l'ha vissuta siano di una sola persona, è una storia collettiva. Una storia vera".
E chi ha vissuto la Firenze del libro non faticherà molto a riconoscervi luoghi e persone.
Carlo Frattini - Alla fine dell'estate. Gli anni Ottanta della lotta armata in Italia. RedStar Press, Roma 2021. 218 pp..