Nel gennaio 2013 la Repubblica Francese ha organizzato un intervento armato nella Repubblica del Mali.
Nei mesi precedenti i due terzi settentrionali del paese erano stati prima terreno di un effimero stato dello Azawad a guida Tuareg, poi terreno d'azione per movimenti armati di cui si è postulato un grado di malvagità sufficiente a giustificare l'intromissione "occidentale". Tutti i movimenti combattenti della regione sono usciti dalla latenza dopo la fine della Grande Jamahiria Araba di Libia Popolare e Socialista, che ha tra le altre cose reso disponibili grossi quantitativi di armamenti.
I combattenti dell'Azawad, a qualunque corrente appartengano, hanno avuto il torto marcio di entrare in azione in una zona per la quale gli "occidentali" avevano ben altri progetti; nessun "osservatorio per i diritti umani" ha dunque preso a cuore la loro causa, e meno che mai le gazzette hanno scomodato "primavere" di qualche genere intanto che si andava velocemente mettendo insieme il necessario per eliminarne l'influenza.
Riferendo sulla questione il gazzettaio ha postulato velocissimo la distruzione col fuoco dei "manoscritti di Timbuctu" ad opera dei munsurmani in ritirata, che come tutti sanno hanno la passione per i roghi dei libri fin dai tempi della Biblioteca di Alessandria. Il comportamento gazzettistico non stupisce nessuno, essendo il dubbio, il rigore documentale e la credibilità delle fonti interpellate cose da cui i sudditi "occidentali" devono essere tenuti lontani ad ogni costo.
E poi ci può scappare una campagna per i "diritti umani" di quelle che lasciano il segno, insieme a qualche ragazza ucraina fatta arrivare in zona col primo volo in partenza e poi fotografata senza vestiti accanto alle rovine fumanti della biblioteca.
Il signor Mohamed Shahid Mathee non fa né il gazzettiere, né la giovane donna esteuropea con pochi abiti addosso, né tantomeno l'attivista per i "diritti umani" travestito da gelataio o da coniglio gigante. Mohamed Shahid Mathee è un ricercatore di cui esiste una presentazione sul sito del dipartimento per gli studi religiosi dell'Università di Cape Town, ed ha scritto quanto segue sulla "distruzione" in oggetto.
Il testo è stato pubblicato in lingua inglese su New Civilisation.
Si pubblica una dichiarazione di Mohamed Mathee, ricercatore, sull'asserita distruzione di manoscritti a Timbuctu, nel Mali.
"Lavoro come ricercatore sui manoscritti di Timbuctu; il progetto di ricerca, iniziato dall'Università di Cape Town, viene oggi portato avanti dall'Università di Johannesburg. Non credo che le cose stiano come si sono affrettati a riferire la BBC ed altri mass media, a detta dei quali degli estremisti islamici avrebbero dato alle fiamme il Centro Ahmad Baba. QUanto riferito dal Guardian, dalla BBC e dagli altri secondo le notizie che vengono dal Mali è frutto di esagerazioni. Il nuovo edificio non è stato dato alle fiamme, e di fatto sembra che i combattenti di Ansar ad Din e degli altri movimenti lo abbiano tenuto con una certa cura.
Secondo un ricercatore del Centro Ahmed Baba, diecimila manoscritti si trovavano nel nuovo edificio, che è un archivio costruito dal governo sudafricano e dalla società civile. Secondo il dottor Mahmoud Zubeir, che è direttore del Centro Ahmed Baba e consigliere dell ex presidente Ahmadou Tomane Touré questi diecimila manoscritti sono stati da molto tempo portati al sicuro.
E' possibile che le custodie vuote appartengano a manoscritti che sono stati distrutti mentre era in corso il loro restauro. Al Centro Ahmed Baba i restauri sono in corso di continuo, così come lo sono presso biblioteche private come il consorzio SAVAMA, perché arrivano continuamente manoscritti da tutto l'Azawad; ho assistito alla cosa con i miei occhi mentre facevo il ricercatore allo Ahmed Baba. Una mia collega che a sua volta è adesso ricercatrice a Timbuctu mi ha riferito che si tratta di pochi manoscritti.
C'è anche la possibilità che le custodie appartengano a manoscritti rubati: a Timbuctu c'è una continua ruberia di manoscritti che vengono poi rivenduti, di solito a qualche occidentale e per i motivi più diversi.
E' certamente possibile che Ansar ad Din abbia distrutto qualcosa nel corso della sua repentina ritirata, ma non ci si deve dimenticare che sono stati i francesi a mettere in piedi questa diceria, in primo luogo per legittimare meglio la loro invasione illegale, ed in secondo luogo perché se saranno gli invasori a distruggere i manoscritti a Timbuctu (così come è successo in Iraq) la colpa ricada comunque su quei cialtroni di Ansar ad Din. I mass media, vale a dire la BBC ed altri simili, si comportano come un codazzo di penne vendute ed hanno riferito con entusiasmo degli edifici e dei manoscritti dati alle fiamme.
A chi frequenta ambienti accademici non interessa farsi atterrire e scioccare; gli interessa che si presti attenzione a Timbuctu, oggi e sempre. Questa grande città africana, col suo retaggio intellettuale, ha moltissimo da offrire. Se esistono circa centomila manoscritti, trentunomila dei quali si trovano al Centro Ahmed Baba, un accademico considera una tragedia per la scienza il fatto che soltanto un migliaio di essi siano stati letti ed esaminati da persone che non fossero cittadini del Mali e di Timbuctu, che per lo più non hanno competenze accademiche. Dobbiamo rendere omaggio a John Hunwick, che è probabilmente rimasto distrutto a sentire la notizia, e ad altro personale accademico come quello che nel corso dei progetto varato a Cape Town da nove anni si sta occupando dei manoscritti.
Soprattutto, dobbiamo essere grati alla coraggiosa popolazione di Timbuctu.
Forse l'occasione è adatta per condividere le parole dello studioso Ahmad Baba al Sudani (1556-1627), dal quale la biblioteca prende il nome; Ahmad Baba scrisse dapprima dall'esilio -vi fu costretto nel 1593 dall'invasione dei Saadi marocchini- e poi dal carcere.
Tu che sei sulla via per Gao, vai verso la mia città.
Di' a bassa voce il mio nome e omaggia tutti i miei cari,
Con i più sentiti saluti che chi è da tanto tempo esule ha
Per la sua terra natale, per il suo prossimo, per il suo compagno ed il suo amico.
L'invasione francese, anche lasciando da parte il fatto che la presa del potere da parte di Ansar ad Din e del Movimento nazionale di Liberazione dell'Azawad sono stati degli atti di ignobile arbitrio, non è diversa dall'invasione e dalla distruzione dell'impero Songhai nel 1591. Se mai, si tratta di qualcosa di peggio innanzitutto perché si vuole che quella di oggi sia un'epoca di "uguaglianza" tra le nazioni, e poi perché negli ultimi quindici anni abbiamo visto tutti che razza di macelli causino le aggressioni unilaterali.