Si copia ed incolla dal blog di Miguel Martinez la comunicazione di una di quelle iniziative contro il progresso e per la civiltà per le quali Firenze è giustamente famosa. Il nome dello stato che occupa la penisola italiana ricorre nel testo originale; ce ne scusiamo con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
Questo sabato [il 24 novembre 2012], in Piazza Tasso nell’Oltrarno, faremo la prima Festa NoScav, per preparare i drappi da appendere dalle finestre: No al parcheggio interrato di Piazza del Carmine.
Questo sabato [il 24 novembre 2012], in Piazza Tasso nell’Oltrarno, faremo la prima Festa NoScav, per preparare i drappi da appendere dalle finestre: No al parcheggio interrato di Piazza del Carmine.
La cosa funziona così.
C’è una signora che gira
sistematicamente il quartiere raccogliendo firme contro il parcheggio –
dovrebbe essere più o meno a quota mille, ormai.
Le viene in mente un disegno e lo slogan “NoScav”, visto che vogliono scavare tre piani sotto terra nel melmoso terreno davanti alla Basilica di Santa Maria del Carmine.
Ma lei non sa disegnare bene, e così mi passa la bozza, perché almeno io ci capisco di computer.
Contatto una signora che so che è una brava grafica, e lei produce un logo, dove il profilo della chiesa si riflette nella grande buca.
Due madri casalinghe – la moglie del bronzista e la moglie del falegname – si offrono per preparare i rinfreschi, un padre napoletano
si offre per fare animazione con i bambini, un idraulico pugliese aiuta
a trovare i colori, e a suonare il violino ci dovrebbero essere una
bambina moldava, una italo/americana e una italo/messicana.
La proprietaria di una piccola ditta
porta invece un gran rotolo di stoffa bianca che ha trovato a poco
prezzo per fare i drappi.
Io distribuisco i volantini davanti a
una scuola elementare e una scuola dell’infanzia, perché deve essere una
cosa di tutto il quartiere. E tante famiglie dicono che verranno – c’è
anche una bambina che dice, “mamma, sabato posso protestare anch’io?” E discutiamo con la famiglia di artisti che abita nella piazza sul modo migliore per esporre il loro striscione.
Poi, mentre si sfoga con me il kebabbaro pakistano, che probabilmente dovrà chiudere quando i camion inizieranno a sfilare davanti alla sua bottega, mi saluta un pensionato
che sta partendo per raccogliere le firme contro il parcheggio e poi
uno che ha lavorato tutta la vita negli asili nido, che sta andando in
giro a portare altri volantini.
Tutto questo è possibile, perché è così ovvio ciò che sta succedendo.
L’ultimo scampolo di vita vera di
Firenze, con i suoi anziani, i suoi piccoli commercianti e i suoi
immigrati, sta per essere colonizzato, e si riesce anche a seguire il
percorso, quando tante persone tengono gli occhi aperti.
A Piazza Brunelleschi, che non è nell’Oltrarno, sorgerà un parcheggio gemello, in grado di attirare nuovi flussi di traffico
nelle strette viuzze storiche. E proprio lì, chi lavora in ambiente
accademico ci avverte che hanno sfrattato da poco alcuni uffici
dell’Università, per farci un grande albergo.
Alla periferia del nostro quartiere, invece, c’è il Gasometro di Via Anconella, un affascinante oggetto di archeologia industriale. Il Comune ha deciso che dovrà diventare un Centro Benessere/ristorante, ovviamente in mani private. Lo studio di fattibilità del progetto reca l’intestazione, “Per una Firenze più coraggiosa, più semplice, più bella“, e già questo dovrebbe indisporre qualunque persona sana di mente.
Lo studio parla di attirare in zona il “bacino di utenza rinvenibile all’interno della popolazione non residente nel Comune di Firenze” e “turisti momentaneamente presenti nel territorio del Comune di Firenze o in quelli limitrofi”.
Il primo bando per trasformare il Gasometro in un parco gioco per adulti che non sanno dove sbattere il SUV è andato deserto,
e il senso non sfugge a chi come me fa da interprete da una vita per
imprenditori: i tre o quattro potenziali candidati hanno deciso insieme
di aspettare il prossimo bando, per far scendere il prezzo.
Ora, nello stesso studio di fattibilità, si spiega perfettamente il motivo per cui bisogna conquistare l’Oltrarno, ancora “sfruttabile” a differenza delle zone “sature“:
“Un’analisi geografica della distribuzione delle attività di ristorazione (rappresentati nella figura dai pallini rossi) permette di rilevare che la concentrazione delle attività la si ha soprattutto nel centro storico del Comune di Firenze mentre la zona di mercato interessata dal progetto di recupero dell’ex-gasometro, nella quale l’attività di ristorazione dovrà essere localizzata, risulta essere meno satura e quindi più sfruttabile sia nei confronti dei soggetti residenti nella medesima zona che di quelli residenti nei comuni limitrofi per iquali raggiungere il centro storico potrebbe risultare maggiormente scomodo”.
E pensate che solo da un lato del Gasometro – quello meno commerciale – ci sono già ventisette tra ristoranti, bar, rosticcerie, pizzerie e birrerie.
Cento metri più in qua, in Piazza dei Nerli, c’è tutto un palazzone che è stato comprato dal più ricco albergatore di Firenze.
Solo che davanti c’è un mercatino, che
verrà opportunamente spostato in Via Aleardi, attualmente percorsa dalle
automobili. Ma la soluzione magica è sempre pronta: anche in Via
Aleardi, pare, faranno un parcheggio sotterraneo, e il mercatino lo
piazzeranno sopra.
Tutto questo dispositivo sarà servito riducendo la zona a traffico limitato e costruendo appunto il parcheggio di Piazza del Carmine.
Due piccioni con una fava, perché si
vetrinifica anche questo pezzo di Firenze e si rende impossibile la vita
ai residenti, come nei palazzi vuoti dell’altra riva dell’Arno, in
terra di “pub crawling“: cercate in rete e troverete che ci sono apposite agenzie
che prendono giovanissimi statunitensi, sovreccitati per avere scoperto
l’alcol libero, e li portano di locale in locale a bere finché non
svengono per strada in mezzo al proprio vomito.
Anzi, con l’operazione, ne prendono tre di piccioni. Perché dietro il parcheggio c’è Marco Carrai, che come abbiamo visto è anche il finanziatore del sindaco Matteo Renzi, attualmente in giro per l’Italia a dire che lui sì cambierà tutto.
La ciliegina sulla torta: dicono che Piazza Tasso, un fantastico biosistema di cento etnie che convivono felicemente, stia per essere sottoposta a una gara internazionale
per architetti creativi. Che saranno concordi sicuramente nel
sostituire il campetto di calcio (quello che vede partite di studenti
americani contro marocchini) con i parti mostruosi delle loro fantasie.
Ma questa ossessione con lo sviluppo spettacolare rientra in un quadro ancora più vasto, che viene spiegato piuttosto bene dal giornalista economico del Sole 24 Ore, Augusto Grandi, parlando della politica di Mario Monti:
“Il modello è quello di un’Europa del sud trasformata in una sorta di Bangladesh per l’Europa del nord. Bassi salari, fuga dei cervelli e importazione di braccia per lavori non qualificati. Ma un Bangladesh anche a vocazione turistica. Il paradiso dove verranno a svernare ricchi cinesi e tedeschi, russi e americani. Perché l’Italia? Perché la Grecia è troppo piccola e debole per sperimentare un modello. L’Italia è la terza economia europea, la seconda manifatturiera. Dunque la sperimentazione ha davvero senso.”
In circostanze come queste, in cui la sopravvivenza entra in ballo, nasce una meravigliosa chiarezza.
Il tremendo dispositivo unitario del
potere politico (di destra o di sinistra poco importa), del turismo di
massa, della mercificazione, dello spettaccolo/immagine, del traffico
automobilistico, dell’inquinamento è evidente, come è evidente
ciò che significa per le famiglie, per gli anziani che non vogliono
andarsene, per gli immigrati che tornano stanchi dal lavoro.
E per tutti coloro che temono che
saranno costretti a ricominciare la vita in un altro quartiere, solo per
far guadagnare un altro po’ di soldi a un albergatore, ad Armani o a un
venditore di superalcolici per adolescenti californiani.
La parola dispositivo ce l’ho messa io, perché oltre a capirci di computer, parlo pure complicato.
Ma per il resto, sono i ragionamenti che sento fare da tanti in questi giorni.