Nel luglio 2001 la città di Genova fu palco oscenico di un incontro fra mustakbirin, riunitisi tra le altre cose per celebrare l'inizio del "nuovo secolo ameriKKKano".
Il progetto di dominio amriki sul mondo, in cui non si sapeva bene quali rimasugli, quali briciole, quali elemosine c'era l'intenzione di lasciare agli "alleati", poteva già contare su un buon numero di pianificazioni operazionali basate sulla sopraffazione, il disprezzo dei trattati internazionali e l'uso abituale dell'intimidazione, della forza e delle aggressioni armate. Tutte cose già da tempo pronte nei cassetti.
Non è qui il caso di ripetere nei dettagli la storia di uno degli eventi sociopolitici maggiormente mediaticizzati di tutta la storia del continente. Basterà ricordare che questi insultanti sfoggi di opulenza e di potere erano molto propagandati e molto frequenti all'inizio del XXI secolo e che la presenza di nutrite manifestazioni di segno contrario forniva il materiale umano necessario alle esercitazioni repressive delle gendarmerie nazionali, oltre al materiale mediatico utilizzabile per la distruzione e la delegittimazione quotidiana di qualsiasi individuo od organizzazione venissero percepiti come portatori di dissensi anche minimi.
Tutta la feccia gazzettiera che il "paese" dove mangiano maccheroni fosse in grado di secernere fu dunque scolmata nella Genova di luglio; anche senza gli eventi che sarebbero seguiti di lì a poco, a cominciare dall'innovativa e radicale operazione urbanistica realizzata a New York da un ingegnere saudita dall'aspetto dimesso, era già chiaro che una macchina da propaganda impermeabile alle confutazioni come soltanto lo sono i propagandisti ed i folli si sarebbe occupata di imporre la volontà amriki anche ai più refrattari.
Con le buone o con le cattive, precedendo abitualmente nei linciaggi e nelle condanne (sempre inappellabili, di solito anche preventive) qualsiasi genere di potere giudiziario.
Dopo il secondo giorno di scontri di piazza, la gendarmeria dello stato che occupa la penisola italiana aggredì col favore delle tenebre le decine di attivisti politici assolutamente inermi che alloggiavano in una scuola. Il casus belli fu preparato in modo eccezionalmente maldestro simulando un accoltellamento e introducendo improbabili armi da guerra nell'edificio appena espugnato. Si contava, con ogni evidenza, su un appoggio mediatico privo di incrinature.
Quelli delle gazzette fecero effettivamente del loro meglio, a prodromo di quella prassi che la "libera informazione" avrebbe adottato in blocco per i dieci anni successivi mettendosi in discussione -assai di rado- solo dopo essersi scorticata il grugno sui conti in rosso di molte testate "giornalistiche" arrivate ad affastellare tanta e tale spazzatura da essere riuscite a disgustare anche i potenziali inserzionisti. In concreto, ampio spazio e ancora più ampia credibilità fu data ad un certo "dottor" Roberto Sgalla, portavoce del ministero per gli affari interni, convintissimo che le tracce eloquenti sui muri della scuola assaltata fossero di salsa di pomodoro e non di sangue.
La cosa in sé non sarebbe neppure troppo grave: sui sudditi dello stato che occupa la penisola italiana vengono rovesciate ogni giorno molte menzogne assai peggiori, che hanno sempre ottenuto avallo e approvazione incondizionata a testimonianza del livello scimmiesco raggiunto da quello che un tempo poteva raccontare a se stesso di essere un corpo sociale consapevole e partecipe.
Il problema è che negli anni successivi e sulla scorta di skills come questi, la classe politica, i suoi bracci armati e il mainstream mediatico si sono arrogati in mezzo alle risate inarticolate dei loro degnissimi sudditi il diritto di insegnare alla gente perbene, come quella del Golestan e della valle dei Due Fiumi, in che modo si dovesse stare al mondo.
Nonostante il profluvio di buona volontà le incrinature nell'appoggio mediatico ci furono, furono molte e furono sostanziali.
Tanto sostanziali da portare ad un processo lungo oltre dieci anni.
Che ha portato ad una sentenza grande quanto un topolino.
Ma un topolino abbastanza molesto, perché allontana dalle loro poltrone alcuni vertici di uno dei corpi armati dello stato che occupa la penisola italiana.
I corpi armati dello stato che occupa la penisola italiana possono in buona parte essere considerati delle lobby "occidentaliste"; di qui le molte attestazioni di stima che il politicame "occidentalista" ha prodotto nei confronti dei condannati, il cui numero sta sulle punte delle dita.
Si tratta di materiale di comune produzione, parte della quotidiana messe di menzogne che l'"occidentalismo" impone ai sudditi, ma che può valere come caso specifico per enucleare alcune delle fallacie logiche e delle menzogne che costituiscono la parte essenziale della propaganda "occidentalista".
In particolare un certo Nicola Nascosti, coordinatore provinciale (in tutti i sensi) del maggior partito "occidentalista" della penisola italiana, riferisce al solito foglietto amico ("Il Giornale della Toscana", 7 luglio 2012) che
"Finché in questo Paese [si tratta dello stato che occupa la penisola italiana; la maiuscola ovviamente è nell'originale. N.d.A.] dedicheremo le aule di Palazzo Madama a chi "inseguiva" i suoi sogni brandendo un estintore contro una camionetta dei Carabinieri e condanneremo all'interdizione dai pubblici uffici valenti servitori dello Stato, difficilmente risuciremo a tracciare un solco definito tra legalità e illegalità".
La dichiarazione rilasciata al fogliettame da Nicola Nascosti contiene due deliberate e consapevoli fallacie logiche. Cominciamo con la prima.
Palazzo Madama è un edificio di Roma. Lo stato che occupa la penisola italiana ne ha fatto la sede della propria camera alta. Una delle sale, dal 2006 e per un paio di anni successivamente, fu dedicata al giovane genovese Carlo Giuliani. La dedica fu decisa non per aver "inseguito i propri sogni brandendo un estintore" ma per esser stato martirizzato dall'altrettanto giovane gendarme Mario Placanica.
La vita di Carlo Giuliani finì in quella piazza genovese: dal momento che il tutto era successo a Genova e non a Tehran, la marmaglia gazzettista non scomodò nessun paragone lusinghiero ed intraprese invece una lunga campagna di denigrazione.
La vita di Mario Placanica continuò.
Mario Placanica diventò ipso facto l'idolo della feccia "occidentalista" maggiormente aderente al proprio ruolo e venne ricoperto d'oro da una pubblica sottoscrizione lanciata da un fogliettista entusiasta per la lezione che aveva impartito ai manifestanti. Si scoprì anche una vocazione politica: un partito "occidentalista" lo candidò a Catanzaro facendogli ottenere una trentina di voti. Al momento in cui scriviamo Mario Placanica è imputato in un processo penale, in cui non lo accusano propriamente di aver esagerato con le armi per difendere la patria da un'orda bolscevica.
La seconda fallacia logica sta nel fatto che i gendarmi condannati non sono stati allontanati dalla loro poltroncina perché "servi dello Stato" ma perché ritenuti, probabilmente con un buon grado di verosomiglianza, colpevoli di falso aggravato.
Nonostante i molti anni di potere "occidentalista" neppure lo stato che occupa la penisola italiana dispone di tribunali in grado di emettere sentenze basate sulle intenzioni. Persino il collegamento tra reddito degli imputati e sentenza definitiva non mostra quel valore 1 per la correlazione tra povertà e colpevolezza che gli "occidentalisti" vorrebbero rappresentante una specie di invariante.
Siamo dunque davanti all'ennesimo fallimento della politica "occidentalista"; nonostante i molti anni in cui ha potuto agire indisturbata e contando su un controllo assoluto di ogni carica elettiva, non è neppure triuscita ad imporre la propria distinzione tra "legalità" ed "illegalità", che l'esperienza quotidiana autorizza a ritenere basata non certo su quanto prodotto da organi legislativi e giuridici, quanto su parametri come l'eleganza nel vestire, il tipo e soprattutto il costo dei ristoranti frequentati o -per le giovani donne- la più o meno esibita disponibilità sessuale.