L'agenda setting è soggetto alle mode come e più di molti altri contesti. L'immagine qui sopra ritrae una donna irachena all'uscita di un seggio elettorale, risale probabilmente al 2005 ed è da tempo fuori moda. Dunque irrilevante se non inesistente, secondo il pensiero e le convenienze "occidentaliste".
Chiuso da tempo il periodo in cui alle consultazioni elettorali irachene venivano attribuite caratteristiche pressoché taumaturgiche, le gazzette non hanno ritenuto necessario dare troppa visibilità ad una consultazione elettorale tenutasi nella Repubblica Araba di Siria, secondo la prassi che impone di far scivolare in secondo piano qualunque evidenza che contraddica la visione del mondo che il gazzettaio è tenuto a veicolare.
La "libera informazione" ha come prassi consolidata quella di delegittimare, o nel migliore dei casi di far passare sotto silenzio, tutti i risultati elettorali non in linea con i pronostici "filooccidentali" più smaccati. Secondo fonti governative siriane oltre il 57% dell'elettorato siriano ha votato, con buona pace delle gazzettine che auspicavano con sicumera una "scarsa affluenza"; a favore della nuova costituzione -che tra le altre cose elimina il ruolo di preminenza del partito governativo- si è espresso oltre l'89% dei votanti. Non si tratta di percentuali inverosimili ed è difficile attribuirle a meri intenti propagandistici; si tratta di dati in sostanziale accordo con le affermazioni di chi considerava circa il 55% del corpo elettorale favorevole al governo di Assad all'inizio dei combattimenti, il che fa pensare che lo scoperto intento della "comunità internazionale" di distruggere Assad ed il suo governo abbia fino a questo momento spostato gli equilibri di poche o punte posizioni.
La propaganda "occidentale" sugli avvenimenti in corso ha saturato il mainstream fin dai primi scontri di piazza, con l'ovvio risultato che a distribuire patenti di democrazia, e a negarle d'ufficio al governo siriano, c'è una compagine di politici "occidentali" che è sostanzialmente complice e connivente con le monarchie del Golfo che hanno scatenato la guerra in Siria allo scopo di spezzare il fronte della resistenza antisionista.
Chiuso da tempo il periodo in cui alle consultazioni elettorali irachene venivano attribuite caratteristiche pressoché taumaturgiche, le gazzette non hanno ritenuto necessario dare troppa visibilità ad una consultazione elettorale tenutasi nella Repubblica Araba di Siria, secondo la prassi che impone di far scivolare in secondo piano qualunque evidenza che contraddica la visione del mondo che il gazzettaio è tenuto a veicolare.
La "libera informazione" ha come prassi consolidata quella di delegittimare, o nel migliore dei casi di far passare sotto silenzio, tutti i risultati elettorali non in linea con i pronostici "filooccidentali" più smaccati. Secondo fonti governative siriane oltre il 57% dell'elettorato siriano ha votato, con buona pace delle gazzettine che auspicavano con sicumera una "scarsa affluenza"; a favore della nuova costituzione -che tra le altre cose elimina il ruolo di preminenza del partito governativo- si è espresso oltre l'89% dei votanti. Non si tratta di percentuali inverosimili ed è difficile attribuirle a meri intenti propagandistici; si tratta di dati in sostanziale accordo con le affermazioni di chi considerava circa il 55% del corpo elettorale favorevole al governo di Assad all'inizio dei combattimenti, il che fa pensare che lo scoperto intento della "comunità internazionale" di distruggere Assad ed il suo governo abbia fino a questo momento spostato gli equilibri di poche o punte posizioni.
La propaganda "occidentale" sugli avvenimenti in corso ha saturato il mainstream fin dai primi scontri di piazza, con l'ovvio risultato che a distribuire patenti di democrazia, e a negarle d'ufficio al governo siriano, c'è una compagine di politici "occidentali" che è sostanzialmente complice e connivente con le monarchie del Golfo che hanno scatenato la guerra in Siria allo scopo di spezzare il fronte della resistenza antisionista.