Traduzione da Cultures of Resistance
A detta di molti, la rivoluzione islamica in Iran si definisce attorno al concetto di vilayat-i-fiqh, autorità spirituale del giureconsulto, che fu introdotto dall'Imam Khomeini. Possa Dio santificare la sua anima.
Sheikh Chafiq Jeradeh
Quello di vilayat-i-fiqh è un concetto islamico basato sui valori espressi dall'idea, che proviene dalla gnosi sufi, secondo la quale è possibile agli esseri umani ascendere per gradi nella conoscenza di se stessi fino a raggiungere la condizione di "Esseri umani perfetti". A chi riesce a raggiungere questo livello si fa di solito riferimento con l'espressione "il Polo", o "il Polo dei Poli". Nella gnosi si ritiene che questo stato dell'essere implichi degli obblighi contrattuali precisi, tra i quali anche obblighi di tipo politico, verso ogni essere umano che percorre lo stesso cammino. Questo implica che rivestire un ruolo guida richiede anche una comprensione approfondita della legge e l'applicazione dei principi islamici nella vita quotidiana delle persone e delle società islamiche. Oltre a queste conoscenze giuridiche un leader deve possedere le competenze necessarie a dirigere e ad organizzare gli elementi della società: deve essere in grado di agire sul piano politico tenendo presente l'esempio fornito da Muhammad (benedizione su di Lui) e dai suoi legittimi successori che hanno oranizzato le prime comunità di credenti.
Quello che è notevole nel vilayat-i-fiqh e nell'atto rivoluzionario dal quale è sorta la Repubblica Islamica dell'Iran, è l'interazione tra lo sviluppo del concetto di autorità spirituale del giureconsulto e la realtà dell'azione rivoluzionaria nel cui contesto esso è stato sviluppato. Il progressivo impatto con la realtà politica e le nuove sfide imposte man mano dalla rivoluzione hanno rafforzato il processo di costruzione ed hanno permesso al costrutto di crescere assumendo una portata più ampia ed acquistando nuove dimensioni.
Più il concetto di autorità spirituale del giureconsulto si espandeva ed acquisiva consistenza, più contribuiva a diffondere una nuova atmosfera tra gli iraniani in generale. In più, l'idea di una guida politica conforme ad esso apriva orizzonti nuovi per i rapporti con l'ordine internazionale e nel campo militare e scientifico, a causa della sua intenzione dichiarata di voler arrivare a realizzare un ciclo per il combustibile nucleare. Questa ambizione è stata collocata all'interno di un quadro morale e religioso che proibisce l'uso del nucleare come arma, considerato opposto all'utilizzo pacifico dell'energia che deriva dal combustibile nucleare.
Sono dell'opinione che il concetto di vilayat-i-fiqh possa senza dubbio evolversi ulteriormente e che certo non sia qualcosa di immutabile; non ha assunto una forma definitiva perché si colloca all'intersezione tra la struttura religiosa deputata a regolare la vita di ogni giorno ed il desiderio di vivere in armonia con i valori divini.
Sia la sostanza che i dettagli del vilayat-i-fiqh possono cambiare, e dovrebbero rispondere alle necessità man mano presentate dai luoghi e dai tempi. La necessità di adattarsi nel modo giusto spiega perché il concetto di autorità spirituale del giureconsulto è cambiato e si è sviluppato durante gli ultimi anni della vita dell'Imam Khomeini (Dio benedica la Sua anima). Attraverso le fasi della preparazione della rivoluzione, della rivoluzione e della fondazione dello stato, della guerra imposta e della costituente, il concetto si è evoluto sotto la pressione degli eventi. Questa trasformazione non è stata sempre evidente nel corso della vita dell'Imam Khomeini (Dio benedica la sua anima), in gran parte a causa del fatto che fu un periodo di straordinari cambiamenti e che l'imponente figura del fondatore mise in ombra la questione.
Dopo la dipartita dell'Imam (Dio benedica la sua anima) e dopo che l'Imam Khamenei ne ebbe assunto la carica, il metodo dell'Imam, il wali fiqh, andò incontro ad un dibattito che coinvolse tre temi di rilievo.
In primo luogo, fino ad ora le tensioni tra i principi religiosi che vi sottostanno e le strutture dello stato contemporaneo e dell'ordine internazionale non sono state ancora risolte in modo soddisfacente. La relazione tra i valori islamici, che pretendono un coinvolgimento diretto negli affari politici e sociali, e l'ordine mondiale dominante che viene influenzato dai costumi, dalle idee, dai metodi e dalle istituzioni contemporanee pone ogni istante l'Iran davanti ad un confronto tra i valori dell'Islam ed i valori del resto del mondo, che sono frutto della cosiddetta "modernità".
Tutti i movimenti islamici hanno a che fare con dilemmi di questo tipo, ma in Iran questo conflitto potenziale assume una forma più seria, perché l'Iran è uno stato dottrinale che ha superato i limiti intrinseci nell'essere un movimento piuttosto che uno stato vero e proprio. L'Iran inoltre, caso forse unico al mondo, possiede il pregio di avere la possibilità di trovare un punto di equilibrio tra queste due correnti opposte.
Queste tensioni sono tuttavia evidenti nell'Iran di oggi: hanno dato origine ad una corrente di pensiero interna alla società che cerca di porre la religione dottrinale all'interno di una cornice laica, e che desidera fondare anche le strutture della politica su una base laica dello stesso genere. Questo ha suscitato una doppia reazione da parte dei partiti religiosi: alcuni si sono arroccati attorno alla formula del vilayat-i-fiqh ed a respingere qualunque nuova idea in proposito che emerga dall'agone politico o dal mondo intellettuale iraniano. Questo ha anche condotto ad una più ampia discussione sul rapporto che esiste tra l'Islam ed il vilayat-i-fiqh, al cui centro c'è la questione dell'islamizzazione dei sistemi di governo che caratterizzano le istituzioni contemporanee. Un'altra corrente si muove invece nella direzione opposta, cercando il modo di sottoporre a revisione il concetto di autorità spirituale del giureconsulto in modo che rifletta meglio la realtà contemporanea e le sue necessità.
Questo è il dilemma che stanno affrontando l'attuale wali-i-fiqh (il giureconsulto guardiano, ovvero l'Imam Khamenei) e le istituzioni che ad esso fanno capo.
Durante la permanenza in carica dell'Imam Khamenei presso alcuni circoli sono inoltre cominciate discussioni su questi argomenti.
Primo. Il concetto di "autorità spirituale" presuppone una trasmissione di competenze cognitive per proprio conto, che da sola permette al Wali (la Guida Suprema) di rivestire un ruolo guida e di dare un indirizzo al mondo attuale, oppure occorre anche una consolidata esperienza di governo, oltre a quella speciale visione delle cose che soltanto l'aver compiuto profondi progressi spirituali può garantire?
Secondo. L'autorità spirituale del giureconsulto possiede una data forma ed una forma soltanto, quella che ha assunto negli ultimi anni della vita dell'Imam Khomeini, oppure esistono altre possibili forme, che l'Imam Khamenei può a sua volta rivelare?
Terzo. Infine, il concetto posa su una base di accettazione popolare e di impegno all'interno dei ranghi delle élite iraniane, oppure si basa sulle circostanze emotive della rivoluzione? Si tratta di un importante punto che ha bisogno di essere chiarito, perché una risposta chiara a questa domanda definirebbe per noi quali sono le possibilità di un disaccordo tra le élite iraniane e la volontà popolare.
Esiste poi in Iran un dibattito annoso e perennemente rinnovato: la politica iraniana deve svilupparsi all'insegna delle logiche dell'interesse o all'insegna delle logiche dell'ideologia? Gli interessi iraniani sono una mera questione interna, o si intrecciano a quelli di altri popoli che sostengono gli stessi valori islamici della rivoluzione?
Il discutere su simili questioni, a prima vista, sembra non avere implicazioni che vadano al di là del porsi qualche interrogativo. Se però consideriamo la natura dottrinale dello stato e l'orientamento della formazione culturale del popolo, comprendiamo che ciascuno di questi interrogativi ed il dibattito che essi suscitano hanno un impatto ed hanno delle conseguenze la cui potenziale portata si presta poco alle previsioni. Solo il tempo e l'esperienza permetteranno di trarre conclusioni, consentendo di vedere in quale misura questi interrogativi potranno essere risolti.
Sheikh Chafiq Jeadeh dirige l'Istituto della Conoscenza Spienziale per gli studi religiosi e filosofici di Beirut.
A detta di molti, la rivoluzione islamica in Iran si definisce attorno al concetto di vilayat-i-fiqh, autorità spirituale del giureconsulto, che fu introdotto dall'Imam Khomeini. Possa Dio santificare la sua anima.
Sheikh Chafiq Jeradeh
Quello di vilayat-i-fiqh è un concetto islamico basato sui valori espressi dall'idea, che proviene dalla gnosi sufi, secondo la quale è possibile agli esseri umani ascendere per gradi nella conoscenza di se stessi fino a raggiungere la condizione di "Esseri umani perfetti". A chi riesce a raggiungere questo livello si fa di solito riferimento con l'espressione "il Polo", o "il Polo dei Poli". Nella gnosi si ritiene che questo stato dell'essere implichi degli obblighi contrattuali precisi, tra i quali anche obblighi di tipo politico, verso ogni essere umano che percorre lo stesso cammino. Questo implica che rivestire un ruolo guida richiede anche una comprensione approfondita della legge e l'applicazione dei principi islamici nella vita quotidiana delle persone e delle società islamiche. Oltre a queste conoscenze giuridiche un leader deve possedere le competenze necessarie a dirigere e ad organizzare gli elementi della società: deve essere in grado di agire sul piano politico tenendo presente l'esempio fornito da Muhammad (benedizione su di Lui) e dai suoi legittimi successori che hanno oranizzato le prime comunità di credenti.
Quello che è notevole nel vilayat-i-fiqh e nell'atto rivoluzionario dal quale è sorta la Repubblica Islamica dell'Iran, è l'interazione tra lo sviluppo del concetto di autorità spirituale del giureconsulto e la realtà dell'azione rivoluzionaria nel cui contesto esso è stato sviluppato. Il progressivo impatto con la realtà politica e le nuove sfide imposte man mano dalla rivoluzione hanno rafforzato il processo di costruzione ed hanno permesso al costrutto di crescere assumendo una portata più ampia ed acquistando nuove dimensioni.
Più il concetto di autorità spirituale del giureconsulto si espandeva ed acquisiva consistenza, più contribuiva a diffondere una nuova atmosfera tra gli iraniani in generale. In più, l'idea di una guida politica conforme ad esso apriva orizzonti nuovi per i rapporti con l'ordine internazionale e nel campo militare e scientifico, a causa della sua intenzione dichiarata di voler arrivare a realizzare un ciclo per il combustibile nucleare. Questa ambizione è stata collocata all'interno di un quadro morale e religioso che proibisce l'uso del nucleare come arma, considerato opposto all'utilizzo pacifico dell'energia che deriva dal combustibile nucleare.
Sono dell'opinione che il concetto di vilayat-i-fiqh possa senza dubbio evolversi ulteriormente e che certo non sia qualcosa di immutabile; non ha assunto una forma definitiva perché si colloca all'intersezione tra la struttura religiosa deputata a regolare la vita di ogni giorno ed il desiderio di vivere in armonia con i valori divini.
Sia la sostanza che i dettagli del vilayat-i-fiqh possono cambiare, e dovrebbero rispondere alle necessità man mano presentate dai luoghi e dai tempi. La necessità di adattarsi nel modo giusto spiega perché il concetto di autorità spirituale del giureconsulto è cambiato e si è sviluppato durante gli ultimi anni della vita dell'Imam Khomeini (Dio benedica la Sua anima). Attraverso le fasi della preparazione della rivoluzione, della rivoluzione e della fondazione dello stato, della guerra imposta e della costituente, il concetto si è evoluto sotto la pressione degli eventi. Questa trasformazione non è stata sempre evidente nel corso della vita dell'Imam Khomeini (Dio benedica la sua anima), in gran parte a causa del fatto che fu un periodo di straordinari cambiamenti e che l'imponente figura del fondatore mise in ombra la questione.
Dopo la dipartita dell'Imam (Dio benedica la sua anima) e dopo che l'Imam Khamenei ne ebbe assunto la carica, il metodo dell'Imam, il wali fiqh, andò incontro ad un dibattito che coinvolse tre temi di rilievo.
In primo luogo, fino ad ora le tensioni tra i principi religiosi che vi sottostanno e le strutture dello stato contemporaneo e dell'ordine internazionale non sono state ancora risolte in modo soddisfacente. La relazione tra i valori islamici, che pretendono un coinvolgimento diretto negli affari politici e sociali, e l'ordine mondiale dominante che viene influenzato dai costumi, dalle idee, dai metodi e dalle istituzioni contemporanee pone ogni istante l'Iran davanti ad un confronto tra i valori dell'Islam ed i valori del resto del mondo, che sono frutto della cosiddetta "modernità".
Tutti i movimenti islamici hanno a che fare con dilemmi di questo tipo, ma in Iran questo conflitto potenziale assume una forma più seria, perché l'Iran è uno stato dottrinale che ha superato i limiti intrinseci nell'essere un movimento piuttosto che uno stato vero e proprio. L'Iran inoltre, caso forse unico al mondo, possiede il pregio di avere la possibilità di trovare un punto di equilibrio tra queste due correnti opposte.
Queste tensioni sono tuttavia evidenti nell'Iran di oggi: hanno dato origine ad una corrente di pensiero interna alla società che cerca di porre la religione dottrinale all'interno di una cornice laica, e che desidera fondare anche le strutture della politica su una base laica dello stesso genere. Questo ha suscitato una doppia reazione da parte dei partiti religiosi: alcuni si sono arroccati attorno alla formula del vilayat-i-fiqh ed a respingere qualunque nuova idea in proposito che emerga dall'agone politico o dal mondo intellettuale iraniano. Questo ha anche condotto ad una più ampia discussione sul rapporto che esiste tra l'Islam ed il vilayat-i-fiqh, al cui centro c'è la questione dell'islamizzazione dei sistemi di governo che caratterizzano le istituzioni contemporanee. Un'altra corrente si muove invece nella direzione opposta, cercando il modo di sottoporre a revisione il concetto di autorità spirituale del giureconsulto in modo che rifletta meglio la realtà contemporanea e le sue necessità.
Questo è il dilemma che stanno affrontando l'attuale wali-i-fiqh (il giureconsulto guardiano, ovvero l'Imam Khamenei) e le istituzioni che ad esso fanno capo.
Durante la permanenza in carica dell'Imam Khamenei presso alcuni circoli sono inoltre cominciate discussioni su questi argomenti.
Primo. Il concetto di "autorità spirituale" presuppone una trasmissione di competenze cognitive per proprio conto, che da sola permette al Wali (la Guida Suprema) di rivestire un ruolo guida e di dare un indirizzo al mondo attuale, oppure occorre anche una consolidata esperienza di governo, oltre a quella speciale visione delle cose che soltanto l'aver compiuto profondi progressi spirituali può garantire?
Secondo. L'autorità spirituale del giureconsulto possiede una data forma ed una forma soltanto, quella che ha assunto negli ultimi anni della vita dell'Imam Khomeini, oppure esistono altre possibili forme, che l'Imam Khamenei può a sua volta rivelare?
Terzo. Infine, il concetto posa su una base di accettazione popolare e di impegno all'interno dei ranghi delle élite iraniane, oppure si basa sulle circostanze emotive della rivoluzione? Si tratta di un importante punto che ha bisogno di essere chiarito, perché una risposta chiara a questa domanda definirebbe per noi quali sono le possibilità di un disaccordo tra le élite iraniane e la volontà popolare.
Esiste poi in Iran un dibattito annoso e perennemente rinnovato: la politica iraniana deve svilupparsi all'insegna delle logiche dell'interesse o all'insegna delle logiche dell'ideologia? Gli interessi iraniani sono una mera questione interna, o si intrecciano a quelli di altri popoli che sostengono gli stessi valori islamici della rivoluzione?
Il discutere su simili questioni, a prima vista, sembra non avere implicazioni che vadano al di là del porsi qualche interrogativo. Se però consideriamo la natura dottrinale dello stato e l'orientamento della formazione culturale del popolo, comprendiamo che ciascuno di questi interrogativi ed il dibattito che essi suscitano hanno un impatto ed hanno delle conseguenze la cui potenziale portata si presta poco alle previsioni. Solo il tempo e l'esperienza permetteranno di trarre conclusioni, consentendo di vedere in quale misura questi interrogativi potranno essere risolti.
Sheikh Chafiq Jeadeh dirige l'Istituto della Conoscenza Spienziale per gli studi religiosi e filosofici di Beirut.