Non è detto che la questione interessi qualcun altro a parte i diretti interessati. Anzi, l'impressione è che la notizia sia stata accolta a Firenze con la gelida indifferenza con cui vi vengono abitualmente accolti i sempre più frequenti rovesci subìti dall'"occidentalismo" politico e mediatico e dai suoi rappresentanti più o meno in vista.
Non si tratta neppure di una novità assoluta: questa volta a voler vedere morto "Il Giornale della Toscana", pare di capire, sarebbe qualcosa che si chiama Procura di Firenze.
Un anno fa, invece, era un certo Giuliano da Empoli. Il coro di starnazzi con cui fu accolta una sua pacatissima constatazione ci dette il pretesto per esaminare dettagliatamente da cosa fossero costituite le allora otto pagine del "Giornale della Toscana".
La valutazione che ne facemmo, soprattutto davanti alla pretesa di quella gazzetta di dare così lavoro "a venticinque famiglie", fu sarcastica, sbrigativa ed impietosa.
Nello stato che occupa la penisola italiana la vita di chi fa politica di piazza, mettendovi il più delle volte del proprio da ogni punto di vista e certo non sognandosi di pietire quattrini dagli enti pubblici o di spartire ciotole di maccheroni alla pummarola insieme a marmaglia con la cravatta, negli ultimi anni è stata complicata oltremisura dalla politica istituzionale e dalla gendarmeria, cui le gazzettine come quella del titolo tirano la volata con ogni sistema a disposizione. Gli istituti della delazione e del linciaggio a mezzo stampa hanno contribuito in modo molto rilevante all'imposizione di una visione del mondo ampiamente condivisa, in cui gli unici comportamenti non criminalizzabili a piacimento sono quelli di consumo ed in cui la guerra d'aggressione diventa prassi abituale, pur assumendo nomi più esotici e pragmatici come quello di "esportazione della democrazia". Inutile indugiare qui per l'ennesima volta sulle rendite, in termini di suffragi, che la politica "occidentalista" ha lucrato grazie al clima di terrore sociale e di repressione forsennata di cui gli sfaccendati dell'elettorato passivo e i gazzettieri a libro paga sono i primi responsabili; l'argomento è ben noto a chi legge.
Qualche volta però l'organizzazione, la "macchina del fango", come viene gazzettieramente definita da chi vorrebbe dare ad intendere di non farne parte, perde qualche colpo.
E una mattina d'autunno in via Cittadella, sede fiorentina de "Il Giornale della Toscana", sono arrivati i gendarmi che hanno trattato tutti come nogglòbal o bleccheblòcche qualunque.
Detto altrimenti, c'è stato un giro di vite e sono scattate le denunce contro il signor Girodivite e la signorina Scattaladenuncia; si vede che contro il signor Tolleranzazzèro qualcuno ha deciso di avere tolleranza zero.
Ora, le denunce che scattano, i giri di vite e le tolleranze zero vanno bene, anzi, benissimo; ma non contro chi si presenti in pubblico elegantemente vestito, non contro chi frequenti ristoranti e circoli di lusso.
E' lo stesso Riccardo Mazzoni -un diplomato pratese digiuno di orientalistica che deve un minimo di notorietà alle proprie iniziative da islamofobo da caffè- che in un piagnucoloso articolo scrive tra l'altro che
"Il Giornale della Toscana" ha dedicato mezzo issue, quello del 26 ottobre 2011, alla difesa del proprio diritto all'esistenza. La cosa non sorprendente è che questo diritto all'esistenza sia garantito da finanziamenti pubblici. E qui va spiegato perché la cosa non sorprende.
Per quanto ci è dato di ricordare gli "occidentalisti" hanno instancabilmente veicolato dapprima una concezione liberale del mondo e poi, in blocco da circa dieci anni a questa parte, un neoliberismo che veicola una visione del mondo scopertamente disumana e distruttiva nella sua stessa essenza.
Le due concezioni divergono radicalmente sulla concezione di essere umano, ma sono accomunate, se non a livello teorico sicuramente a livello di propaganda e di comunicazione politica, dalla contrarietà di principio al sostegno statale e dalla fiducia nella "mano invisibile" del mercato, alla quale tutto deve essere sacrificato.
In altre e più semplici parole, una gazzetta "occidentalista" i contributi statali non dovrebbe neppure sapere cosa sono. Con un po' di coerenza la questione neppure si sarebbe posta, e l'accolita di eroi della libertà che ha anche l'abitudine di presentarsi come "voce fuori dal coro" sarebbe stata l'unica responsabile della fortuna (o più facilmente della sfortuna) dell'impresa in cui si è andata a cacciare.
La stessa coerenza imporrebbe ai gazzettisti del "Giornale della Toscana" di astenersi almeno dal frignare chiedendo soccorso.
Ora, gli "occidentalisti" in genere conoscono benissimo dove abitino molti concetti deteriori, dalla malafede alla pura e semplice cattiveria spicciola, ma che indirizzo abbia la coerenza è una di quelle cose che in certi ambienti neppure si prende in considerazione.
Ed ecco spiegato perché nella loro reazione non c'è nulla da stupirsi.
Tra le altre gazzette che hanno dato notizia dell'accaduto c'è "Il Messaggero" di Roma. I commenti alla notizia sono tutti molto duri e sprezzanti.
E l'altro mezzo numero, sempre del ventisei ottobre? Peggio che mai: i pallonieri vestiti di viola hanno fatto le pallonate con quelli vestiti di bianco e nero, e pare abbiano avuto la peggio. In un giorno qualsiasi l'evento avrebbe pressoché monopolizzato l'uscita: l'avrebbe imposto l'assoluta gravità dell'accaduto. Eccole qui, le loro tragedie d'ogni giorno.
Post scriptum. Non contenti per la bella prova di autoreferenzialità del giorno avanti, il 27 ottobre i gazzettieri di via Cittadella tornano sulla questione delle perquisizioni e soprattutto dei sequestri, che hanno con ogni evidenza comportato anche il blocco di diversi conti bancari. In particolare tengono a far sapere a tutti che "In tasca c’è chi ha solo i soldi per la spesa".
Dal che si deducono due cose.
La prima, grazie alla bella sintassi del periodo, è che persone ai limiti dell'indigenza possono trovare posto in una tasca, probabilmente assieme ad altre meglio messe dal punto di vista economico.
La seconda è quella, ancora più ovvia, che chi "lavora" a quella gazzetta abbia disponibilità finanziarie che sempre più persone non possono neppure concepire. E di solito si tratta di persone che in via Cittadella non ci si è peritati di definire con i peggiori e più stigmatizzanti vocaboli messi a disposizione dal lessico corrente.
Non si tratta neppure di una novità assoluta: questa volta a voler vedere morto "Il Giornale della Toscana", pare di capire, sarebbe qualcosa che si chiama Procura di Firenze.
Un anno fa, invece, era un certo Giuliano da Empoli. Il coro di starnazzi con cui fu accolta una sua pacatissima constatazione ci dette il pretesto per esaminare dettagliatamente da cosa fossero costituite le allora otto pagine del "Giornale della Toscana".
La valutazione che ne facemmo, soprattutto davanti alla pretesa di quella gazzetta di dare così lavoro "a venticinque famiglie", fu sarcastica, sbrigativa ed impietosa.
Nello stato che occupa la penisola italiana la vita di chi fa politica di piazza, mettendovi il più delle volte del proprio da ogni punto di vista e certo non sognandosi di pietire quattrini dagli enti pubblici o di spartire ciotole di maccheroni alla pummarola insieme a marmaglia con la cravatta, negli ultimi anni è stata complicata oltremisura dalla politica istituzionale e dalla gendarmeria, cui le gazzettine come quella del titolo tirano la volata con ogni sistema a disposizione. Gli istituti della delazione e del linciaggio a mezzo stampa hanno contribuito in modo molto rilevante all'imposizione di una visione del mondo ampiamente condivisa, in cui gli unici comportamenti non criminalizzabili a piacimento sono quelli di consumo ed in cui la guerra d'aggressione diventa prassi abituale, pur assumendo nomi più esotici e pragmatici come quello di "esportazione della democrazia". Inutile indugiare qui per l'ennesima volta sulle rendite, in termini di suffragi, che la politica "occidentalista" ha lucrato grazie al clima di terrore sociale e di repressione forsennata di cui gli sfaccendati dell'elettorato passivo e i gazzettieri a libro paga sono i primi responsabili; l'argomento è ben noto a chi legge.
Qualche volta però l'organizzazione, la "macchina del fango", come viene gazzettieramente definita da chi vorrebbe dare ad intendere di non farne parte, perde qualche colpo.
E una mattina d'autunno in via Cittadella, sede fiorentina de "Il Giornale della Toscana", sono arrivati i gendarmi che hanno trattato tutti come nogglòbal o bleccheblòcche qualunque.
Detto altrimenti, c'è stato un giro di vite e sono scattate le denunce contro il signor Girodivite e la signorina Scattaladenuncia; si vede che contro il signor Tolleranzazzèro qualcuno ha deciso di avere tolleranza zero.
Ora, le denunce che scattano, i giri di vite e le tolleranze zero vanno bene, anzi, benissimo; ma non contro chi si presenti in pubblico elegantemente vestito, non contro chi frequenti ristoranti e circoli di lusso.
E' lo stesso Riccardo Mazzoni -un diplomato pratese digiuno di orientalistica che deve un minimo di notorietà alle proprie iniziative da islamofobo da caffè- che in un piagnucoloso articolo scrive tra l'altro che
rispettabili professionisti sono stati svegliati poco dopo l'alba [...]. Ad una madre è stato impedito di accompagnare la bambina all'asilo finché la perquisizione domiciliare non era finita.Insomma: non si fa, non si fa, non sono mica nogglòbal cui sequestrare felpe nere col cappuccio.
"Il Giornale della Toscana" ha dedicato mezzo issue, quello del 26 ottobre 2011, alla difesa del proprio diritto all'esistenza. La cosa non sorprendente è che questo diritto all'esistenza sia garantito da finanziamenti pubblici. E qui va spiegato perché la cosa non sorprende.
Per quanto ci è dato di ricordare gli "occidentalisti" hanno instancabilmente veicolato dapprima una concezione liberale del mondo e poi, in blocco da circa dieci anni a questa parte, un neoliberismo che veicola una visione del mondo scopertamente disumana e distruttiva nella sua stessa essenza.
Le due concezioni divergono radicalmente sulla concezione di essere umano, ma sono accomunate, se non a livello teorico sicuramente a livello di propaganda e di comunicazione politica, dalla contrarietà di principio al sostegno statale e dalla fiducia nella "mano invisibile" del mercato, alla quale tutto deve essere sacrificato.
In altre e più semplici parole, una gazzetta "occidentalista" i contributi statali non dovrebbe neppure sapere cosa sono. Con un po' di coerenza la questione neppure si sarebbe posta, e l'accolita di eroi della libertà che ha anche l'abitudine di presentarsi come "voce fuori dal coro" sarebbe stata l'unica responsabile della fortuna (o più facilmente della sfortuna) dell'impresa in cui si è andata a cacciare.
La stessa coerenza imporrebbe ai gazzettisti del "Giornale della Toscana" di astenersi almeno dal frignare chiedendo soccorso.
Ora, gli "occidentalisti" in genere conoscono benissimo dove abitino molti concetti deteriori, dalla malafede alla pura e semplice cattiveria spicciola, ma che indirizzo abbia la coerenza è una di quelle cose che in certi ambienti neppure si prende in considerazione.
Ed ecco spiegato perché nella loro reazione non c'è nulla da stupirsi.
Tra le altre gazzette che hanno dato notizia dell'accaduto c'è "Il Messaggero" di Roma. I commenti alla notizia sono tutti molto duri e sprezzanti.
E l'altro mezzo numero, sempre del ventisei ottobre? Peggio che mai: i pallonieri vestiti di viola hanno fatto le pallonate con quelli vestiti di bianco e nero, e pare abbiano avuto la peggio. In un giorno qualsiasi l'evento avrebbe pressoché monopolizzato l'uscita: l'avrebbe imposto l'assoluta gravità dell'accaduto. Eccole qui, le loro tragedie d'ogni giorno.
Post scriptum. Non contenti per la bella prova di autoreferenzialità del giorno avanti, il 27 ottobre i gazzettieri di via Cittadella tornano sulla questione delle perquisizioni e soprattutto dei sequestri, che hanno con ogni evidenza comportato anche il blocco di diversi conti bancari. In particolare tengono a far sapere a tutti che "In tasca c’è chi ha solo i soldi per la spesa".
Dal che si deducono due cose.
La prima, grazie alla bella sintassi del periodo, è che persone ai limiti dell'indigenza possono trovare posto in una tasca, probabilmente assieme ad altre meglio messe dal punto di vista economico.
La seconda è quella, ancora più ovvia, che chi "lavora" a quella gazzetta abbia disponibilità finanziarie che sempre più persone non possono neppure concepire. E di solito si tratta di persone che in via Cittadella non ci si è peritati di definire con i peggiori e più stigmatizzanti vocaboli messi a disposizione dal lessico corrente.