Il blog http://iononstoconoriana.blogspot.com riporta una citazione precisa da uno scritto di Alain de Benoist, che non ha affatto perso attualità ed efficacia descrittiva e che è tornata attuale più che mai a causa degli eventi.
Si vive in tempi in cui il Libro dei Ceffi fa aggio sui più alti livelli della comunicazione politica, ma più che altro rende visibili e verificabili le abiezioni, le piccinerie e le meschinità di milioni di mediocri. La rassegna puramente virtuale di foto segnaletiche non rimane tale perché i suddetti milioni di mediocri curano volontariamente e con vero entusiasmo gli interessi del signor Zuckerberg e quelli della gendarmeria, abituatasi da tempo a sfruttare la demenziale tendenza all'autodenuncia di tante prede facili che aiutano a far carniere e carriera. Quindi il Libro dei Ceffi abbonda sì di menzogne, falsità, fantasie ed idiozie di ogni sorta, ma anche di riscontri verificabili sul piano reale. Non c'è sgualdrinella da discoteca che non vi esponga la rassegna dei tizi con cui tresca, e vi si trovano sorridenti capi scout che ritengono fondamentale far sapere al resto dell'utenza che loro apprezzano film di profonda ispirazione powelliana come Nove settimane e mezzo, intanto che abboccano all'amo della propaganda controrivoluzionaria (a proposito, già passata di moda 'sta Sakineh?!).
L'utilizzo continuo e stolto delle tecnologie ha reso una vera impresa il sapere qualcosa di vero su Osama bin Laden. Sarebbe un po' come cercare di sapere qualcosa su qualcuno dei Padri del deserto, con la differenza importante che le figure archetipiche di oggi sono tutte demoniache. Non miracoli sono loro attribuiti, ma tutte le nequizie più inverosimili e bambinesche che possano sorgere nelle cialtrone menti "occidentali" venute su a pallone e pornografia. Quindi Osama bin Laden come figura archetipica (e soprattutto mediatica) è fatto di tutti i frammenti della cattiva coscienza "occidentale": il disprezzo spaventato per chi è realmente diverso -e tra le mille diversità intollerabili in "Occidente" i media insistono sempre sulla modestia nel vestire- il terrore che prova la "società aperta" davanti alla vita coerente; gli incubi di un mondo seduto sopra un altro, che vive nel costante e fondatissimo timore di un capovolgimento improvviso.
Ora, intanto che ne ha fatto lo spauracchio in nome del quale è tutto lecito per contrastare l'insihurézza e i'ddegràdo e i'tterrorismo (tre concetti con cui gli "occidentalisti" compendiano qualunque cosa non procuri loro un reddito) il canaio denigratorio "occidentalista" indica in Osama bin Laden un miliardario arabo. I miliardari arabi sarebbero individui trovatisi dalla sera alla mattina ricchi sfondati (e con molte donne giovani a disposizione, questo è il corollario) senza aver dovuto muovere un dito. Si tratta di caratteristiche molto invidiate dagli "occidentali", il che a rigore farebbe di Osama bin Laden un individuo oggetto di attacchi e di odio semplicemente perché soprattutto oggetto di invidia.
Come la prima ballerina in qualunque scuola di danza.
Di contro, lo starnazzare propagandistico non ha tenuto conto di un aspetto molto controproducente. Se si demonizza un ingegnere civile dall'aspetto ascetico, vestito dimessamente e spesso ripreso con alle spalle molti scaffali colmi di volumi, si rivela ancora di più l'estraneità dell'"Occidente" verso qualcunque comportamento diverso da quelli di consumo e la propensione "occidentalista" a considerare la cultura un qualcosa di compresto tra un fardello ed uno handicap.
Legittimando i critici dell'"Occidente" che vedono confermare i propri assunti.
Tutto questo non è certamente strano: il rapporto degli "occidentalisti" con il piano della realtà va dal labile all'inesistente, e pur di evitare di lavorare, per politicame e gazzettinisti tutto è lecito.
Osama bin Laden dovrebbe suscitare invidia anche per un altro motivo. Se è vero che la responsabilità delle radicali operazioni urbanistiche sul suolo statunitense compiute l'11 settembre 2001 gli va ascritta per intero o quasi, se ne deve concludere che in quell'occasione conseguì il massimo risultato con il minimo dispendio di mezzi, dimostrando in questo di essere un manager all'"occidentale" verticalmente migliore di moltissimi altri; perché mai un "occidentalista" coerente non dovrebbe invidiarlo?
Il poco che sappiamo dell'Osama bin Laden reale non autorizza a trarre alcuna conclusione di questo genere. Il figlio di muratori yemeniti che combatté i sovietici in Afghanistan aveva dalla sua solo un piccolo gruppo di combattenti. Al Qaeda, “la Base”.
Davanti all'esperienza di quanto sucesso in Afghanistan, in cui la sconfitta sovietica fu tra le concause del collasso dell'URSS e dell’implosione politica che ne derivò, questo gruppo di combattenti pensò che fosse possibile causare una più ampia implosione dello stesso genere in "Occidente", comportandosi in modo da costringerlo a lasciarsi andare a reazioni fuori misura e ad esporsi eccessivamente dal punto di vista militare e finanziario allo stesso modo dell’URSS, finendo così per cadere vittima delle proprie contraddizioni interne.
L’ideologia di Al Qaeda risente dello wahabismo e della Jihad Islamica egiziana, anche se quanto da essa professato non può essere a rigore categorizzato in questo modo: la sua influenza sul mondo islamico in generale e la sua capacità di azione sono state sistematicamente ed apertamente sovrastimate da mass media e politicame "occidentale", per i motivi ben riassunti dal De Benoist della citazione. Tuttavia i due continenti messi a ferro e fuoco, le aggressioni demenziali a paesi in ginocchio, gli sperperi enormi e scriteriati, l'arbitrio del più forte, l'oscenità obesa degli yankee strateghi da caffè incapaci di indicare l'Afghanistan su una carta geografica, l'avvelenamento sistematico della vita quotidiana e delle relazioni interpersonali operato dalla feccia gazzettiera e dai pornocrati della politica istuzionale, la sovversione dei più elementari valori condivisi hanno avuto il pregio di svelare la vera essenza dell'"Occidente" a chiunque voglia darsi la pena di vederla.
L'ingegnere civile saudita dai modi garbati, che rinunciò alla ricchezza per prendere la strada dell'incertezza, della guerra e della morte, ha in questo reso un importante servigio a chiunque voglia avvalersene.
E nella straordinaria città di Firenze qualcuno ha voluto, certamente non con piena consapevolezza, omaggiarne in qualche modo la figura. Su un concretissimo muro, con concretissima vernice e con concreti, sia pur modesti, fastidi personali.
Altro che Libro dei Ceffi.
Circola oggi un discorso detestabile che consiste nel far credere che coloro che contestano il modello occidentale non possano che avere menti retrograde o essere dei pazzi pericolosi di cui il fanatico Bin Laden, arrivato al punto giusto per offrire una dimostrazione al ragionamento, sarebbe in un certo senso la figura archetipica. Questo discorso si serve del terrorismo islamista come di un comodo spauracchio, allo scopo di rilegittimare agli occhi dell'opinione pubblica un sistema che genera diseguaglianze, frustrazioni e disperazione. Il nemico principale è oggi più che mai rappresentato dallo scatenamento planetario della logica del capitale e dalla mercantilizzazione integrale dei rapporti sociali.
Si vive in tempi in cui il Libro dei Ceffi fa aggio sui più alti livelli della comunicazione politica, ma più che altro rende visibili e verificabili le abiezioni, le piccinerie e le meschinità di milioni di mediocri. La rassegna puramente virtuale di foto segnaletiche non rimane tale perché i suddetti milioni di mediocri curano volontariamente e con vero entusiasmo gli interessi del signor Zuckerberg e quelli della gendarmeria, abituatasi da tempo a sfruttare la demenziale tendenza all'autodenuncia di tante prede facili che aiutano a far carniere e carriera. Quindi il Libro dei Ceffi abbonda sì di menzogne, falsità, fantasie ed idiozie di ogni sorta, ma anche di riscontri verificabili sul piano reale. Non c'è sgualdrinella da discoteca che non vi esponga la rassegna dei tizi con cui tresca, e vi si trovano sorridenti capi scout che ritengono fondamentale far sapere al resto dell'utenza che loro apprezzano film di profonda ispirazione powelliana come Nove settimane e mezzo, intanto che abboccano all'amo della propaganda controrivoluzionaria (a proposito, già passata di moda 'sta Sakineh?!).
L'utilizzo continuo e stolto delle tecnologie ha reso una vera impresa il sapere qualcosa di vero su Osama bin Laden. Sarebbe un po' come cercare di sapere qualcosa su qualcuno dei Padri del deserto, con la differenza importante che le figure archetipiche di oggi sono tutte demoniache. Non miracoli sono loro attribuiti, ma tutte le nequizie più inverosimili e bambinesche che possano sorgere nelle cialtrone menti "occidentali" venute su a pallone e pornografia. Quindi Osama bin Laden come figura archetipica (e soprattutto mediatica) è fatto di tutti i frammenti della cattiva coscienza "occidentale": il disprezzo spaventato per chi è realmente diverso -e tra le mille diversità intollerabili in "Occidente" i media insistono sempre sulla modestia nel vestire- il terrore che prova la "società aperta" davanti alla vita coerente; gli incubi di un mondo seduto sopra un altro, che vive nel costante e fondatissimo timore di un capovolgimento improvviso.
Ora, intanto che ne ha fatto lo spauracchio in nome del quale è tutto lecito per contrastare l'insihurézza e i'ddegràdo e i'tterrorismo (tre concetti con cui gli "occidentalisti" compendiano qualunque cosa non procuri loro un reddito) il canaio denigratorio "occidentalista" indica in Osama bin Laden un miliardario arabo. I miliardari arabi sarebbero individui trovatisi dalla sera alla mattina ricchi sfondati (e con molte donne giovani a disposizione, questo è il corollario) senza aver dovuto muovere un dito. Si tratta di caratteristiche molto invidiate dagli "occidentali", il che a rigore farebbe di Osama bin Laden un individuo oggetto di attacchi e di odio semplicemente perché soprattutto oggetto di invidia.
Come la prima ballerina in qualunque scuola di danza.
Di contro, lo starnazzare propagandistico non ha tenuto conto di un aspetto molto controproducente. Se si demonizza un ingegnere civile dall'aspetto ascetico, vestito dimessamente e spesso ripreso con alle spalle molti scaffali colmi di volumi, si rivela ancora di più l'estraneità dell'"Occidente" verso qualcunque comportamento diverso da quelli di consumo e la propensione "occidentalista" a considerare la cultura un qualcosa di compresto tra un fardello ed uno handicap.
Legittimando i critici dell'"Occidente" che vedono confermare i propri assunti.
Tutto questo non è certamente strano: il rapporto degli "occidentalisti" con il piano della realtà va dal labile all'inesistente, e pur di evitare di lavorare, per politicame e gazzettinisti tutto è lecito.
Osama bin Laden dovrebbe suscitare invidia anche per un altro motivo. Se è vero che la responsabilità delle radicali operazioni urbanistiche sul suolo statunitense compiute l'11 settembre 2001 gli va ascritta per intero o quasi, se ne deve concludere che in quell'occasione conseguì il massimo risultato con il minimo dispendio di mezzi, dimostrando in questo di essere un manager all'"occidentale" verticalmente migliore di moltissimi altri; perché mai un "occidentalista" coerente non dovrebbe invidiarlo?
Il poco che sappiamo dell'Osama bin Laden reale non autorizza a trarre alcuna conclusione di questo genere. Il figlio di muratori yemeniti che combatté i sovietici in Afghanistan aveva dalla sua solo un piccolo gruppo di combattenti. Al Qaeda, “la Base”.
Davanti all'esperienza di quanto sucesso in Afghanistan, in cui la sconfitta sovietica fu tra le concause del collasso dell'URSS e dell’implosione politica che ne derivò, questo gruppo di combattenti pensò che fosse possibile causare una più ampia implosione dello stesso genere in "Occidente", comportandosi in modo da costringerlo a lasciarsi andare a reazioni fuori misura e ad esporsi eccessivamente dal punto di vista militare e finanziario allo stesso modo dell’URSS, finendo così per cadere vittima delle proprie contraddizioni interne.
L’ideologia di Al Qaeda risente dello wahabismo e della Jihad Islamica egiziana, anche se quanto da essa professato non può essere a rigore categorizzato in questo modo: la sua influenza sul mondo islamico in generale e la sua capacità di azione sono state sistematicamente ed apertamente sovrastimate da mass media e politicame "occidentale", per i motivi ben riassunti dal De Benoist della citazione. Tuttavia i due continenti messi a ferro e fuoco, le aggressioni demenziali a paesi in ginocchio, gli sperperi enormi e scriteriati, l'arbitrio del più forte, l'oscenità obesa degli yankee strateghi da caffè incapaci di indicare l'Afghanistan su una carta geografica, l'avvelenamento sistematico della vita quotidiana e delle relazioni interpersonali operato dalla feccia gazzettiera e dai pornocrati della politica istuzionale, la sovversione dei più elementari valori condivisi hanno avuto il pregio di svelare la vera essenza dell'"Occidente" a chiunque voglia darsi la pena di vederla.
L'ingegnere civile saudita dai modi garbati, che rinunciò alla ricchezza per prendere la strada dell'incertezza, della guerra e della morte, ha in questo reso un importante servigio a chiunque voglia avvalersene.
E nella straordinaria città di Firenze qualcuno ha voluto, certamente non con piena consapevolezza, omaggiarne in qualche modo la figura. Su un concretissimo muro, con concretissima vernice e con concreti, sia pur modesti, fastidi personali.
Altro che Libro dei Ceffi.