Ad agosto 2010 gli aggressori amriki ritirano da un Iraq tutt'altro che "pacificato" le loro truppe combattenti. Gli esiti dell'aggressione sono quantomeno distanti da quelli auspicati. Il denaro sperperato in questa schifezza ed una conduzione delle operazioni demenziale fin dal primo abbozzo hanno validamente contribuito a ridimensionare prestigio, influenza e potere yankee, decretando la fine di un mito e trasformando il prospettato "secolo ameriKKKano" in uno scenario finalmente e giustamente multipolare.
Nell'aprile del 2003 il presidente amriki George Diabolus Bush scagliò la macchina bellica più potente e costosa del mondo contro un paese in ginocchio.
I gazzettieri a libro paga statuirono che chi sollevava il minimo dubbio era un terrorista passibile e meritevole della stessa fine, ed ebbero in questo l'approvazione a tratti isterica di intere torme di omuncoli il più delle volte obesi anche mentalmente, accomunati da un'incompetenza e da un'autoconsapevolezza indegne di uno scarafaggio ma presentati -e probabilmente con ragione- come perfettamente rappresentativi della volontà popolare.
In altre parole, ad applaudire alle aggressioni e a decidere se affidare o meno responsabilità nucleari ad una pitbull con il rossetto c'era e c'è un corpo elettorale che in sei casi su dieci non sa trovare l'Iraq sulla cartina.
In una certa penisola dell'Europa meridionale, in cui bivacca un aggregato di assuntori di cocaina capaci solo di frequentare prostitute e mangiare spaghetti, al megafono si abbarbarono da un anno all'altro casi umani di vario ordine e sesso, imbrattacarte di repulsiva grassezza e altri avanzi di avanspettacolo. In questo non c'è nulla di strano; ognuno si fa rappresentare come crede sia meglio ed i sudditi di uno stato giustamente identificato con maccheroni e mandolini non potevano produrre di se stessi una rappresentazione mediatica più degna.
Il primo maggio dello stesso anno il presidente amriki George Diabolus Bush decise che la guerra era finita e vinta.
Nel luglio del 2010 la visibilità mediatica dell'Iraq aggredito è ridotta ai trafiletti come quello qui riportato. Anni di menzogne demoliti in quattro righe.
Della torma di servi cui si è fatto cenno, non ce n'è stato uno che abbia avuto la decenza non diciamo di attaccarsi ad una trave, ma per lo meno di cambiare mestiere.
I gazzettieri a libro paga statuirono che chi sollevava il minimo dubbio era un terrorista passibile e meritevole della stessa fine, ed ebbero in questo l'approvazione a tratti isterica di intere torme di omuncoli il più delle volte obesi anche mentalmente, accomunati da un'incompetenza e da un'autoconsapevolezza indegne di uno scarafaggio ma presentati -e probabilmente con ragione- come perfettamente rappresentativi della volontà popolare.
In altre parole, ad applaudire alle aggressioni e a decidere se affidare o meno responsabilità nucleari ad una pitbull con il rossetto c'era e c'è un corpo elettorale che in sei casi su dieci non sa trovare l'Iraq sulla cartina.
In una certa penisola dell'Europa meridionale, in cui bivacca un aggregato di assuntori di cocaina capaci solo di frequentare prostitute e mangiare spaghetti, al megafono si abbarbarono da un anno all'altro casi umani di vario ordine e sesso, imbrattacarte di repulsiva grassezza e altri avanzi di avanspettacolo. In questo non c'è nulla di strano; ognuno si fa rappresentare come crede sia meglio ed i sudditi di uno stato giustamente identificato con maccheroni e mandolini non potevano produrre di se stessi una rappresentazione mediatica più degna.
Il primo maggio dello stesso anno il presidente amriki George Diabolus Bush decise che la guerra era finita e vinta.
Nel luglio del 2010 la visibilità mediatica dell'Iraq aggredito è ridotta ai trafiletti come quello qui riportato. Anni di menzogne demoliti in quattro righe.
Della torma di servi cui si è fatto cenno, non ce n'è stato uno che abbia avuto la decenza non diciamo di attaccarsi ad una trave, ma per lo meno di cambiare mestiere.
Iraq: luglio il mese più sanguinoso dal 2008, 535 morti
L'Iraq esce dal cono d'ombra in cui era calato: con 535 morti luglio e' stato il mese piu' sanguinoso dal 2008. E' quanto emerge da un bilancio fornito dai ministeri iracheni della Sanita', della Difesa e dell'Interno secondo cui tra le vittime si contano 396 civili. Le cifre fornite mostrano una netta recrudescenza della violenza nel Paese, che, a cinque mesi dalle elezioni, non ha ancora un governo [repubblica.it].
L'Iraq esce dal cono d'ombra in cui era calato: con 535 morti luglio e' stato il mese piu' sanguinoso dal 2008. E' quanto emerge da un bilancio fornito dai ministeri iracheni della Sanita', della Difesa e dell'Interno secondo cui tra le vittime si contano 396 civili. Le cifre fornite mostrano una netta recrudescenza della violenza nel Paese, che, a cinque mesi dalle elezioni, non ha ancora un governo [repubblica.it].