Luglio 2010. La sedicente opposizione alle forze politiche "occidentaliste" dovrebbe avere la sua componente elettoralmente più forte in un piddì senza la elle del quale è difficile enunciare anche un solo pregio. A capo della formazione, nel 2010, c'è un tale bersani...
Un certo Bersani, nel panorama politico (e mediatico, soprattutto) dello stato che occupa la penisola italiana viene spesso identificato come "capo dell'opposizione". All'inizio di luglio 2010 ha avuto pubblicamente ad asserire che tra i suoi timori ci sarebbe... l'ascesa politica di un Chàvez!
La sedicente "opposizione", in nulla distinguibile dal cosiddetto "governo", ha fatto proprie anche e soprattutto le istanze più ebeti che la propaganda "occidentalista" ha inchiavardato nella "pubblica opinione", dal delirio securitario alla superiorità pressoché razziale dell'"occidente", passando per un filosionismo d'accatto e per una sudditanza assoluta al volere amriki che le hanno permesso di acquistare rapidissima quel contegno da reginette decadute e quella "occidentocentricità" miope che impedisce di vedere al di là del proprio naso.
Per la sedicente "opposizione" considerare tutto quanto non sia diretta produzione dell'area geografica compresa tra l'Atlantico e gli Urali (succursale sionista compresa) come degno di essere visto con palese sospetto, il tutto sotto il controllo vigile della strafeccia gazzettiera, rappresenta un traguardo involutivo di tutto rispetto, ed un'ulteriore conferma del meritatissimo declino anche politico, anche sociale, anche umano dell'aggregato di cosi che vegetano nella penisola italiana inorgogliendosene pure. Almeno finché al pallonaio le cose vanno bene e purché non manchino sorca e maccaruna, chiaramente.
Il periodico on line livornese Senza Soste, considerato poco meno che demoniaco dai bersani, ha tentato di rimettere a posto le cose concedendo spazio a voci meno inclini agli slogan e dedite da tempo alla politica che non conta.
Anche in questo caso, trattandosi di materiale riportato da altra fonte, il nome dello stato che occupa la penisola italiana viene presentato tal quale nel testo. Ce ne scusiamo con i lettori.
Lettera aperta a Bersani su Chàvez
Nei giorni scorsi Bersani ha paventato il rischio che dopo Berlusconi "venga un Chàvez", e "non ci sarà più libertà per nessuno". In questa lettera aperta al segretario del Pd gli Amig@s Mst Italia (amici del Movimento senza terra del Brasile) spiegano a Bersani che se dopo Berlusconi in Italia venisse "un Chàvez", si aprirebbe una stagione di grandi riforme popolari. Basta informarsi un po' meglio.
Le scriviamo rispetto alle parole da lei usate nei confronti del presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chávez: "Non vorrei che dopo Berlusconi venisse fuori Chávez. O il Parlamento riprende il suo ruolo o non c'è libertà per nessuno". Queste parole lasciano intendere che: 1) Chavez rappresenterebbe il peggio anche rispetto a Berlusconi; 2) in Venezuela non ci sarebbe libertà per nessuno. Ed esprimono chiaramente una totale mancanza di conoscenza rispetto alla situazione latinoamericana in generale e venezuelana in particolare.
a) Il governo di Hugo Chávez gode, com'è noto, di una pessima pubblicità: per gran parte dell¹informazione "ufficiale", il presidente venezuelano è un caudillo e un populista, quando non esplicitamente un tiranno. E ciò malgrado gli innumerevoli processi elettorali che ha attraversato, tutti vinti tranne uno, quello del referendum sulla riforma della Costituzione venezuelana nel 2007. Sconfitta serenamente riconosciuta dal presidente (e, oltretutto, di strettissima misura, 50,7% contro 49,3%: percentuali che, se fossero risultate invertite, avrebbero di sicuro fatto gridare la destra alle frodi e al colpo di Stato). E vorremmo farle notare che la Costituzione in vigore prevede anche la possibilità di revoca di ogni carica elettiva, a cominciare da quella presidenziale, a metà mandato.
b) Negli anni del suo governo, Chávez ha proceduto a nazionalizzare i grandi depositi di idrocarburi presenti in Venezuela e ha usato le risorse del petrolio per migliorare servizi pubblici come educazione, salute e trasporti, per rispondere alle necessità di milioni di poveri delle favelas e dei quartieri popolari, prima completamente esclusi da qualunque servizio pubblico. Inoltre, lo Stato garantisce l'accesso ai beni alimentari al prezzo di costo, senza scopo di lucro, attraverso una rete locale di negozi che non è statale; assicura l'accesso gratuito alla sanità, attraverso il sistema cubano del medico di famiglia, grazie al quale oltre ventimila lavoratori della salute abitano e convivono con il popolo nei luoghi più poveri e lo assistono con la prevenzione, la fornitura dei farmaci e ogni cura necessaria (la maggior parte di questa popolazione non conosceva neppure un medico); garantisce anche l'accesso all'educazione attraverso vari programmi educativi, che vanno dall'alfabetizzazione di adulti e adolescenti fino a programmi diretti a tutti i giovani che vogliono andare all'università (oggi il Venezuela è considerato dall'Unesco un Paese libero dall'analfabetismo. Un caso raro, tra i Paesi dell¹emisfero Sud).
c) In condizioni tanto avverse a causa di un¹eredità economica segnata dalla dipendenza totale dalle esportazioni petrolifere, dalla mancanza di organizzazione sociale e dall¹assenza di un progetto politico che unifichi le forze popolari del Paese, la grande sfida del governo Chávez è quella di riuscire a costruire un progetto di sviluppo duraturo per il Paese. Chávez ha finora formulato due linee distinte e complementari di riflessione. La prima viene chiamata "Progetto di sviluppo endogeno". Endogeno, qui, significa che il popolo e tutte le forze produttive del Paese dovrebbero spendere le proprie energie affinché in ciascuna regione venga organizzata la produzione sia agricola che industriale dei beni necessari alla popolazione. Si innescherebbe così un processo di produzione di ricchezza locale, di distribuzione di reddito a livello locale, di creazione di posti di lavoro a livello locale. L'altra idea che Chávez ha introdotto nel dibattito è quella della necessità di costruire un socialismo differente, il socialismo del XXI secolo, prendendo però le distanze dal socialismo reale. Dal punto di vista pratico, il risultato concreto che questo dibattito ha prodotto è stato quello di aprire una discussione tra i lavoratori, affinché essi creino forme autogestite e cooperative di fabbriche e stabilimenti industriali. E questo è accaduto nei casi in cui i proprietari capitalisti sono fuggiti dal Paese o hanno dichiarato fallimento e nei casi in cui lo Stato ha costruito una nuova fabbrica e ha cercato di stabilire una sorta di collaborazione con i lavoratori.
d) Esistono ovviamente, nel processo bolivariano, limiti non irrilevanti: una struttura statale burocratica, corrotta e inefficiente; la presenza, malgrado le incontestabili e fondamentali conquiste sociali, di problemi ancora non risolti, come l'insicurezza sociale, la questione abitativa, la situazione salariale di ampi settori della popolazione. Limiti, questi, che non possono mettere in dubbio i risultati positivi ottenuti in Venezuela da Chávez, nel perseguire la democratizzazione della società, l'ampliamento dei poteri delle fasce popolari e della popolazione indigena, la riduzione della giornata di lavoro, la fine dell'autonomia della Banca Centrale, il divieto del latifondo, il consolidamento dello Stato nel suo carattere pubblico, la realizzazione delle missioni, con cui il governo ha posto la questione sociale al centro della sua sfera di interessi, in ciò seguito da altri governi latinoamericani. E, a livello latinoamericano, la creazione dell'Alba, l'Alleanza bolivariana per l'America, a cui Chávez ha offerto un contributo determinante: una forma di integrazione tra i Paesi che parte dalle necessità dei popoli e dell'ambiente e non dalle necessità del capitale; un processo di integrazione economica e sociale dei popoli e dei governi che potenzia l'uso di tutte le risorse naturali, delle risorse di biodiversità, dell'agricoltura, dell'industria, a favore della soluzione dei problemi fondamentali del popolo e della crisi climatica. Una lotta per l'indipendenza economica dell'America Latina, perché smetta di essere un esportatore di ricchezze per l'Europa e gli Stati Uniti, e più recentemente per il Giappone e la Cina.
Per tutto questo, siamo convinti che, se dopo Berlusconi venisse Chávez, si aprirebbe per l'Italia una stagione di grandi riforme popolari, una grande promessa di futuro.
Amig@s MST*- Italia/Comitato di Roma
(MST= Movimento dei lavoratori senza terra del Brasile)
La sedicente "opposizione", in nulla distinguibile dal cosiddetto "governo", ha fatto proprie anche e soprattutto le istanze più ebeti che la propaganda "occidentalista" ha inchiavardato nella "pubblica opinione", dal delirio securitario alla superiorità pressoché razziale dell'"occidente", passando per un filosionismo d'accatto e per una sudditanza assoluta al volere amriki che le hanno permesso di acquistare rapidissima quel contegno da reginette decadute e quella "occidentocentricità" miope che impedisce di vedere al di là del proprio naso.
Per la sedicente "opposizione" considerare tutto quanto non sia diretta produzione dell'area geografica compresa tra l'Atlantico e gli Urali (succursale sionista compresa) come degno di essere visto con palese sospetto, il tutto sotto il controllo vigile della strafeccia gazzettiera, rappresenta un traguardo involutivo di tutto rispetto, ed un'ulteriore conferma del meritatissimo declino anche politico, anche sociale, anche umano dell'aggregato di cosi che vegetano nella penisola italiana inorgogliendosene pure. Almeno finché al pallonaio le cose vanno bene e purché non manchino sorca e maccaruna, chiaramente.
Il periodico on line livornese Senza Soste, considerato poco meno che demoniaco dai bersani, ha tentato di rimettere a posto le cose concedendo spazio a voci meno inclini agli slogan e dedite da tempo alla politica che non conta.
Anche in questo caso, trattandosi di materiale riportato da altra fonte, il nome dello stato che occupa la penisola italiana viene presentato tal quale nel testo. Ce ne scusiamo con i lettori.
Lettera aperta a Bersani su Chàvez
Nei giorni scorsi Bersani ha paventato il rischio che dopo Berlusconi "venga un Chàvez", e "non ci sarà più libertà per nessuno". In questa lettera aperta al segretario del Pd gli Amig@s Mst Italia (amici del Movimento senza terra del Brasile) spiegano a Bersani che se dopo Berlusconi in Italia venisse "un Chàvez", si aprirebbe una stagione di grandi riforme popolari. Basta informarsi un po' meglio.
Le scriviamo rispetto alle parole da lei usate nei confronti del presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chávez: "Non vorrei che dopo Berlusconi venisse fuori Chávez. O il Parlamento riprende il suo ruolo o non c'è libertà per nessuno". Queste parole lasciano intendere che: 1) Chavez rappresenterebbe il peggio anche rispetto a Berlusconi; 2) in Venezuela non ci sarebbe libertà per nessuno. Ed esprimono chiaramente una totale mancanza di conoscenza rispetto alla situazione latinoamericana in generale e venezuelana in particolare.
a) Il governo di Hugo Chávez gode, com'è noto, di una pessima pubblicità: per gran parte dell¹informazione "ufficiale", il presidente venezuelano è un caudillo e un populista, quando non esplicitamente un tiranno. E ciò malgrado gli innumerevoli processi elettorali che ha attraversato, tutti vinti tranne uno, quello del referendum sulla riforma della Costituzione venezuelana nel 2007. Sconfitta serenamente riconosciuta dal presidente (e, oltretutto, di strettissima misura, 50,7% contro 49,3%: percentuali che, se fossero risultate invertite, avrebbero di sicuro fatto gridare la destra alle frodi e al colpo di Stato). E vorremmo farle notare che la Costituzione in vigore prevede anche la possibilità di revoca di ogni carica elettiva, a cominciare da quella presidenziale, a metà mandato.
b) Negli anni del suo governo, Chávez ha proceduto a nazionalizzare i grandi depositi di idrocarburi presenti in Venezuela e ha usato le risorse del petrolio per migliorare servizi pubblici come educazione, salute e trasporti, per rispondere alle necessità di milioni di poveri delle favelas e dei quartieri popolari, prima completamente esclusi da qualunque servizio pubblico. Inoltre, lo Stato garantisce l'accesso ai beni alimentari al prezzo di costo, senza scopo di lucro, attraverso una rete locale di negozi che non è statale; assicura l'accesso gratuito alla sanità, attraverso il sistema cubano del medico di famiglia, grazie al quale oltre ventimila lavoratori della salute abitano e convivono con il popolo nei luoghi più poveri e lo assistono con la prevenzione, la fornitura dei farmaci e ogni cura necessaria (la maggior parte di questa popolazione non conosceva neppure un medico); garantisce anche l'accesso all'educazione attraverso vari programmi educativi, che vanno dall'alfabetizzazione di adulti e adolescenti fino a programmi diretti a tutti i giovani che vogliono andare all'università (oggi il Venezuela è considerato dall'Unesco un Paese libero dall'analfabetismo. Un caso raro, tra i Paesi dell¹emisfero Sud).
c) In condizioni tanto avverse a causa di un¹eredità economica segnata dalla dipendenza totale dalle esportazioni petrolifere, dalla mancanza di organizzazione sociale e dall¹assenza di un progetto politico che unifichi le forze popolari del Paese, la grande sfida del governo Chávez è quella di riuscire a costruire un progetto di sviluppo duraturo per il Paese. Chávez ha finora formulato due linee distinte e complementari di riflessione. La prima viene chiamata "Progetto di sviluppo endogeno". Endogeno, qui, significa che il popolo e tutte le forze produttive del Paese dovrebbero spendere le proprie energie affinché in ciascuna regione venga organizzata la produzione sia agricola che industriale dei beni necessari alla popolazione. Si innescherebbe così un processo di produzione di ricchezza locale, di distribuzione di reddito a livello locale, di creazione di posti di lavoro a livello locale. L'altra idea che Chávez ha introdotto nel dibattito è quella della necessità di costruire un socialismo differente, il socialismo del XXI secolo, prendendo però le distanze dal socialismo reale. Dal punto di vista pratico, il risultato concreto che questo dibattito ha prodotto è stato quello di aprire una discussione tra i lavoratori, affinché essi creino forme autogestite e cooperative di fabbriche e stabilimenti industriali. E questo è accaduto nei casi in cui i proprietari capitalisti sono fuggiti dal Paese o hanno dichiarato fallimento e nei casi in cui lo Stato ha costruito una nuova fabbrica e ha cercato di stabilire una sorta di collaborazione con i lavoratori.
d) Esistono ovviamente, nel processo bolivariano, limiti non irrilevanti: una struttura statale burocratica, corrotta e inefficiente; la presenza, malgrado le incontestabili e fondamentali conquiste sociali, di problemi ancora non risolti, come l'insicurezza sociale, la questione abitativa, la situazione salariale di ampi settori della popolazione. Limiti, questi, che non possono mettere in dubbio i risultati positivi ottenuti in Venezuela da Chávez, nel perseguire la democratizzazione della società, l'ampliamento dei poteri delle fasce popolari e della popolazione indigena, la riduzione della giornata di lavoro, la fine dell'autonomia della Banca Centrale, il divieto del latifondo, il consolidamento dello Stato nel suo carattere pubblico, la realizzazione delle missioni, con cui il governo ha posto la questione sociale al centro della sua sfera di interessi, in ciò seguito da altri governi latinoamericani. E, a livello latinoamericano, la creazione dell'Alba, l'Alleanza bolivariana per l'America, a cui Chávez ha offerto un contributo determinante: una forma di integrazione tra i Paesi che parte dalle necessità dei popoli e dell'ambiente e non dalle necessità del capitale; un processo di integrazione economica e sociale dei popoli e dei governi che potenzia l'uso di tutte le risorse naturali, delle risorse di biodiversità, dell'agricoltura, dell'industria, a favore della soluzione dei problemi fondamentali del popolo e della crisi climatica. Una lotta per l'indipendenza economica dell'America Latina, perché smetta di essere un esportatore di ricchezze per l'Europa e gli Stati Uniti, e più recentemente per il Giappone e la Cina.
Per tutto questo, siamo convinti che, se dopo Berlusconi venisse Chávez, si aprirebbe per l'Italia una stagione di grandi riforme popolari, una grande promessa di futuro.
Amig@s MST*- Italia/Comitato di Roma
(MST= Movimento dei lavoratori senza terra del Brasile)