Il 17 dicembre 2009 un sedicente Iranian Cyber Army avrebbe modificato i DNS di Twitter reindirizzando per qualche ora il dominio sull'immagine qui sopra; il defacement è durato quel tanto che bastava perché Google lo registrasse.
La notizia viene riportata in TechCrunch.

Nel corso dei violentissimi scontri di piazza che hanno seguito le elezioni presidenziali del giugno 2009, Twitter è stato presentato dal gazzettaio come uno strumento web non "filtrato" dal "regime", a disposizione dei "dissidenti".
Twitter è stato oggetto di una spudorata campagna di marketing proprio in coincidenza con le elezioni presidenziali iraniane ed è probabile che il proliferare incontrollato di cinguettate from Iran cui era impossibile attribuire una paternità pur che fosse -qualcuno asserì che la Repubblica Islamica stava "perdendo il controllo dell'esercito"...- abbia finito per danneggiare gravemente gli stessi soggetti e le stesse organizzazioni che pretendeva di aiutare.
Altro che "dissidenti" e "libertà". La nostra opinione è che non si siano mai visti i sottoscala e le cantine di Tel Aviv tanto ben informati sull'evoluzione della situazione in Iran come in quei giorni di giugno.
Eloquentemente, qualche mese dopo i responsabili di Twitter ripristinarono la visibilità degli IP di provenienza dei messaggi.
Gli autori del defacement avrebbero lasciato scritto in farsi: "Nel nome d'Iddio, questa è la mia reazione di cittadino iraniano contro l'intromissione di Twitter negli affari interni del mio paese, ordinata dalle autorità statunitensi...".

Post scriptum. Molte gazzette hanno parlato di "scritte in arabo". Tutti i giorni da trent'anni almeno la Repubblica Islamica dell'Iran viene denigrata da cialtroni che non sanno neppure quali lingue vi si parlino. Sull'attendibilità delle notizie diffuse da elementi del genere è meglio non trarre conclusioni.