Il 14 luglio del 2009, oltre quattro anni dopo i fatti, i protagonisti di una doverosa e fin troppo civile contestazione nei confronti dell'ambasciatore sionista vengono assolti. Nei quattro anni trascorsi le iniziative militari e politiche dei sionisti hanno confermato in pieno le ragioni -tutte- dei contestatori, ma è realistico non contare troppo sull'influenza che gli avvenimenti degli ultimi anni possono avere avuto sulla sentenza.
La presentazione mediatica dell'entità statale sionista così come viene costruita dai mass media peninsulari è affetta da un bias positivo speculare a quello negativo che colpisce invariabilmente la Repubblica Islamica dell'Iran.
I mass media ed i politicanti da poltrona non hanno quindi alcuna tolleranza verso chi dissenta, più o meno apertamente, dalle politiche belliciste che l'entità sionista porta avanti in tutta tranquillità: una prassi consolidata consente di derubricare ad antisemita e a nostalgico di Auschwitz ogni contestatore, per quanto documentati e fondati possano essere i suoi rilievi.
Nel 2005 gli yankee avevano "vinto" da due anni circa la guerra contro Saddam Hussein: gli iracheni, non ancora promossi ad insurgents, dovevano accontentarsi della benpensante definizione di terroristi, onnicomprensiva a tutt'oggi di tutti i comportamenti che vanno dal dirottamento aereo all'urlare troppo forte al pallonaio la domenica pomeriggio.
I futuri colpi di testa dei sionisti erano già abbastanza divinabili, dall'aggressione al Libano dell'anno dopo alla guerra elettorale a Gaza del 2009. In queste allegre circostanze, il 21 febbraio di quell'anno la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Firenze invitò a parlare un certo Ehud Gol, sul tema "Prospettive di pace in Medio Oriente".
Questo Ehud Gol era all'epoca ambasciatore dello stato sionista e per qualche tempo fu una specie di mito per l'"occidentalismo" più basso, quello da cravatta e poltrona, guidato da una grossa ed onnipresente schiera di pennaioli sempre pronti a parteggiare per il più forte. Una più realistica intestazione della giornata, dunque, avrebbe potuto essere "Prospettive per il dominio sionista in Medio Oriente e per un dominio mondiale degli Stati Uniti d'AmeriKKKa". Ora, il mondo accademico, per fortuna, non coincide ancora del tutto con quello dipinto dai mass media, per cui capitò che Ehud Gol venisse accolto prima da bordate di fischi, cori e striscioni pro Palestina e poi, nell'aula del dibattito, da un auditorio tutt'altro che accondiscendente. Dal che si conclude che il dibattito e la "conferenza" ci furono eccome, anche se gli esiti non furono quelli propagandisticamente desiderabili, e che il fatto che l'ambasciatore "non fu fatto parlare" è l'ennesima menzogna sostenuta da scansafatiche che di menzogne vivono.
Si può contestare l'ambasciatore sionista, visto che quello cinese o quello cubano vengono accolti da claques anche più fracassone, claques guidate non gratis da ometti incapaci di laurearsi in quindici anni e ciò nonostante capacissimi di parlare di "meritocrazia" in àmbito universitario?
No, non si può.
Non si può perché prima ti becchi del fascista da Amos Luzzatto in persona, e poi ti becchi una denuncia.
La denuncia fa il suo corso ed arriva a destinazione oltre quattro anni dopo, con l'assoluzione di tutti e sei i denunciati, ai quali si era comunque trovato il modo di mettere le mani in tasca.
Daniela Misul, presidentessa della comunità ebraica di Firenze, incolpa dell'episodio una mistura di "pregiudizio" e di "mancanza di informazione" sulla realtà dello stato sionista. Ed è difficile darle torto, per due motivi.
Il primo è che Ehud Gol accusò i manifestanti di essere "pagati dai palestinesi" mostrando effettivamente una voluta e grossolana ignoranza delle motivazioni alla base delle contestazioni ricevute... e rivelando al contempo un aspetto non secondario della forma mentis di quelli come lui, secondo i quali è evidentemente inconcepibile qualunque azione politica non sia dettata da un tornaconto immediato e personale.
Il secondo è che se effettivamente più persone fossero compiutamente informate su quanto succede in Medio Oriente in generale e nei territori palestinesi in particolare, ovvero se la penisola italiana non fosse dominata da un sistema mediatico il cui filosionismo supera addirittura quello dei politicanti, difficilmente le personalità dello stato sionista sfuggirebbero a contestazioni anche più perentorie di quella toccata a Gol.
La presentazione mediatica dell'entità statale sionista così come viene costruita dai mass media peninsulari è affetta da un bias positivo speculare a quello negativo che colpisce invariabilmente la Repubblica Islamica dell'Iran.
I mass media ed i politicanti da poltrona non hanno quindi alcuna tolleranza verso chi dissenta, più o meno apertamente, dalle politiche belliciste che l'entità sionista porta avanti in tutta tranquillità: una prassi consolidata consente di derubricare ad antisemita e a nostalgico di Auschwitz ogni contestatore, per quanto documentati e fondati possano essere i suoi rilievi.
Nel 2005 gli yankee avevano "vinto" da due anni circa la guerra contro Saddam Hussein: gli iracheni, non ancora promossi ad insurgents, dovevano accontentarsi della benpensante definizione di terroristi, onnicomprensiva a tutt'oggi di tutti i comportamenti che vanno dal dirottamento aereo all'urlare troppo forte al pallonaio la domenica pomeriggio.
I futuri colpi di testa dei sionisti erano già abbastanza divinabili, dall'aggressione al Libano dell'anno dopo alla guerra elettorale a Gaza del 2009. In queste allegre circostanze, il 21 febbraio di quell'anno la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Firenze invitò a parlare un certo Ehud Gol, sul tema "Prospettive di pace in Medio Oriente".
Questo Ehud Gol era all'epoca ambasciatore dello stato sionista e per qualche tempo fu una specie di mito per l'"occidentalismo" più basso, quello da cravatta e poltrona, guidato da una grossa ed onnipresente schiera di pennaioli sempre pronti a parteggiare per il più forte. Una più realistica intestazione della giornata, dunque, avrebbe potuto essere "Prospettive per il dominio sionista in Medio Oriente e per un dominio mondiale degli Stati Uniti d'AmeriKKKa". Ora, il mondo accademico, per fortuna, non coincide ancora del tutto con quello dipinto dai mass media, per cui capitò che Ehud Gol venisse accolto prima da bordate di fischi, cori e striscioni pro Palestina e poi, nell'aula del dibattito, da un auditorio tutt'altro che accondiscendente. Dal che si conclude che il dibattito e la "conferenza" ci furono eccome, anche se gli esiti non furono quelli propagandisticamente desiderabili, e che il fatto che l'ambasciatore "non fu fatto parlare" è l'ennesima menzogna sostenuta da scansafatiche che di menzogne vivono.
Si può contestare l'ambasciatore sionista, visto che quello cinese o quello cubano vengono accolti da claques anche più fracassone, claques guidate non gratis da ometti incapaci di laurearsi in quindici anni e ciò nonostante capacissimi di parlare di "meritocrazia" in àmbito universitario?
No, non si può.
Non si può perché prima ti becchi del fascista da Amos Luzzatto in persona, e poi ti becchi una denuncia.
La denuncia fa il suo corso ed arriva a destinazione oltre quattro anni dopo, con l'assoluzione di tutti e sei i denunciati, ai quali si era comunque trovato il modo di mettere le mani in tasca.
Daniela Misul, presidentessa della comunità ebraica di Firenze, incolpa dell'episodio una mistura di "pregiudizio" e di "mancanza di informazione" sulla realtà dello stato sionista. Ed è difficile darle torto, per due motivi.
Il primo è che Ehud Gol accusò i manifestanti di essere "pagati dai palestinesi" mostrando effettivamente una voluta e grossolana ignoranza delle motivazioni alla base delle contestazioni ricevute... e rivelando al contempo un aspetto non secondario della forma mentis di quelli come lui, secondo i quali è evidentemente inconcepibile qualunque azione politica non sia dettata da un tornaconto immediato e personale.
Il secondo è che se effettivamente più persone fossero compiutamente informate su quanto succede in Medio Oriente in generale e nei territori palestinesi in particolare, ovvero se la penisola italiana non fosse dominata da un sistema mediatico il cui filosionismo supera addirittura quello dei politicanti, difficilmente le personalità dello stato sionista sfuggirebbero a contestazioni anche più perentorie di quella toccata a Gol.