All'inizio del giugno 2008 il presidente della Repubblica Islamica dell'Iran Mahmoud Ahmadinejad ha presenziato alla conferenza della FAO a Roma. I sudditi dello stato di cui Roma è capitale sono stati indottrinati sull'evento con lo spolvero delle grandi occasioni: manifestazioni pro-israele, manifestazioni degli esuli iraniani e completa indifferenza -se non aperta ostilità- dei politicanti hanno occupato ogni spazio mediatico a disposizione, oscurando propositi ed affermazioni del presidente iraniano. Nihil sub sole novum. Dal 1979 i rappresentanti della Repubblica Islamica devono in ogni caso vedersela con cori di critiche monolitici qualsiasi cosa facciano o dicano. E se per caso non fanno o non dicono cose suscettibili di essere rivendute con profitto in sede politica e mediatica, si possono sempre imbrogliare le carte. |
E' il caso di Ahmadinejad, ingegnere civile con trascorsi di combattente, vincitore delle elezioni presidenziali del 2005 e divenuto famoso in patria non per i motivi per i quali diventano famosi i politicanti "occidentali" come la manifesta incompetenza, le amanti, i consumi smodati, il lifting o la passione per la cocaina, ma per la spartanità del suo stile di vita e per la modestia cui impronta costantemente il suo atteggiamento. Da sindaco di Teheran, ad esempio, evitò di trasferirsi nella residenza che gli sarebbe spettata di diritto, ritenendola troppo lussuosa; dopo la vittoria elettorale non ha voluto che la sua foto ufficiale comparisse negli uffici pubblici. In "occidente", Ahmadinejad viene invece costantemente ritratto come intento a cancellare a colpi di bomba atomica lo Stato d'Israele. Ed in mezzo ad una pubblica opinione coscritta al sionismo di complemento ad immagine e somiglianza della classe politica peninsulare, le continue operazioni denigratorie basate su questo cliché non trovano nessuno ad obiettare.
Ovviamente, Mahmoud Ahmadinejad non ha mai espresso concetti di questo genere. La frase da lui pronunciata non parla di "cancellazione dalle carte geografiche" di Israele, e tanto meno afferma che sarà la Repubblica Islamica a cancellare Israele con chissà quale bombardamento. Ahmadinejad ha detto che il regime sionista "deve svanire dalla pagina del tempo" secondo quanto predetto a suo tempo dall'ayatollah Khomeini. La prima interpretazione che si può dare di queste parole è di tipo religioso. Ahmadinejad ha utilizzato parole di risonanza apocalittica in linea con la weltanschauung sciita. La seconda interpretazione è di tipo demografico; da questo punto di vista le affermazioni di Ahmadinejad non aggiungono nulla ad una situazione demografica che le autorità israeliane hanno "corretto" più volte a proprio favore favorendo aliot indiscriminate.
Al centro della stigmatizzazione mediatica "occidentale" è tuttavia l'aperto antisionismo dei politici iraniani, condiviso da buona parte dei cittadini della Repubblica Islamica, non necessariamente concentrati nelle fasce più povere della popolazione. In "occidente" sono in troppi a non essersi ancora resi conto che il crollo di muri epocali -e l'elevazione di altri a Tijuana e in Palestina sui quali non esiste alcun battage mediatico- e la diffusione delle tecnologie permettono anche a chi si riconosce in punti di vista opposti a quelli americani di poter operare efficacemente attraverso la comunicazione politica.
Mahmoud Ahmadinejad è, sostanzialmente, colpevole di utilizzare i mass media a beneficio delle proprie cause, che sono le cause in cui si riconoscono i suoi elettori, e di farlo in risposta alla pioggia incessante di odio che i mass media "occidentali" rovesciano sul suo paese da trent'anni a questa parte.
Un'altra cosa sulla quale in "occidente" regna una incomprensione ostentata ed ampiamente intrisa di malafede è il fatto che non tutta l'opinione pubblica mondiale -anzi, sempre meno persone in sempre meno paesi, sembrerebbe- approva il comportamento del governo e dell'esercito dello Stato d'Israele. Ai media "occidentali", per i quali criticare questo o quell'aspetto della criticabilissima politica israeliana equivale praticamente a rendersi corresponsabili della Shoah, per fortuna ne fanno eco altri, che con la stessa efficacia comunicativa mostrano aspetti ben differenti della vita quotidiana nei territori occupati e nella striscia di Gaza. Le TV satellitari come AlJazeera sono poco controllabili ed hanno un séguito imponente in tutto dar al'Islam; il presidente yankee George Bush, che a differenza di Ahmadinejad ha tentato di dare ampia e concreta realizzazione ai propri disegni politico-militari, pensò seriamente di distruggerne la sede nel 2005. Va detto che la sede di AlJazeera è nel Qatar: i propositi di Bush indicano bene in qual conto gli USA tengano i propri alleati.
In altre parole, esiste una parte crescente dell'opinione pubblica mondiale che non ha una concezione romantica o religiosa dello Stato d'Israele e che tende a considerarne l'esperienza come quella di una conquista coloniale fuori tempo massimo. La Naqba, la Catastrofe: così in dar al'Islam è chiamata la fondazione dello Stato d'Israele. Ora, il problema, per gli "occidentali" e soprattutto per gli "occidentalisti", è che il mondo globalizzato sta incarnando le loro previsioni più rosee (o più nere, a seconda del punto di vista): le persone valgono ed esistono nella misura in cui vale ed in cui esiste il loro potere d'acquisto. E il potere d'acquisto delle persone in dar al'Islam, portate a considerare negativamente l'esperienza sionista, sta salendo; quello degli "occidentali" catechizzati dal sionismo interessato sta drasticamente calando. L'atteggiamento degli imprenditori che hanno accettato di incontrare Ahmadinejad appare come molto più concreto e costruttivo -sia pur con tutti i limiti dettati dall'interesse economico- di quello dei politicanti che lo hanno disertato in massa, lasciando addirittura che fosse il forzanovista Roberto Fiore ad incontrare il presidente della Repubblica Islamica dell'Iran ed a tacciare di razzismo (da che pulpito...) la società israeliana.
Ovviamente, Mahmoud Ahmadinejad non ha mai espresso concetti di questo genere. La frase da lui pronunciata non parla di "cancellazione dalle carte geografiche" di Israele, e tanto meno afferma che sarà la Repubblica Islamica a cancellare Israele con chissà quale bombardamento. Ahmadinejad ha detto che il regime sionista "deve svanire dalla pagina del tempo" secondo quanto predetto a suo tempo dall'ayatollah Khomeini. La prima interpretazione che si può dare di queste parole è di tipo religioso. Ahmadinejad ha utilizzato parole di risonanza apocalittica in linea con la weltanschauung sciita. La seconda interpretazione è di tipo demografico; da questo punto di vista le affermazioni di Ahmadinejad non aggiungono nulla ad una situazione demografica che le autorità israeliane hanno "corretto" più volte a proprio favore favorendo aliot indiscriminate.
Al centro della stigmatizzazione mediatica "occidentale" è tuttavia l'aperto antisionismo dei politici iraniani, condiviso da buona parte dei cittadini della Repubblica Islamica, non necessariamente concentrati nelle fasce più povere della popolazione. In "occidente" sono in troppi a non essersi ancora resi conto che il crollo di muri epocali -e l'elevazione di altri a Tijuana e in Palestina sui quali non esiste alcun battage mediatico- e la diffusione delle tecnologie permettono anche a chi si riconosce in punti di vista opposti a quelli americani di poter operare efficacemente attraverso la comunicazione politica.
Mahmoud Ahmadinejad è, sostanzialmente, colpevole di utilizzare i mass media a beneficio delle proprie cause, che sono le cause in cui si riconoscono i suoi elettori, e di farlo in risposta alla pioggia incessante di odio che i mass media "occidentali" rovesciano sul suo paese da trent'anni a questa parte.
Un'altra cosa sulla quale in "occidente" regna una incomprensione ostentata ed ampiamente intrisa di malafede è il fatto che non tutta l'opinione pubblica mondiale -anzi, sempre meno persone in sempre meno paesi, sembrerebbe- approva il comportamento del governo e dell'esercito dello Stato d'Israele. Ai media "occidentali", per i quali criticare questo o quell'aspetto della criticabilissima politica israeliana equivale praticamente a rendersi corresponsabili della Shoah, per fortuna ne fanno eco altri, che con la stessa efficacia comunicativa mostrano aspetti ben differenti della vita quotidiana nei territori occupati e nella striscia di Gaza. Le TV satellitari come AlJazeera sono poco controllabili ed hanno un séguito imponente in tutto dar al'Islam; il presidente yankee George Bush, che a differenza di Ahmadinejad ha tentato di dare ampia e concreta realizzazione ai propri disegni politico-militari, pensò seriamente di distruggerne la sede nel 2005. Va detto che la sede di AlJazeera è nel Qatar: i propositi di Bush indicano bene in qual conto gli USA tengano i propri alleati.
In altre parole, esiste una parte crescente dell'opinione pubblica mondiale che non ha una concezione romantica o religiosa dello Stato d'Israele e che tende a considerarne l'esperienza come quella di una conquista coloniale fuori tempo massimo. La Naqba, la Catastrofe: così in dar al'Islam è chiamata la fondazione dello Stato d'Israele. Ora, il problema, per gli "occidentali" e soprattutto per gli "occidentalisti", è che il mondo globalizzato sta incarnando le loro previsioni più rosee (o più nere, a seconda del punto di vista): le persone valgono ed esistono nella misura in cui vale ed in cui esiste il loro potere d'acquisto. E il potere d'acquisto delle persone in dar al'Islam, portate a considerare negativamente l'esperienza sionista, sta salendo; quello degli "occidentali" catechizzati dal sionismo interessato sta drasticamente calando. L'atteggiamento degli imprenditori che hanno accettato di incontrare Ahmadinejad appare come molto più concreto e costruttivo -sia pur con tutti i limiti dettati dall'interesse economico- di quello dei politicanti che lo hanno disertato in massa, lasciando addirittura che fosse il forzanovista Roberto Fiore ad incontrare il presidente della Repubblica Islamica dell'Iran ed a tacciare di razzismo (da che pulpito...) la società israeliana.