Firenze. Statua di Fëdor Dostoevskij al parco delle Cascine, 2022
Nel 2024 qualcuno si è separato da del denaro e per motivi tutti suoi, di cui nulla ci interessa, ha mandato in giro per la penisola italiana delle "vele" pubblicitarie in cui figurano due mani che si stringono. Una ha i colori della bandiera della Federazione Russa, l'altra quelli della bandiera dello stato che occupa la penisola italiana.
La loro comparsa a Firenze non è piaciuta a Francesco Grazzini, un ben vestito limogé in consiglio comunale come vicario del considerevolmente impopolare Matteo Renzi.
Da oltre due anni le ostilità tra Federazione Russa e Ucraina sono diventate guerra aperta. Il democratismo rappresentativo di Firenze ha scopertamente appoggiato la causa ucraina con i toni che gli sono consueti e che ha mutuato dall'"occidentalismo" dei tempi della democrazia da esportazione. Insomma, eccepire alla condotta di Kiev e alle ragioni del suo esecutivo è cosa che porta come minimo a essere ascritti d'ufficio al ruolo dei nostalgici dei gulag.
In queste pagine ha radici consolidate la prassi di reagire a prese di posizione di questo genere assumendo briosamente l'atteggiamento opposto, in modo tanto più intransigente quanto più insistono gazzette e telegazzettini.
Su quale utopia democratica fosse l'Ucraina che si è ritrovata con i russi in casa esiste una letteratura piuttosto corposa. Che da sola non basterebbe per giustificare l'astio di chi si augura senza mezzi termini di vedere un certo numero di persone educate in giro per le strade di Lisbona. Per capire la poca ricettività alle istanze dei matteirenzi occorre considerare anche il fatto che a Firenze in molti ben vestiti autonominatisi custodi del democratismo le simpatie per la causa ucraina vanno spesso di pari passo con quelle per lo stato sionista. Si potrebbe supporre che l'offensiva di Hamas del 7 ottobre 2023 sia risultata intollerabile in certi ambienti perché ha lasciato con un palmo di naso i sistemi di sorveglianza più pubblicizzati del mondo, gettando una luce indesiderata sul "modello Tel Aviv" per la sicurezza urbana e sui suoi sostenitori.
O forse sarebbe meglio dire sui suoi rappresentanti.
In terzo luogo, occupare l'agenda con le nefandezze russe è utile a mettere in secondo piano la continua, metodica, incessante erosione degli spazi di agibilità pubblica e politica; la politica e le amministrazioni "occidentali" sono da anni arrivate al punto di non sapere letteralmente più cosa sanzionare e gli unici comportamenti scevri da sospetto sono quelli di consumo e neppure tutti. Difficile ostentare una qualche superiorità etica quando la pratica politica quotidiana si compendia di un "più mercato" e "più galera" privi di qualsiasi ritegno e sul cui conto non occorre certo dilungarsi.