Marco Carrai è un ben vestito che riveste varie cariche ben remunerate. Tra queste, quella di console onorario dello stato sionista.
A Tel Aviv devono aver richiamato i rappresentanti dalle ferie e diramato direttive perentorie.
Enrico deve tenere insieme una comunità ferita ma che deve andare avanti, nel silenzio, nella solidità e solidarietà. Altra cosa è un'azione politica, perché non è possibile che all'ONU ci siano più condanne nei confronti dello stato sionista che di Hamas.
Enrico sa benissimo che essere ebrei è una cosa, essere sionisti un'altra, e che la litigiosità delle comunità ebraiche ha aspetti prodigiosi per cui è bene non insistere con certi argomenti, tanto più che il sionismo a Firenze non è mai stato molto popolare nemmeno in via Farini. Io invece faccio il console per lo stato sionista, cioè per il pied-à-terre mediorientale dei "valori occidentali". Che non ammettono l'esistenza di alternative o di contraddittori nemmeno davanti all'evidenza, per cui faccio finta di non capacitarmi che la stessa impopolarità di cui il sionismo soffre a Firenze si ripresenti allo stesso modo, anzi, molto molto peggio, anche all'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Poi Marco Carrai si indigna per una questione serissima:
Sarebbe possibile un rave party a Gaza? O una sfilata del Gay Pride?
C'è da dubitare che il ben vestito Carrai abbia mai partecipato a iniziative del genere; quando si è chiamati ad alti destini l'odore di popolo che promana dalle turbe in estasi rimane ostico anche a vent'anni. L'affermazione è comunque interessante perché ascrive la superiorità etica dello stato sionista e del suo sistema sociale e giuridico a iniziative che nei paesi "occidentali" vengono avallate solo se vengono giudicate sufficientemente remunerative. Nello stato che occupa la penisola italiana si è insediato un esecutivo che del contrasto ai rave party in particolare ha fatto un punto d'impegno, varando immediati provvedimenti restrittivi. Hamas ha impartito in questo settore un'autentica lezione di giridivite e tolleranzazzèro, strano che da Roma nessuno abbia espresso approvazione.
Sono stato assaltato da migliaia di commenti, il migliore dei quali era l'augurio che ci penzolassi io a testa in giù da quel balcone.
Le bandiere della pace sono da oltre vent'anni quasi una costante delle amministrazioni toscane, ma il signor console onorario storce il naso:
Non è più il tempo dell'equidistanza, la terzietà non sta bene con la verità.Persino Carrai è capace di esprimere concetti condivisibili: su questa affermazione è impossibile avere qualcosa da eccepire.
dovrebbero capire che la bandiera arcobaleno che espongono dalle finestre simboleggia l'alleanza tra Dio e gli uomini che è il concetto alla base dell'esistenza del popolo di Israele.
Un evento di gravità e bestialità senza precedenti con vittime civili, giovani, anziani, bambini, ragazzi che festeggiavano la propria libertà a un concerto, massacrati, trucidati e presi in ostaggio da bande che ricordano le squadre della morte iraniane. Sono eventi che non possono più prevedere la divisione tra favorevoli e contrari, richiedono un'unanime condanna. Non possono più esistere i 'se' e i 'ma', ci sono valori che devono unire tutti. A iniziare dalla consapevolezza che in questo conflitto da una parte c'è la democrazia e dall'altra l'odio.
Le congiunzioni ipotetiche e avversative esistono, continueranno a esistere, e le persone serie continueranno a ricorrervi; sarà il caso che Marco Carrai interiorizzi questo elemento del reale: la forza del suo argomentare ne trarrà senza dubbio molti vantaggi. E nel conflitto in essere l'odio è generato dall'esistenza di una compagine statale fondata sulla segregazione, che ha come già detto una storia da impresa coloniale, e che è logico che dei paesi segregazionisti e delle imprese coloniali abbia anche i problemi incluso quello della resistenza armata. Nel solo 2023 le forze armate e di "sicurezza" dello stato sionista hanno provocato una quarantina di vittime più o meno collaterali fra i palestinesi minorenni senza che nessuno infarcisse le gazzette con le proprie reazioni scomposte.
È chiaro che è ancora forte il pregiudizio storico che non nasce oggi ma da migliaia di anni, contro il popolo ebraico, fatto di film, vignette, luoghi comuni che da sempre descrivono gli ebrei come usurai, affamatori dei popoli, potenti che governano il mondo in modo prevaricatorio, ed è su questi pregiudizi che si sono formate le persecuzioni nel corso dei secoli. Pregiudizi che nell'era dei social, dove diventa vero ciò che è virale, vengono ancor più alimentati.
di studiare la storia e di dimostrare solidarietà allo stato sionista a tutti i livelli, cercando di capire perché un popolo che ha alla sua base l'alleanza tra Dio e gli uomini riceva tanto odio. Parliamo di valori che in nessun modo possono comprendere la brutalità degli assassini di Hamas.
[*]Non ci sarebbe nessun bisogno di ricorrere all'inglese, che viene qui usato con tono derisorio.