Il caos che gli "esperti" occidentali si aspettavano "facendosela addosso per l'eccitazione" e che si sarebbe scatenato in Russia comportando con certezza il fatto che "russi... avrebbero ucciso altri russi" con Putin "probabilmente nascosto da qualche parte" si è effettivamente verificato. Solo che è esploso in Francia, dove non era previsto, e alle corde ci è finito Macron a Parigi invece che Putin a Mosca.
C'è molto di cui fare tesoro in questo interessante rovesciamento delle aspettative e degli eventi, dalla storia di due insurrezioni dal carattere molto diverso. Sabato pomeriggio [8 luglio 2023, n.d.t.], dopo che Prigozhin aveva raggiunto Rostov, negli Stati Uniti si è diffusa la notizia che aveva raggiunto un accordo con il Presidente Lukashenko per porre fine alla sua protesta e andare in Bielorussia.
Si è così conclusa una vicenda in buona parte incruenta. Nessuno ha sostenuto Prigozhin, né nella classe politica né nell'esercito. L'establishment occidentale è rimasto sconcertato; le sue aspettative sono crollate nel giro di qualche ora in maniera apparentemente inspiegabile.
Altrettanto scioccanti per l'Occidente sono stati i video provenienti da Parigi e dalle città di tutta la Francia. Auto in fiamme, stazioni di polizia e sedi comunali incendiate, polizia attaccata e moltissimi negozi saccheggiati. Erano scene che sembravano riferirsi alla caduta dell'impero romano.
Alla fine anche questa insurrezione è evaporata. Tuttavia non è certo sfumata come l'"ammutinamento" di Prigozhin, che si è concluso con un'attestazione di sostegno allo Stato russo in sé e al Presidente Putin in persona. Nel caso dell'insurrezione francese non si è risolto un bel nulla; lo Stato viene considerato al di là di ogni possibile rimedio nella sua attuale iterazione: esso non è più una repubblica. E la posizione personale del Presidente Macron è stata messa a repentaglio forse in modo irreparabile.
A differenza di quanto successo in Russia il Presidente francese ha visto gran parte della polizia rivoltarglisi contro. Il sindacato della polizia ha rilasciato una dichiarazione che puzzava di imminente guerra civile, con i rivoltosi etichettati come "parassiti". Alti generali dell'esercito hanno anche avvertito Macron di "prendere in mano la situazione", altrimenti sarebbero stati costretti a farlo loro.
È chiaro che -anche se solo per nove giorni- le forze di polizia hanno voltato le spalle al Capo dello Stato. Tutta la storia ci dice che un leader che ha perso l'appoggio dei suoi esecutori può anch'egli finire male, magari alla prossima insurrezione.
Questa rivolta delle banlieues è stata liquidata con troppa faciloneria come la nuova recrudescenza di una inveterata piaga di origine algerina/marocchina. È vero che l'uccisione di un giovane di origine nordafricana ha scatenato immediatamente le rivolte in diverse città; in tutte sono scoppiati disordini nel giro di un'ora. Coloro che vogliono a tutti i costi negare che l'accaduto abbia una portata più ampia, nonostante le precedenti proteste di massa non siano state condotte dai banlieusards, lo fanno bofonchiando che i francesi sono gente facile a scendere in piazza...
In tutta franchezza, il problema di fondo che la Francia ha appena rivelato è la crisi paneuropea -in corso da tempo- per la quale non esistono soluzioni pronte. È una crisi che minaccia tutta l'Europa. I commentatori si affrettano a suggerire che proteste di piazza come quelle francesi non possono minacciare uno Stato europeo perché erratiche e prive di una piattaforma politica.
Stephen Kotkin tuttavia ha scritto Uncivil Society in risposta al mito preponderante per cui se non esiste una società civile organizzata in modo parallelo, in grado di opporsi a un regime e di arrivare infine a smantellarlo, gli Stati della UE sono perfettamente al sicuro e possono andare dritti per la loro strada ignorando la rabbia popolare.
La tesi di Kotkin è che i regimi comunisti caddero non solo inaspettatamente e sostanzialmente da un giorno all'altro, ma anche (tranne che in Polonia) senza che esistesse alcuna opposizione organizzata. È un mito assoluto che il comunismo sia caduto perché esisteva una società civile contraria, scrive. Questo mito persiste tuttavia all'interno di un Occidente che si affanna a creare opposizioni a livello di società civile per promuovere i propri obiettivi di rovesciamento dei governi.
L'unica struttura organizzata nell'Europa orientale comunista era la Nomenklatura al potere. Kotkin stima che questa burocrazia tecnocratica al potere assommasse a circa il 5-7% della popolazione; persone che interagivano quotidianamente tra loro e che costituivano l'entità coerente che deteneva il potere effettivo. Persone che vivevano una realtà parallela e privilegiata, completamente separata dal mondo circostante, e che modellavano ogni aspetto della vita a proprio vantaggio. Finché un giorno smise di farlo. Fu questa tecnocrazia a crollare nel 1989.
Cosa provocò l'improvviso crollo di questi Stati? La recisa risposta di Kotkin è che si trattò di un venir meno a cascata della fiducia: l'equivalente politico di un episodio di panico bancario. E l'evento cruciale nel rovesciamento di tutti i governi comunisti furono le proteste di piazza. Così gli eventi del 1989 hanno stupito l'intero Occidente: per il fatto che mancava un'opposizione politica organizzata.
Il punto ovviamente è che l'odierna tecnocrazia europea, che rispetto alla maggior parte degli europei vive una realtà parallela tutta sua fatta di estrema attenzione per le questioni di genere, per la diversità e per l'agenda verde, presume compiaciuta di poter sopprimere la protesta controllando la narrativa, e di poter andare avanti con l'imposizione di un futuro a misura di Forum Economico Mondiale, che cancelli senza trovare ostacoli le identità e le culture nazionali.
Ciò che sta accadendo in Francia -in forme diverse- è proprio l'equivalente politico di un episodio di panico bancario a scapito del Presidente francese. E ciò che sta accadendo in Francia può anche diffondersi...
Naturalmente, negli Stati comunisti si erano verificate anche in precedenza delle proteste di piazza. Kotkin sostiene che a fare la differenza nel 1989 fu l'estrema fragilità del regime. I due elementi scatenanti nell'immediato, oltre alla pura incompetenza e alla sclerotizzazione, furono il rifiuto di Mikhail Gorbaciov di avallare la repressione (un comportamento analogo a quello di Macron nel caso degli episodi recenti), e il fallimento dello schema economico Ponzi in cui tutti quegli stati erano impelagati prendendo in prestito valuta forte dall'Occidente per sostenere le proprie economie.
Questo punto permette di capire perché i recenti accadimenti in Francia sono così gravi e hanno un impatto tanto più vasto. L'Europa infatti sta perversamente percorrendo la stessa parabola -sia pure con peculiarità occidentali- che ha percorso l'Europa dell'Est.
Dopo le due guerre mondiali gli europei occidentali hanno cercato di realizzare una società più giusta; la società industriale che aveva preceduto le guerre era scopertamente feudale e brutale. Gli europei volevano un nuovo contratto sociale che si occupasse anche dei meno favoriti. Non si cercava il socialismo in sé, anche se alcuni volevano chiaramente il comunismo; in sostanza, si trattava di reinserire alcuni valori etici in una sfera economica all'insegna di un laissez-faire amorale.
Le cose non sono andate troppo bene. Il sistema si è enfiato fino a quando gli Stati occidentali non hanno potuto più permetterselo. Il debito è alle stelle. Poi, negli anni '80, fu adottato quello che sembrava un "rimedio" rilevandolo dai fanatici neoliberisti della Scuola di Chicago, che predicavano il logoramento dell'infrastruttura sociale e la finanziarizzazione dell'economia.
I proseliti di Chicago dissero al Primo Ministro Thatcher di smettere di costruire navi o di produrre automobili; che ci pensassero in Asia. L'industria dei servizi finanziari era la gallina dalle uova d'oro del futuro. La cura si è rivelata peggiore della malattia. Paradossalmente, il difetto del paradigma economico cui si era deciso di aderire era stato percepito da Friedrich List e dalla Scuola tedesca di economia già nel XIX secolo. List notò la stortura del modello anglosassone basato su un consumo fondato sul debito: in poche parole, il benessere di una società e la sua ricchezza complessiva non sono determinati da ciò che essa può comprare, ma da ciò che può produrre.
List prevedeva che la tendenza a privilegiare il consumo anteponendolo alla costruzione dell'economia reale avrebbe inevitabilmente portato a un indebolimento dell'economia: man mano che i consumi e un settore finanziario e dei servizi dalla portata effimera avrebbero rubato l'"ossigeno" degli investimenti freschi alla produzione reale, in ogni caso necessaria per pagare le importazioni, l'economia reale sarebbe deperita.
Questo avrebbe portato all'erosione della fiducia in se stessi, con una base sempre più ridotta di creazione di ricchezza reale a sostenere un numero sempre minore di occupati adeguatamente retribuiti. E per sostenere un numero sempre più ridotto di persone occupate in modo produttivo sarebbe diventato necessario un debito sempre maggiore. Eccola qui, la favola francese.
Negli Stati Uniti ad esempio i disoccupati ufficiali sono 6,1 milioni, ma 99,8 milioni di statunitensi in età lavorativa sono considerati "non appartenenti alla forza lavoro". In totale, quindi, 105 milioni di statunitensi in età lavorativa un lavoro non lo hanno.
È la stessa trappola in cui si dibattono la Francia e gran parte dell'Europa. L'inflazione è in aumento, l'economia reale si sta contraendo, l'occupazione ben retribuita si sta riducendo, mentre il tessuto di sostegno è stato sventrato per motivi ideologici.
La situazione è desolante. L'aumento dell'immigrazione in Europa aggrava il problema. Tutti se ne rendono conto, tranne la nomenklatura europea che continua a negare in nome dell'ideologia della "società aperta". Ecco il punto: non ci sono soluzioni. Sciogliere le contraddizioni strutturali del modello di Chicago è al di là delle attuali capacità politiche occidentali.
La sinistra non ha soluzioni, alla destra non si permette di esprimere un'opinione. Zugzwang. Scacco matto.
Il che ci riporta a "Le due città" e al modo molto diverso con cui vivono gli episodi insurrezionali: In Francia, non esiste soluzione. In Russia, Putin e milioni di altri hanno sperimentato la "terapia d'urto" della liberalizzazione dei prezzi e dell'iperfinanziarizzazione durante gli anni di Eltsin.
E Putin ha capito. Come aveva previsto List, il modello finanziario "anglosassone" aveva eroso la fiducia del paese in se stesso e ridotto la base della creazione di ricchezza reale, quella che forniva i posti di lavoro necessari a sostenere la popolazione russa.
Negli anni di Eltsin molte persone persero il lavoro, non ricevettero stipendio, videro crollare il valore reale dei loro redditi. Oligarchi apparentemente sbucati dal nulla arrivarono a saccheggiare qualsiasi settore che avesse valore. Ci furono iperinflazione, gangsterismo, corruzione, corse all'accaparramento di valuta pregiata, fuga di capitali, povertà disperata, aumento dell'alcolismo, declino della salute e volgari e dispendiose ostentazioni di ricchezza da parte dei super ricchi.
Tuttavia, l'influenza principale su Putin è stata esercitata dal Presidente Xi. Quest'ultimo aveva chiarito, in una acuta analisi intitolata "Perché l'Unione Sovietica si è disintegrata?", che il ripudio sovietico della storia del Partito Comunista dell'Unione Sovietica di Lenin e di Stalin "ha portato il caos nell'ideologia sovietica e ad abbracciare il nichilismo storico".
Xi sosteneva che, dati i due poli dell'antinomia ideologica -la costruzione anglostatunitense da un lato, la critica escatologica leninista del sistema economico occidentale dall'altro- le "classi dirigenti sovietiche avevano smesso di credere" nel loro polo, e di conseguenza erano scivolate in uno stato di nichilismo (con il perno dell'ideologia liberal-mercantile occidentale nell'era Gorbaciov-Yeltsin). Xi avanzava una considerazione precisa: la Cina non aveva mai compiuto una simile deviazione. In parole povere, per Xi, la débâcle economica di Eltsin è stata il risultato della svolta verso il liberalismo occidentale. E Putin si è dimostrato d'accordo.
Secondo le parole di Putin, la Cina "è riuscita nel miglior modo possibile, a mio avviso, a utilizzare le leve dell'amministrazione centrale (per) lo sviluppo di un'economia di mercato... L'Unione Sovietica non ha fatto nulla di simile, e i risultati di una politica economica inefficace hanno avuto impatto sulla sfera politica".
Ma è proprio in questo che la Russia, sotto Putin, ha operato correzioni. Mescolando l'ideologia di Lenin con le intuizioni economiche di List (un seguace di List, il conte Sergei Witte, fu Primo Ministro nella Russia del 19° secolo), la Russia ha preso fiducia in se stessa.
L'Occidente non ne è convinto. L'Occidente si ostina a vedere la Russia come uno Stato fragile e propenso a sgretolarsi, finanziariamente in difficoltà tali che un qualsiasi rovescio sul fronte ucraino potrebbe provocare un crollo finanziario da panico (come si è visto nel 1998) e gettare Mosca in condizioni di anarchia politica simili a quella dell'era Eltsin.
Sulla base di questa analisi errata e assurda, l'Occidente ha mosso guerra alla Russia attraverso l'Ucraina. La strategia di questa guerra è sempre stata basata sul postulato di una fragilità politica ed economica della Russia, e sulla debolezza di un esercito impantanato in rigide strutture di comando di tipo sovietico.
La guerra può essere in gran parte attribuita a questo non aver considerato il forte convincimento di Xi e di Putin che la devastazione dei tempi di Eltsin non fosse altro che il risultato inevitabile della svolta verso il liberalismo occidentale. E che questa stortura richiedesse una correzione concertata, che Putin ha debitamente effettuato ma che l'Occidente non ha notato.
Gli Stati Uniti perseverano, a dispetto di ogni evidenza, nella convinzione che la fragilità intrinseca della Russia si spieghi con il suo allontanamento dalle dottrine economiche "anglosassoni". Un atteggiamento che riflette il pio desiderio occidentale.
La maggior parte dei russi invece considera spiegabile la resilienza della Russia a fronte del concertato attacco finanziario occidentale, perché Putin ha ampiamente spinto la Russia verso l'autosufficienza, al di fuori della sfera economica occidentale dominata dagli Stati Uniti.
Così si spiega il paradosso: di fronte alla "insurrezione" di Prigozhin i russi hanno espresso fiducia e sostegno allo Stato russo. Mentre nel caso dell'insurrezione francese, il popolo ha espresso malcontento e rabbia per la "trappola" in cui si trova. La corsa agli sportelli, per la "banca" Macron, è cominciata.