Traduzione da Strategic Culture, 22 maggio 2023.
Secondo ogni parametro l'Unione Europea ha investito troppo nella guerra in Ucraina. E anche nel suo idillio con Zelensky. All'inizio di quest'anno la narrativa occidentale (e della Unione Europea) era che l'imminente offensiva ucraina di fine inverno avrebbe "spezzato" la Russia e dato il "colpo di grazia" alla guerra. I titoli dei media erano ineccepiblimente accordati nel raffigurare una Russia allo stremo. Adesso invece i toni dello establishment hanno fatto una virata completa... e la Russia allo stremo non è affatto.
Due media anglo-ameriKKKani molto vicini allo establishment nel Regno Unito (un ambiente in cui spesso emergono messaggi dello establishment statunitense) hanno finalmente -e amaramente- ammesso: "Le sanzioni alla Russia sono fallite". Il Telegraph lamenta che sono "una barzelletta"; "la Russia sarebbe dovuta essere già crollata". Sia pure con ritardo, anche in Europa si sta facendo strada la consapevolezza che le offensive ucraine non saranno decisive, come invece ci si aspettava solo poche settimane fa.
Foreign Affairs in un articolo di Kofman e Lee sostiene che, dato che l'offensiva ucraina non approderebbe a nulla, l'unico modo per andare avanti senza subire una sconfitta che comporterebbe una umiliazione di portata storica è quello di "tirarla in lungo il più possibile" e di concentrarsi sulla costruzione di una coalizione favorevole al proseguimento della guerra che possa sperare di eguagliare il potenziale economico-militare con cui la Russia la sostiene a lungo termine.
"Kofman e Lee spiegano per gradi perché non ci si deve aspettare alcun successo clamoroso o decisivo da nessun punto di vista, e perché invece la narrazione deve spostarsi verso la costruzione di un'infrastruttura di sostegno a lungo termine per l'Ucraina, in modo che essa sia in grado di combattere quello che ormai sarà probabilmente un conflitto molto lungo e prolungato", osserva il commentatore indipendente Simplicus.
In parole povere i leader europei si sono cacciati in un pantano profondo. Gli stati europei hanno ripulito i loro arsenali di quanto rimaneva dei vecchi armamenti per passarli a Kiev, avevano cupamente sperato che l'imminente offensiva di primavera/estate avrebbe risolto tutto e che non avrebbero più dovuto occuparsi del problema della guerra in Ucraina. Speranza fallace: sono stati invitati a impantanarsi ancora di più. Se (per la NATO e per gli Stati Uniti) valga la pena affrontare un "conflitto prolungato" pur di evitare di uscirne umiliati, Kofman e Lee non lo dicono. Gli Stati Uniti dopotutto sono sopravvissuti, al loro ritiro da Kabul.
I leader europei non sembrano comunque rendersi conto che i prossimi mesi in Ucraina rappresentano un punto di svolta fondamentale; se l'UE non rifiuta con fermezza di incrementare il proprio impegno già adesso, ne deriverà una serie di conseguenze economiche negative. L'Ucraina non è una questione di politica estera a sé stante, ma piuttosto il perno attorno al quale ruoteranno le prospettive economiche europee. Il veloce giro in Europa con cui Zelensky ha chiesto gli F-16 la scorsa settimana è indicativo del fatto che, mentre alcuni leader europei vogliono che Zelensky ponga fine alla guerra, lui -al contrario- vuole (letteralmente) portare la guerra in Russia e probabilmente in tutta Europa.
"Finora", ha riferito Seymour Hersh citando un funzionario statunitense, "Zelensky ha rifiutato i consigli [sul porre fine alla guerra] e ha ignorato le offerte di ingenti somme di denaro volte ad agevolare il suo ritiro in una tenuta di sua proprietà nella penisola italiana. Nell'amministrazione Biden non trova alcun sostegno un accordo che preveda l'uscita di scena di Zelensky, e i vertici di Francia e Inghilterra "sono troppo legati" a Biden per contemplare una simile eventualità".
"E Zelensky vuole ancora di più", ha detto il citato funzionario. "Zelensky ci sta dicendo: se volete vincere la guerra dovete darmi più soldi e più materiali: 'I generali devo pagarli' ci sta dicendo", sostiene il funzionario: se sarà costretto a lasciare la sua carica, questa "andrà dal miglior offerente. Farebbe meglio a trasferirsi nella penisola italiana piuttosto che restare e magari farsi uccidere dal suo stesso popolo". Incidentalmente i leader europei ricevono da Kofman e Lee un messaggio che fa eco a quello di Zelensky: l'Europa deve fare fronte alle esigenze di un sostegno a lungo termine per l'Ucraina riconfigurando la propria industria per produrre le armi necessarie a sostenere lo sforzo bellico ben oltre il 2023, per eguagliare la formidabile capacità logistica di produzione di armi della Russia ed evitare di riporre le proprie speranze in una singola offensiva.
Adesso la guerra viene prospettata come una scelta binaria: "Porre fine alla guerra" o "Vincere la guerra". L'Europa sta tergiversando al bivio; inizia esitante a percorrere una strada, poi torna indietro e fa qualche cauto passo nell'altra direzione. L'UE addestrerà gli ucraini a pilotare gli F-16, ma non si esprime sulla fornitura degli aerei. Sembra un gesto simbolico, ma spesso un maggiore coinvolgimento muove proprio da un gesto simbolico.
Dopo essersi schierata con l'amministrazione Biden, una leadership europea poco riflessiva ha aderito con entusiasmo alla guerra finanziaria alla Russia. Ha anche preso parte senza riflettere a una guerra della NATO contro la Russia. Adesso, gli stessi leader europei potrebbero trovarsi costretti a prendere parte a un affannoso incrementare la catena dei rifornimenti per tenere testa alla logistica russa. In altre parole, Bruxelles viene sollecitata a impegnarsi nuovamente a "vincere la guerra", piuttosto che a "porvi fine" come desiderano alcuni stati.
Stati dell'Unione Europea, che stanno cercando disperatamente una via d'uscita dal pantano in cui si sono cacciati. E se gli Stati Uniti tagliassero i fondi all'Ucraina? E se il Team Biden si orientasse rapidamente verso la Cina? Politico ha intitolato: La fine degli aiuti all'Ucraina si avvicina rapidamente. Rimediare non sarà facile. L'UE potrebbe trovarsi a dover finanziare un conflitto senza sbocco e a dover fronteggiare l'incubo di un'ulteriore ondata di rifugiati che prosciugherebbe le risorse della UE e aggraverebbe la crisi dell'immigrazione che già sta facendo vacillare gli elettori europei.
Gli Stati membri sembrano ancora indugiare in pii desideri, credendo a metà alle storie di disaccordi in atto a Mosca, prestando fede alle esche di Prigozhin, credendo che la cottura a fuoco lento di Bakhmut da parte dei russi sia un segno di esaurimento delle loro forze e non un caso specifico del metodico e crescente lavoro di logoramento delle capacità ucraine cui i russi hanno dato corso a tutto campo.
Questi Stati scettici nei confronti della guerra fanno la loro parte di "filo-ucrainismo" per evitare di essere castigati dalla nomenclatura di Bruxelles e scommettono sull'improbabile idea che la Russia accetterà una soluzione negoziata e soprattutto un accordo favorevole all'Ucraina. Ma perché dovrebbero crederci?
"Il problema dell'Europa", dice la fonte di Seymour Hersh a proposito di una rapida soluzione della guerra, "è che la Casa Bianca vuole che Zelensky sopravviva"; e sì, Zelensky ha una sua claque di sostenitori fanatici anche a Bruxelles.
I due autori di Foreign Affairs prevedono che una corsa agli armamenti sarebbe "una passeggiata", ancora una volta:
La Russia non sembra nelle migliori condizioni per sostenere una guerra di durata indefinita. La capacità della Russia di riparare armamenti e di rimetterne in servizio dagli arsenali sembra così limitata che il paese si affida sempre più agli equipaggiamenti sovietici degli anni '50 e '60 per completare la dotazione dei reggimenti mobilitati. Mentre l'Ucraina acquisisce migliori equipaggiamenti occidentali, le forze armate russe assomigliano sempre più a un museo dei primi decenni della guerra fredda.
Davvero? Questi giornalisti statunitensi fanno mai un controllo incrociato o una verifica controfattuale? Sembra di no. Nel primo trimestre del 2023 sono stati prodotti più carri armati in Russia che nell'intero 2022. Se facciamo una estrapolazione notiamo che in precedenza la Russia produceva circa 150-250 carri armati all'anno, mentre Medvedev ha promesso di aumentarne la produzione ad oltre 1600. Sebbene questo numero includa i carri armati revisionati e aggiornati (che in realtà costituiscono la maggior parte), è comunque indicativo di una grossa produzione industriale.
L'UE non dibatte pubblicamente su decisioni cruciali come queste, che riguardano il ruolo dell'Europa nella guerra. Tutte le questioni sensibili vengono affrontate a porte chiuse, nella UE. Il problema di questo deficit di democrazia è che le conseguenze di quanto attiene la Russia toccano quasi tutti gli aspetti della vita economica e sociale europea. Intanto che crescono gli interrogativi, la discussione è scarsa o nulla.
Dove e quali sono i limiti che l'Unione Europea considera invalicabili? I leader della UE "credono" davvero di poter fornire a Zelensky gli F-16 che chiede? O stanno scommettendo sulle "linee rosse" di Washington lasciando agli USA le mani libere? Quando lunedì 22 maggio gli è stato chiesto se gli Stati Uniti avessero cambiato posizione sulla fornitura di F-16 all'Ucraina, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby, ha risposto "No". Gli F-16 non cambiano le sorti del conflitto, ma possono infrangere il sottile diaframma che ci separa da una guerra dalla durata indefinita. O quello che ci separa dalla terza guerra mondiale. L'Unione Europea cesserà di sostenere militarmente il progetto ucraino -in linea con gli ammonimenti che gli USA hanno già impartito a Zelensky- man mano che l'offensiva ucraina si esaurirà senza conseguire alcun progresso? Cosa risponderà l'Unione Europea se gli Stati Uniti la inviteranno a prendere parte alla corsa per costruire una catena di fornitura di munizioni contro la Russia? Per essere chiari: adattare le infrastrutture industriali europee a un'economia di guerra comporta enormi conseguenze. Ed enormi costi.
Le infrastrutture competitive esistenti dovrebbero essere riconvertite dalla produzione di beni destinati all'esportazione alla produzione di armamenti. Esiste oggi manodopera qualificata per occuparsene? La costruzione di nuove linee di fornitura di armamenti è un processo tecnico lento e complicato. E questo si aggiungerebbe al fatto che l'Europa ha intrapreso il passaggio da infrastrutture energetiche efficienti verso nuove strutture verdi meno efficienti, meno affidabili e più costose.
Esiste una via d'uscita dal pantano in cui l'Unione Europea si è andata a cacciare?
Sì, esiste e si chiama obiettività. Se l'UE vuole una rapida fine della guerra, dovrebbe capire che ci sono due opzioni disponibili: La capitolazione dell'Ucraina e un accordo alle condizioni di Mosca, oppure la continuazione del logoramento a tutto campo della capacità bellica dell'Ucraina, destinato a durare fino a quando le sue forze non saranno sopraffatte dall'entropia.
L'obiettività richiederebbe all'Unione Europea di abbandonare l'illusione che Mosca negozierà un accordo alle condizioni di Zelensky. Non si arriverà ad alcuna soluzione seguendo questa strada. Sempre l'obiettività vorrebbe che l'Unione Europea ammettesse che accodarsi alla guerra finanziaria contro la Russia è stato un errore. Un errore che dovrebbe essere corretto.