Traduzione da Strategic Culture, 14 febbraio 2022.
Macron, in un'intervista straordinariamente sincera pubblicata da un quotidiano francese, ha indicato i principali problemi strutturali dell'Unione Europea. Ha deplorato il fatto che il Consiglio dell'UE (e alcuni stati membri) abbiano messo il veto alla proposta franco-tedesca di un vertice fra Russia e Unione Europea. La conseguenza di questa bocciatura, ha detto con durezza, è che "Altri" stanno trattando con i russi a nome dell'Unione Europea. Non è difficile pensare che quello che intendeva dire è che a parlare erano gli 'interessi' degli Stati Uniti -direttamente o tramite la ventriloquia della NATO- e che "l'Europa" aveva perso la voce.
Questo non è semplicemente un caso di amour propre ferito, per lo jupiteriano leader francese. Diciamo che alcuni leader dell'Europa occidentale -cioè l'Asse Carolingio- hanno aperto gli occhi in ritardo sul fatto che l'intera montatura della "imminente invasione russa" dell'Ucraina serviva a riportare gli stati europei nella disciplina dello schieramento (NATO). Macron -gliene va dato atto- ha mostrato con le sue osservazioni alla conferenza stampa di Mosca di aver compreso che rimanere in silenzio, in queste cruciali circostanze, potrebbe determinare il destino dell'Europa per i prossimi decenni, lasciandola priva di quella autonomia (per non parlare di un qualsiasi briciolo di sovranità) che Macron per essa desidera così tanto.
Il resoconto della conferenza stampa di Macron dopo il suo lungo tête-à-tête con Putin mostra le contorsioni di un presidente francese incapace di dissentire esplicitamente dalla narrativa dominante anglo-americana sull'Ucraina, e che al tempo stesso dice -in termini appena velati- che era d'accordo con la Russia su tutte le lamentele circa i difetti dell'architettura di sicurezza in Europa e sul concreto rischio che la sua tossicità per la Russia possa portare alla guerra in Europa.
Macron ha detto esplicitamente che è assolutamente necessario arrivare a nuovi accordi in materia di sicurezza in Europa. Nonostante sia stato attento a non punzecchiare direttamente gli Stati Uniti, intendeva chiaramente un accordo di nuovo tipo, diverso dalla NATO. Macron ha anche contraddetto categoricamente la narrazione di Washington, asserendo che non credeva che la Russia avesse intenzione di invadere l'Ucraina. Ha detto anche che per quanto riguarda l'espansione della NATO sono stati fatti degli errori.
Macron, in breve, ha fatto dichiarazioni in completo contrasto coi discorsi di Biden che parlano di guerra imminente. Rischia chiaramente che esploda la rabbia anglo-statunitense e di alcuni paesi europei perché ha accolto senza riserve le istanze di Putin, che pretende che Kiev non si discosti di un centimetro rispetto alla piena conformità di Kiev con gli accordi di Minsk e una completa composizione della contesa per il Donbass che lo riconosca come russo. Il presidente francese si è poi recato a Kiev per sostenere il cessate il fuoco sulla linea di contatto. Come era prevedibile, la stampa anglosassone sta ora indicando negli accordi di Minsk II una pistola puntata alla testa di Kiev, caricata per mandare in pezzi lo stato e scatenare una guerra civile.
Macron, stando alle sue considerazioni, sembra comprendere che la crisi ucraina -pur presentando il grave rischio di una guerra nel cuore d'Europa- paradossalmente non è al centro delle paure carolinge.
Sorprendentemente la Cina sta dicendo la stessa cosa, e senza infingimenti: l'autorevole Global Times in un editoriale afferma che gli Stati Uniti stanno soffiando sul fuoco delle ostilità in Ucraina al fine di imporre disciplina di schieramento e per ricondurre nuovamente i paesi europei nell'ovile controllato dagli Stati Uniti. Senza dubbio in Cina hanno capito che l'Ucraina è la scusa perfetta per intruppare i paesi europei in vista della prossima fase, in cui l'AmeriKKKa richiederà che essi facciano fronte comune con gli Stati Uniti per la successiva incombenza, chiudere la Cina entro i suoi confini.
In gioco, quindi, ci sono decisioni fondamentali per il futuro dell'Europa. Da un lato (come ha notato Pepe Escobar circa due anni fa) "l'obiettivo della politica russa e cinese è quello di cooptare la Germania in una triplice alleanza che racchiuda l'intera massa terrestre eurasiatica come la intendeva Mackinder nella più grande alleanza geopolitica della storia, mutando gli equilibri mondiali in favore di queste tre grandi potenze e contro il potere marittimo anglosassone".
Dall'altra parte la NATO è stata concepita fin dall'inizio come un mezzo per il controllo anglo-ameriKKKano sull'Europa e più precisamente per imporre un profilo basso alla Germania e tener fuori la Russia, secondo il vecchio assioma degli strateghi occidentali. Lord Hastings (Lionel Ismay), il primo segretario generale della NATO, affermò risaputamente che la NATO fu creata per "tenere l'Unione Sovietica fuori, gli americani dentro, e i tedeschi bassi".
Si tratta di una mentalità persistente, ma la formula ha acquisito oggi un'importanza maggiore ed è stata sottoposta a nuove distorsioni: imporre alla Germania un profilo basso, "e a prezzi non competitivi" rispetto ai beni statunitensi; tenere fuori la Russia nel senso di impedirle di essere fonte di energia a basso costo per l'Europa, e tenere la Cina fuori dai traffici fra Unione Europea e USA. L'obiettivo è quello di mantenere saldamente l'Europa all'interno dell'orbita economica rigidamente definita dall'AmeriKKKa e costringerla a rinunciare ai benefici della tecnologia, della finanza e del commercio cinesi e russi, agevolando così il raggiungimento dell'obiettivo che è quello di murare la Cina entro i suoi stessi confini.
L'importanza degli aspetti geopolitici è in larga parte trascurata, ma la Cina per la prima volta sta intervenendo direttamente (prendendo una posizione molto chiara e decisa) su una questione centrale per gli affari europei. A lungo termine questo fa pensare che la Cina avrà un approccio più orientato politicamente nelle sue relazioni con gli stati europei.
In questo contesto, alla conferenza stampa di Biden e Olaf Scholtz a Washington tenutasi questa settimana -e sotto fasci di luce al neon lampeggiante perché tutti vedessero bene- Biden ha letteralmente costretto la Germania a impegnarsi a rottamare Nordstream 2 se la Russia invade l'Ucraina, confermando che l'obiettivo di Washington è tenere la Germania appesa alla disciplina di schieramento. Biden ha detto senza mezzi termini che se Scholtz non cestina il Nordstream, sarà lui, Biden, a farlo: "Sono in condizioni di poterlo fare", ha sottolineato.
Ecco; nel momento in cui si è assunta questo impegno, la pur risicata fetta di sovranità della Germania è finita. Scholtz l'ha ceduta a Washington. Inoltre, anche l'aspirazione di Macron a una più ampia autonomia dell'Europa è andata a farsi benedire, perché senza un allineamento politico francese e tedesco finisce anche la "finta sovranità" dell'Unione Europea. Inoltre, se Nordstream viene cassato, finisce anche la sicurezza energetica dell'Unione Europea. E dato che le fonti di approvvigionamento alternative praticabili sono poche, l'Unione Europea si ritrova inchiodata per sempre alla costosa dipendenza dal gas naturale liquefatto degli Stati Uniti. Con la probabilità che si verifichino crisi dovute al prezzo del gas anche al proprio interno.
Non è chiaro, e per Macron è probabilmente fonte di ansia, se il rifiuto della Germania di ottemperare all'ultimatum di Biden sul Nordstream rappresenti una qualsiasi manifestazione significativa di sovranità europea. Cosa succederebbe se Washington incitasse i "pazzi" della milizia ucraina a qualche manifestazione di intemperanza, o a un attacco del tipo false flag destinato a scatenare il caos?
Scholtz sarebbe in grado di mantenere la sua linea favorevole al Nordstream nella susseguente frenesia che l'asse anglosassone alimenterebbe? Il piccolo spazio che Macron ha cercato di liberare per risolvere la crisi ucraina svaporerebbe in un attimo.
Tutto questo sottolinea quale stretta "linea" Macron stia cercando di percorrere: Se Schulz cedesse sul Nordstream, le aspirazioni di Macron di un rimodellamento dell'architettura della sicurezza in Europa sarebbero inevitabilmente percepite a Mosca -anche se lodevoli- come prive di sbocco, perché prive di un'agenzia europea vera e propria.
Nel caso dell'Ucraina in particolare lo spazio di manovra di Macron per evitare una guerra in Europa si ritroverebbe ridotto, dal momento che solo Macron sostenuto dall'Unione Europea e agendo di concerto Putin avrebbe la possibilità di costringere Kiev ad attuare gli accordi di Minsk II.
La lista delle sfide per Macron non finisce qui: La Francia ha la presidenza di turno dell'Unione Europea, ma la politica estera dell'Unione richiede l'unanimità tra gli stati membri. Può ottenerla? La squadra di Biden sarà tanto acrimoniosa con una Francia che gioca a fare il battitore libero che Washington deciderà di mettere i bastoni tra le ruote a Macron?
Biden ha bisogno di fare risultato in politica estera per la sua campagna elettorale di metà mandato. E il 63% degli ameriKKKani afferma che sosterrebbe l'imposizione di massicce sanzioni alla Russia se Mosca invadesse l'Ucraina. Biden è noto per credere nell'adagio che in buona sostanza tutta la politica -compresa la politica estera- sia asservita alle esigenze elettorali interne. Sanzionare pesantemente la Russia -con l'Europa che agisce di concerto- è proprio la mossa che alla Casa Bianca considererebbero in grado di conferire ai consensi lo slancio necessario. E non è priva di precedenti: si ricordi che Bill Clinton, sotto pressione per la denuncia della Lewinsky, scatenò la guerra dei Balcani per distogliere l'attenzione dalla sua situazione personale.
Non sorprende che il presidente Putin si mostri cauto. Macron dice di aver tenuto ampie consultazioni: parla a nome dell'Unione Europea? E soprattutto, che posizione ha deciso di assumere Washington?
Il punto più significativo cui fare attenzione nello scambio fra Putin e Macron è che esso ha smentito l'idea che Mosca stia in qualche modo sperando di aprire negoziati con l'Occidente su questioni secondarie, per farne un possibile punto di partenza per poi affrontare le preoccupazioni vitali della Russia. La Russia è aperta ai negoziati, ma solo nel rispetto delle tre linee rosse indicate da Putin: No alla NATO in Ucraina, nemmeno sotto traccia; nessun missile da attacco al confine russo; il ritorno della NATO ai confini del 1997. Putin non ha ceduto di un centimetro su quest'ultima condizione, e non ha ceduto nemmeno di un centimetro sugli accordi di Minsk come unica soluzione per l'Ucraina. Putin non ha dato affatto l'impressione di essere un uomo che ama negoziare per il gusto di negoziare.
In conclusione: non esiste nessuna soluzione facile. Anche se il conflitto verrà congelato o messo in pausa nel breve termine, le cose alla lunga non reggeranno poiché l'Occidente si rifiuta di riconoscere che Putin intende davvero ciò che dice. Questo atteggiamento probabilmente cambierà solo con esperienze dolorose per entrambe le parti. L'Occidente, per ora, coltiva con sicumera la convinzione che avrà la meglio nel caso che si arrivi a trascendere. Vedremo quanto questo si rivelerà vero.
Sembra ragionevole attendersi che questa crisi, sia pure in forme diverse, ci farà compagnia almeno per i prossimi due anni. Queste iniziative politiche sono soltanto l'inizio di una fase prolungata, e in cui la posta in gioco è alta, dello sforzo della Russia per riplasmare l'architettura della sicurezza europea in una nuova forma. Una forma che l'Occidente attualmente rifiuta. L'obiettivo russo sarà quello di mantenere la prospettiva -se non l'incombenza- di un conflitto come strumento di pressione permanente, in modo da tenere sotto scacco i leader occidentali contrari alla guerra fino a spingerli ad accettare questo mutamento come necessario.
Macron, in un'intervista straordinariamente sincera pubblicata da un quotidiano francese, ha indicato i principali problemi strutturali dell'Unione Europea. Ha deplorato il fatto che il Consiglio dell'UE (e alcuni stati membri) abbiano messo il veto alla proposta franco-tedesca di un vertice fra Russia e Unione Europea. La conseguenza di questa bocciatura, ha detto con durezza, è che "Altri" stanno trattando con i russi a nome dell'Unione Europea. Non è difficile pensare che quello che intendeva dire è che a parlare erano gli 'interessi' degli Stati Uniti -direttamente o tramite la ventriloquia della NATO- e che "l'Europa" aveva perso la voce.
Questo non è semplicemente un caso di amour propre ferito, per lo jupiteriano leader francese. Diciamo che alcuni leader dell'Europa occidentale -cioè l'Asse Carolingio- hanno aperto gli occhi in ritardo sul fatto che l'intera montatura della "imminente invasione russa" dell'Ucraina serviva a riportare gli stati europei nella disciplina dello schieramento (NATO). Macron -gliene va dato atto- ha mostrato con le sue osservazioni alla conferenza stampa di Mosca di aver compreso che rimanere in silenzio, in queste cruciali circostanze, potrebbe determinare il destino dell'Europa per i prossimi decenni, lasciandola priva di quella autonomia (per non parlare di un qualsiasi briciolo di sovranità) che Macron per essa desidera così tanto.
Il resoconto della conferenza stampa di Macron dopo il suo lungo tête-à-tête con Putin mostra le contorsioni di un presidente francese incapace di dissentire esplicitamente dalla narrativa dominante anglo-americana sull'Ucraina, e che al tempo stesso dice -in termini appena velati- che era d'accordo con la Russia su tutte le lamentele circa i difetti dell'architettura di sicurezza in Europa e sul concreto rischio che la sua tossicità per la Russia possa portare alla guerra in Europa.
Macron ha detto esplicitamente che è assolutamente necessario arrivare a nuovi accordi in materia di sicurezza in Europa. Nonostante sia stato attento a non punzecchiare direttamente gli Stati Uniti, intendeva chiaramente un accordo di nuovo tipo, diverso dalla NATO. Macron ha anche contraddetto categoricamente la narrazione di Washington, asserendo che non credeva che la Russia avesse intenzione di invadere l'Ucraina. Ha detto anche che per quanto riguarda l'espansione della NATO sono stati fatti degli errori.
Macron, in breve, ha fatto dichiarazioni in completo contrasto coi discorsi di Biden che parlano di guerra imminente. Rischia chiaramente che esploda la rabbia anglo-statunitense e di alcuni paesi europei perché ha accolto senza riserve le istanze di Putin, che pretende che Kiev non si discosti di un centimetro rispetto alla piena conformità di Kiev con gli accordi di Minsk e una completa composizione della contesa per il Donbass che lo riconosca come russo. Il presidente francese si è poi recato a Kiev per sostenere il cessate il fuoco sulla linea di contatto. Come era prevedibile, la stampa anglosassone sta ora indicando negli accordi di Minsk II una pistola puntata alla testa di Kiev, caricata per mandare in pezzi lo stato e scatenare una guerra civile.
Macron, stando alle sue considerazioni, sembra comprendere che la crisi ucraina -pur presentando il grave rischio di una guerra nel cuore d'Europa- paradossalmente non è al centro delle paure carolinge.
Sorprendentemente la Cina sta dicendo la stessa cosa, e senza infingimenti: l'autorevole Global Times in un editoriale afferma che gli Stati Uniti stanno soffiando sul fuoco delle ostilità in Ucraina al fine di imporre disciplina di schieramento e per ricondurre nuovamente i paesi europei nell'ovile controllato dagli Stati Uniti. Senza dubbio in Cina hanno capito che l'Ucraina è la scusa perfetta per intruppare i paesi europei in vista della prossima fase, in cui l'AmeriKKKa richiederà che essi facciano fronte comune con gli Stati Uniti per la successiva incombenza, chiudere la Cina entro i suoi confini.
In gioco, quindi, ci sono decisioni fondamentali per il futuro dell'Europa. Da un lato (come ha notato Pepe Escobar circa due anni fa) "l'obiettivo della politica russa e cinese è quello di cooptare la Germania in una triplice alleanza che racchiuda l'intera massa terrestre eurasiatica come la intendeva Mackinder nella più grande alleanza geopolitica della storia, mutando gli equilibri mondiali in favore di queste tre grandi potenze e contro il potere marittimo anglosassone".
Dall'altra parte la NATO è stata concepita fin dall'inizio come un mezzo per il controllo anglo-ameriKKKano sull'Europa e più precisamente per imporre un profilo basso alla Germania e tener fuori la Russia, secondo il vecchio assioma degli strateghi occidentali. Lord Hastings (Lionel Ismay), il primo segretario generale della NATO, affermò risaputamente che la NATO fu creata per "tenere l'Unione Sovietica fuori, gli americani dentro, e i tedeschi bassi".
Si tratta di una mentalità persistente, ma la formula ha acquisito oggi un'importanza maggiore ed è stata sottoposta a nuove distorsioni: imporre alla Germania un profilo basso, "e a prezzi non competitivi" rispetto ai beni statunitensi; tenere fuori la Russia nel senso di impedirle di essere fonte di energia a basso costo per l'Europa, e tenere la Cina fuori dai traffici fra Unione Europea e USA. L'obiettivo è quello di mantenere saldamente l'Europa all'interno dell'orbita economica rigidamente definita dall'AmeriKKKa e costringerla a rinunciare ai benefici della tecnologia, della finanza e del commercio cinesi e russi, agevolando così il raggiungimento dell'obiettivo che è quello di murare la Cina entro i suoi stessi confini.
L'importanza degli aspetti geopolitici è in larga parte trascurata, ma la Cina per la prima volta sta intervenendo direttamente (prendendo una posizione molto chiara e decisa) su una questione centrale per gli affari europei. A lungo termine questo fa pensare che la Cina avrà un approccio più orientato politicamente nelle sue relazioni con gli stati europei.
In questo contesto, alla conferenza stampa di Biden e Olaf Scholtz a Washington tenutasi questa settimana -e sotto fasci di luce al neon lampeggiante perché tutti vedessero bene- Biden ha letteralmente costretto la Germania a impegnarsi a rottamare Nordstream 2 se la Russia invade l'Ucraina, confermando che l'obiettivo di Washington è tenere la Germania appesa alla disciplina di schieramento. Biden ha detto senza mezzi termini che se Scholtz non cestina il Nordstream, sarà lui, Biden, a farlo: "Sono in condizioni di poterlo fare", ha sottolineato.
Ecco; nel momento in cui si è assunta questo impegno, la pur risicata fetta di sovranità della Germania è finita. Scholtz l'ha ceduta a Washington. Inoltre, anche l'aspirazione di Macron a una più ampia autonomia dell'Europa è andata a farsi benedire, perché senza un allineamento politico francese e tedesco finisce anche la "finta sovranità" dell'Unione Europea. Inoltre, se Nordstream viene cassato, finisce anche la sicurezza energetica dell'Unione Europea. E dato che le fonti di approvvigionamento alternative praticabili sono poche, l'Unione Europea si ritrova inchiodata per sempre alla costosa dipendenza dal gas naturale liquefatto degli Stati Uniti. Con la probabilità che si verifichino crisi dovute al prezzo del gas anche al proprio interno.
Non è chiaro, e per Macron è probabilmente fonte di ansia, se il rifiuto della Germania di ottemperare all'ultimatum di Biden sul Nordstream rappresenti una qualsiasi manifestazione significativa di sovranità europea. Cosa succederebbe se Washington incitasse i "pazzi" della milizia ucraina a qualche manifestazione di intemperanza, o a un attacco del tipo false flag destinato a scatenare il caos?
Scholtz sarebbe in grado di mantenere la sua linea favorevole al Nordstream nella susseguente frenesia che l'asse anglosassone alimenterebbe? Il piccolo spazio che Macron ha cercato di liberare per risolvere la crisi ucraina svaporerebbe in un attimo.
Tutto questo sottolinea quale stretta "linea" Macron stia cercando di percorrere: Se Schulz cedesse sul Nordstream, le aspirazioni di Macron di un rimodellamento dell'architettura della sicurezza in Europa sarebbero inevitabilmente percepite a Mosca -anche se lodevoli- come prive di sbocco, perché prive di un'agenzia europea vera e propria.
Nel caso dell'Ucraina in particolare lo spazio di manovra di Macron per evitare una guerra in Europa si ritroverebbe ridotto, dal momento che solo Macron sostenuto dall'Unione Europea e agendo di concerto Putin avrebbe la possibilità di costringere Kiev ad attuare gli accordi di Minsk II.
La lista delle sfide per Macron non finisce qui: La Francia ha la presidenza di turno dell'Unione Europea, ma la politica estera dell'Unione richiede l'unanimità tra gli stati membri. Può ottenerla? La squadra di Biden sarà tanto acrimoniosa con una Francia che gioca a fare il battitore libero che Washington deciderà di mettere i bastoni tra le ruote a Macron?
Biden ha bisogno di fare risultato in politica estera per la sua campagna elettorale di metà mandato. E il 63% degli ameriKKKani afferma che sosterrebbe l'imposizione di massicce sanzioni alla Russia se Mosca invadesse l'Ucraina. Biden è noto per credere nell'adagio che in buona sostanza tutta la politica -compresa la politica estera- sia asservita alle esigenze elettorali interne. Sanzionare pesantemente la Russia -con l'Europa che agisce di concerto- è proprio la mossa che alla Casa Bianca considererebbero in grado di conferire ai consensi lo slancio necessario. E non è priva di precedenti: si ricordi che Bill Clinton, sotto pressione per la denuncia della Lewinsky, scatenò la guerra dei Balcani per distogliere l'attenzione dalla sua situazione personale.
Non sorprende che il presidente Putin si mostri cauto. Macron dice di aver tenuto ampie consultazioni: parla a nome dell'Unione Europea? E soprattutto, che posizione ha deciso di assumere Washington?
Il punto più significativo cui fare attenzione nello scambio fra Putin e Macron è che esso ha smentito l'idea che Mosca stia in qualche modo sperando di aprire negoziati con l'Occidente su questioni secondarie, per farne un possibile punto di partenza per poi affrontare le preoccupazioni vitali della Russia. La Russia è aperta ai negoziati, ma solo nel rispetto delle tre linee rosse indicate da Putin: No alla NATO in Ucraina, nemmeno sotto traccia; nessun missile da attacco al confine russo; il ritorno della NATO ai confini del 1997. Putin non ha ceduto di un centimetro su quest'ultima condizione, e non ha ceduto nemmeno di un centimetro sugli accordi di Minsk come unica soluzione per l'Ucraina. Putin non ha dato affatto l'impressione di essere un uomo che ama negoziare per il gusto di negoziare.
In conclusione: non esiste nessuna soluzione facile. Anche se il conflitto verrà congelato o messo in pausa nel breve termine, le cose alla lunga non reggeranno poiché l'Occidente si rifiuta di riconoscere che Putin intende davvero ciò che dice. Questo atteggiamento probabilmente cambierà solo con esperienze dolorose per entrambe le parti. L'Occidente, per ora, coltiva con sicumera la convinzione che avrà la meglio nel caso che si arrivi a trascendere. Vedremo quanto questo si rivelerà vero.
Sembra ragionevole attendersi che questa crisi, sia pure in forme diverse, ci farà compagnia almeno per i prossimi due anni. Queste iniziative politiche sono soltanto l'inizio di una fase prolungata, e in cui la posta in gioco è alta, dello sforzo della Russia per riplasmare l'architettura della sicurezza europea in una nuova forma. Una forma che l'Occidente attualmente rifiuta. L'obiettivo russo sarà quello di mantenere la prospettiva -se non l'incombenza- di un conflitto come strumento di pressione permanente, in modo da tenere sotto scacco i leader occidentali contrari alla guerra fino a spingerli ad accettare questo mutamento come necessario.