Il 6 gennaio 2021 una motley crew di personaggi estrosi ha organizzato a Washington una manifestazione in favore del presidente uscente e delle sue non dimostrate tesi di elezioni rubate. La claque mediatica a sostegno di Donald Trump ha colto l'occasione per prodursi in illazioni improbabili, ivi compresa una che voleva complici Barack Obama e un irritante micropolitico proveniente dalla penisola italiana nel rovesciamento dei dati elettorali. Non mettiamo link, per non concedere ulteriore visibilità a uno dei personaggi più fastidiosi e inutili di una politica peninsulare che di elementi simili ne schiera a centinaia.
E' andata a finire con un po' di gente che sembrava presa per metà da un raduno della Lega Nord e per l'altra metà dal set di un film dei Vanzina che si aggirava per Capitol Hill mettendo i piedi sulle scrivanie e curiosando qua e là. L'effetto, all'occhio di un entomologo in osservazione partecipante, deve essere stato quello di un numero n di copie dello spacciatore di cui Andrea Pazienza fa il ritratto ne Gli ultimi giorni di Pompeo
 
Il corriere era arrivato da Milano con la roba: 5 grammi. Pompeo rimase con lui a chiacchierare un po’. Non aveva fretta. Aldo, così si chiamava, stupiva della disponibilità del suo nuovo cliente -un artista pieno di pilla- abituato com’era ad essere licenziato con una scusa qualsiasi non appena effettuata la consegna. Ne approfittava alla maniera dei tossici da due e passa al giorno, farneticando, compiacendo e menandola. Clandestinamente, il vuoto intellettuale di Aldo confortava Pompeo nella sua ultima ora di vita, aiutandolo a credere in un mondo, come il pusher, del tutto esaurito.
Il corriere dei piccoli girava per casa farfugliando approvazioni, tutto toccando ed inclinando, forse rubacchiando, finché durante un trasbordo infilò per sbaglio la porta d’ingresso e sparì. 
 
Prima di infilare per sbaglio la porta d'ingresso e di sparire i manifestanti ci hanno rimesso una sessantina di fermati e quattro morti, letteralmente fucilati da qualche gendarme poco compiacente. La folla faceva per lo più capo a gruppi sociali noti per la passione per le armi e per l'ostentazione di modelli di consumo ispirati a una società di frontiera morta e defunta da cent'anni, il che induce almeno due riflessioni, entrambe scevre da complottismi e dietrologie. La prima è che se la siano cavata con un numero di perdite senz'altro accettabile. La seconda è che i difensori dei centri istituzionali statunitensi devono aver capito che non c'era alcun motivo per reagire con troppa fermezza visto che i Davy Crockett con le pelliccette comprate con la carta di debito sarebbero rifluiti all'imbrunire alla volta del fast food più vicino lasciandosi dietro qualche vetro rotto e qualche tappeto pesticciato. 
Le gazzette hanno riempito qualche pagina di indignazioncina da educande e gli "occidentalisti" della penisola italiana hanno nascosto la manina dopo aver tirato sassi per anni.
Si sa, appena vola qualche sedia la viltà degli riempitori di gazzette assume dimensioni eroiche, quale che sia la causa.
I quattro anni della presidenza Trump hanno mostrato un volto degli USA talmente lunare che le parole d'ordine ameriKKKane riportate con diligenza dai propagandisti maccaruna e pummarola devono essere sembrate roba aliena persino ai meno svegli tra loro. Donald Trump ha deluso le aspettative degli yankee di complemento al punto di non aver intrapreso nemmeno una guerra degna di questo nome. E quella -ventennale- in Afghanistan ha cercato di chiuderla con un umiliante accordo con quegli stessi talebani che un suo predecessore aveva giurato di cacciare sasso per sasso.
Mentre questo irritante aggregato di rochibalbòa, rambi, pi punto e baracus e richicànningam sopravvissuti con le coronarie grosso modo in ordine a trent'anni di hamburger e scevrolé truccate dava per l'ennesima volta ragione a Warhol e ai suoi quindici minuti il mondo ha continuato a girare come se niente fosse, a cominciare dai mercati finanziari. La roba inutile ha continuato a riempire case e mall, prodotta sempre peggio e consegnata per retribuzioni sempre minori. E il giorno dopo si è tranquillamente parlato d'altro. 
In altre e ben più serie sedi nessuno si è neppure disturbato troppo. Konstantin Kosachev, presidente del Comitato per gli Affari Esteri del Consiglio della Federazione Russa, ha gelidamente e appropriatamente liquidato la giornata: "Gli USA non stanno più tracciando la rotta e, pertanto, hanno perso ogni diritto di stabilirla. E, ancor più, d'imporla agli altri".