Traduzione da Strategic Culture, 2 aprile 2019.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito allo sviluppo di una "zona di contiguità territoriale e di vie di comunicazione" nel quadrante settentrionale del Medio Oriente, destinata ad unire l'Iran con l'Iraq, con la Siria e con il Libano. Un'iniziativa che si pensa finirà per inquadrarsi nel grande progetto cinese per una Nuova Via della Seta. Quella perpetua banderuola che segna il vento in medio oriente e che si chiama Libano sembra accingersi a tagliare il cordone ombelicale che da cinquecento anni lo lega a Roma e all'Europa per guardare invece in direzione di Mosca -ai fini di proteggere i cristiani della regione, di agevolare il rimpatrio dei profughi siriani, per mettersi sotto l'ala protettiva del presidente Putin e impedire a Bolton e a Netanyahu di scatenare il caos nel suo pezzetto di terra- e della Cina. Negli ultimi giorni le iniziative infrastrutturali relative alla Nuova Via della Seta sono esplicitamente sbarcate nello stato che occupa la penisola italiana e questo conferisce un po' di spessore reale (ovvero di infrastrutture) all'idea di comunanza nel Mediterraneo.
Entrambi gli accadimenti hanno un unico motivo di fondo: restituire autonomia ai rispettivi paesi, recuperare un minimo di potere decisionale e liberarsi dalla camicia di forza della stagnazione economica e dal peso morto di pastoie politiche desuete. Come ha scritto Cristina Lin, "la Cina per prima ha fatto proprio il concetto per cui la sicurezza è una conseguenza dello sviluppo economico, e ha detto chiaramente che la ricostruzione viene prima degli accordi politici. La Cina sta considerando il Levante nell'ottica del contesto regionale e considera il Libano come un punto di partenza per la ricostruzione della Siria e dell'Iraq."
L'Unione Europea ovviamente nutre timori nei confronti della Cina. L'Unione Europea si è sempre arrogata la palma del "colosso economico prossimo venturo". Solo che adesso l'Unione Europea nutre concretissimi timori al cospetto dell'ascesa della Cina, anch'essa stato e civiltà al tempo stesso, che molto probabilmente metterà la parola fine al dominio occidentale in ogni campo: economico, politico e culturale. Soprattutto, la tendenza demografica indica un'Europa che sta invecchiando, che si sta inaridendo e che controlla una quota dell'economia mondiale sempre più piccola. In scena, sia nel quadrante settentrionale del medio oriente che nello stato che occupa la penisola italiana, si è assistito proprio questo spettacolo. A modo loro sia lo stato che occupa la penisola italiana che il Levante sono stati sovrani e civiltà al tempo stesso. Non hanno bisogno dell'avallo dell'Unione Europea a confermarli in questa convinzione. Come ha detto lo scorso anno l'ex ministro dell'economia del Libano, "La Cina non guarda al Libano come a un piccolo Stato con 4 milioni di cittadini, ma come a un paese che ha un grosso potenziale in considerazione della sua collocazione geografica."
Il fatto è proprio che l'Occidente non è più l'Occidente. Esiste il bellicoso Occidente di Trump, di Pence, di Bolton e di Pompeo ed esiste un Occidente che sta perdendo sempre più presa tanto in Medio Oriente quanto oltre esso. Poi esiste l'Occidente dell'Unione Europea, ma anch'esso soffre di profonde divisioni ed ospita forze che si oppongono al suo ethos millenaristico. Insomma, l'Occidente inteso come "visione del futuro" sta perdendo terreno.
All'Unione Europea se ne sono accorti. L'Unione Europea è nella morsa del potenziale cinese inteso come partner economico, in questi tempi di scarsità in cui tira aria di recessione, e non riesce neppure a tenere testa al mondo che cambia e alla propria ambizione di diffondere a livello mondiale i propri valori liberali di stampo europeo. In conseguenza di questo, l'Unione Europea presenta i sintomi di un comportamento schizofrenico. Da una parte sul piano economico non può rinunciare alla Cina e intende diventare il migliore amico del Leviatano; eppure l'Unione Europea ha anche un'altra faccia che potrebbe in qualche modo essere in sintonia con Trump nel denunciare le pratiche commerciali sleali dei cinesi, e farsi bella dei valori europei: "La competizione fra Cina e Unione Europea non è leale... L'Unione Europea ha sbagliato a sperare che la Cina avrebbe rispettato i diritti umani in misura maggiore col crescere dello sviluppo economico... L'Unione Europea dovrebbe essere onesta nei confronti della Cina, ma comportarsi anche con maggiore fermezza."
Le considerazioni polemiche di Juncker riflettono in qualche modo il senso di pentimento di chi ha comprato a scatola chiusa, a fronte delle conseguenze della condiscendenza mostrata verso la Cina. Secondo Martin Jacques le aspettative non sono diventate realtà:
Le contraddizioni di una simile pretesa sono ovvie. Non esiste alcun compendio di "regole" che vada bene per tutti i casi, ovvero per tutti i modelli economici. Le regole mondiali sono state concepite attorno a un paradigma statunitense, ma i modelli economici cambiano al cambiare dei paradigmi.
Cosa significa tutto questo? Ai paesi del Medio Oriente rivolgersi alla Russia e alla Cina offre la prospettiva di interagire con una macchina politica e diplomatica che funziona, e che è ancora collegata alle realtà della regione. Apre anche alla possibilità di accedere ad armamenti sofisticati per la propria difesa e presenta anche il valore aggiunto di poter attirare investimenti su infrastrutture e corridoi commerciali destinati a far parte della Nuova Via della Seta russo-cinese.
Nel caso dello stato che occupa la penisola italiana, la cui economia è come pietrificata nell'ambra, la mossa restituisce allo stato qualche barlume di autonomia in materia di scelte economiche, un cenno di sovranità. La penisola italiana nel corso dei secoli è stata occupata da altri tante volte quanto basta a non far temere che gli investimenti infrastrutturali cinesi possano ledere qualche cosa di simile a un orgoglio nazionale. E i cinesi sono come innamorati di qualsiasi cosa venga dalla penisola italiana.
Questo vuol dire che mentre a Washington si fanno tuoni e fulmini, i cinesi stanno erodendo con tutta calma ogni resistenza alla loro affermazione. Dovremmo semplicemente adeguarci all'alterità cinese e al modo con cui si fanno affari in Cina. Si tratta proprio di un problema, sempre che non ci pensino i signori Navarro, Lighthizer e Pence a farlo diventare?
Nelle ultime settimane abbiamo assistito allo sviluppo di una "zona di contiguità territoriale e di vie di comunicazione" nel quadrante settentrionale del Medio Oriente, destinata ad unire l'Iran con l'Iraq, con la Siria e con il Libano. Un'iniziativa che si pensa finirà per inquadrarsi nel grande progetto cinese per una Nuova Via della Seta. Quella perpetua banderuola che segna il vento in medio oriente e che si chiama Libano sembra accingersi a tagliare il cordone ombelicale che da cinquecento anni lo lega a Roma e all'Europa per guardare invece in direzione di Mosca -ai fini di proteggere i cristiani della regione, di agevolare il rimpatrio dei profughi siriani, per mettersi sotto l'ala protettiva del presidente Putin e impedire a Bolton e a Netanyahu di scatenare il caos nel suo pezzetto di terra- e della Cina. Negli ultimi giorni le iniziative infrastrutturali relative alla Nuova Via della Seta sono esplicitamente sbarcate nello stato che occupa la penisola italiana e questo conferisce un po' di spessore reale (ovvero di infrastrutture) all'idea di comunanza nel Mediterraneo.
Entrambi gli accadimenti hanno un unico motivo di fondo: restituire autonomia ai rispettivi paesi, recuperare un minimo di potere decisionale e liberarsi dalla camicia di forza della stagnazione economica e dal peso morto di pastoie politiche desuete. Come ha scritto Cristina Lin, "la Cina per prima ha fatto proprio il concetto per cui la sicurezza è una conseguenza dello sviluppo economico, e ha detto chiaramente che la ricostruzione viene prima degli accordi politici. La Cina sta considerando il Levante nell'ottica del contesto regionale e considera il Libano come un punto di partenza per la ricostruzione della Siria e dell'Iraq."
L'Unione Europea ovviamente nutre timori nei confronti della Cina. L'Unione Europea si è sempre arrogata la palma del "colosso economico prossimo venturo". Solo che adesso l'Unione Europea nutre concretissimi timori al cospetto dell'ascesa della Cina, anch'essa stato e civiltà al tempo stesso, che molto probabilmente metterà la parola fine al dominio occidentale in ogni campo: economico, politico e culturale. Soprattutto, la tendenza demografica indica un'Europa che sta invecchiando, che si sta inaridendo e che controlla una quota dell'economia mondiale sempre più piccola. In scena, sia nel quadrante settentrionale del medio oriente che nello stato che occupa la penisola italiana, si è assistito proprio questo spettacolo. A modo loro sia lo stato che occupa la penisola italiana che il Levante sono stati sovrani e civiltà al tempo stesso. Non hanno bisogno dell'avallo dell'Unione Europea a confermarli in questa convinzione. Come ha detto lo scorso anno l'ex ministro dell'economia del Libano, "La Cina non guarda al Libano come a un piccolo Stato con 4 milioni di cittadini, ma come a un paese che ha un grosso potenziale in considerazione della sua collocazione geografica."
Il fatto è proprio che l'Occidente non è più l'Occidente. Esiste il bellicoso Occidente di Trump, di Pence, di Bolton e di Pompeo ed esiste un Occidente che sta perdendo sempre più presa tanto in Medio Oriente quanto oltre esso. Poi esiste l'Occidente dell'Unione Europea, ma anch'esso soffre di profonde divisioni ed ospita forze che si oppongono al suo ethos millenaristico. Insomma, l'Occidente inteso come "visione del futuro" sta perdendo terreno.
All'Unione Europea se ne sono accorti. L'Unione Europea è nella morsa del potenziale cinese inteso come partner economico, in questi tempi di scarsità in cui tira aria di recessione, e non riesce neppure a tenere testa al mondo che cambia e alla propria ambizione di diffondere a livello mondiale i propri valori liberali di stampo europeo. In conseguenza di questo, l'Unione Europea presenta i sintomi di un comportamento schizofrenico. Da una parte sul piano economico non può rinunciare alla Cina e intende diventare il migliore amico del Leviatano; eppure l'Unione Europea ha anche un'altra faccia che potrebbe in qualche modo essere in sintonia con Trump nel denunciare le pratiche commerciali sleali dei cinesi, e farsi bella dei valori europei: "La competizione fra Cina e Unione Europea non è leale... L'Unione Europea ha sbagliato a sperare che la Cina avrebbe rispettato i diritti umani in misura maggiore col crescere dello sviluppo economico... L'Unione Europea dovrebbe essere onesta nei confronti della Cina, ma comportarsi anche con maggiore fermezza."
Le considerazioni polemiche di Juncker riflettono in qualche modo il senso di pentimento di chi ha comprato a scatola chiusa, a fronte delle conseguenze della condiscendenza mostrata verso la Cina. Secondo Martin Jacques le aspettative non sono diventate realtà:
"Esisteva una sorta di tacito consenso sul fatto che se avessimo trattato di buona grazia la Cina, come se fosse stata potenzialmente 'uno di noi', Pechino si sarebbe comportata allo stesso modo. In concreto si è discusso assai poco su come sarebbe stato un mondo in cui la potenza dominante fosse stata la Cina.Ahia. Adesso che su questo punto concorda anche l'Unione Europea i livelli di schizofrenia si alzano, come si nota su politico.eu:
Da una parte c'è chi crede che la Cina diventerà la dominatrice del pianeta, ma solo a patto di appropriarsi del nostro modo, del modo occidentale di intendere le cose. Dall'altra ci sono quanti sostengono che la modernizzazione di Pechino finirà con l'arenarsi perché incontrerà un ostacolo nel modo cinese di essere. Entrambe le scuole di pensiero tuttavia arrivano alle stesse conclusioni. Noi europei non ci dobbiamo preoccupare; forte o debole che sia, la Cina non rappresenterà una minaccia al nostro modo di vivere.
In Occidente è ancora ampiamente diffusa l'idea che alla fine la Cina si adeguerà, per un processo di naturale e e inevitabile sviluppo, al paradigma occidentale. Si tratta di un pio desiderio. Concentrandosi sulle somiglianze, anziché prendere atto delle differenze, 'il mondo occidentale finisce per trascurare tutto quello che fa della Cina ciò che essa è.'"
"Il bilateralismo è duro a morire, e martedi scorso abbiamo assistito a uno spettacolo senza precedenti:[Macron, Merkel e Juncker] sulla soglia dell'Eliseo hanno accolto il presidente cinese Xi Jinping in un loro piccolo vertice a quattro sul multilateralismo. Di sicuro l'immagine ha mandato il messaggio che l'Eliseo voleva: la Cina ha davanti un fronte europeo coeso in cui non c'è spazio per quell'approccio bilaterale che è quello preferito da Pechino, che in casi simili vede pendere dalla propria parte l'equilibrio dei poteri.Assistiamo dunque alla problematica pretesa di un'AmeriKKKa che ha un modello economico proprio e molto particolare di puntare i piedi sul fatto che il modello economico cinese -che è proprio quello che fa della Cina ciò che essa è- va cambiato. Il modello economico cinese andrebbe modificato per permettere alle imprese statunitensi di entrare nel mercato cinese proprio come se si trattasse di quello interno, e come se stessero facendo affari con un'altra impresa statunitense.
Macron è noto per la sua propensione ai simbolismi, ma è forse tutto qui? L'incontro si è concluso con una dichiarazione bilaterale congiunta da parte di Francia e Cina. Sette pagine di riferimenti ai 'due paesi': della Germania o della Commissione Europea non si fa parola.
L'Unione Europea, questo è piuttosto vero, è sottoposta a grosse pressioni da parte degli USA. E poi, come ha detto l'ex ambasciatore statunitense in Cina Chas Freeman,
"Dal punto di vista degli Stati Uniti, le obiezioni nei confronti dell'apertura alla Cina di cui è autore lo stato che occupa la penisola italiana altro non sono che parte dell'isteria anticinese che si è impadronita di Washington. Gli USA stanno trattando la Nuova via della Seta come se fosse una sfida militare strategica. Gli europei invece la stanno trattando come una questione economica che va affrontata con cautela... Gli Europei stanno diventando matti per accettare il fatto che la Cina sul piano economico è ormai una grande potenza globale... per loro non conta tanto la Nuova via della Seta, contano gli investimenti cinesi nel settore tecnologico e lo spirito competitivo con cui essi si presentano in quel campo. Negli USA invece non c'è discussione: esiste oggi un forte consenso anticinese."
Il pendolo in AmeriKKKa è passato da un estremo all'altro: da "la Cina dominerà il mondo, ma solo se accetterà di fare le cose all'occidentale" all'idea isterica che essa costituisca una minaccia, perché l'Occidente finora proprio di questo è stato colpevole: di aver "trascurato tutto quello che fa della Cina ciò che essa è".
Le contraddizioni di una simile pretesa sono ovvie. Non esiste alcun compendio di "regole" che vada bene per tutti i casi, ovvero per tutti i modelli economici. Le regole mondiali sono state concepite attorno a un paradigma statunitense, ma i modelli economici cambiano al cambiare dei paradigmi.
Cosa significa tutto questo? Ai paesi del Medio Oriente rivolgersi alla Russia e alla Cina offre la prospettiva di interagire con una macchina politica e diplomatica che funziona, e che è ancora collegata alle realtà della regione. Apre anche alla possibilità di accedere ad armamenti sofisticati per la propria difesa e presenta anche il valore aggiunto di poter attirare investimenti su infrastrutture e corridoi commerciali destinati a far parte della Nuova Via della Seta russo-cinese.
Nel caso dello stato che occupa la penisola italiana, la cui economia è come pietrificata nell'ambra, la mossa restituisce allo stato qualche barlume di autonomia in materia di scelte economiche, un cenno di sovranità. La penisola italiana nel corso dei secoli è stata occupata da altri tante volte quanto basta a non far temere che gli investimenti infrastrutturali cinesi possano ledere qualche cosa di simile a un orgoglio nazionale. E i cinesi sono come innamorati di qualsiasi cosa venga dalla penisola italiana.
Questo vuol dire che mentre a Washington si fanno tuoni e fulmini, i cinesi stanno erodendo con tutta calma ogni resistenza alla loro affermazione. Dovremmo semplicemente adeguarci all'alterità cinese e al modo con cui si fanno affari in Cina. Si tratta proprio di un problema, sempre che non ci pensino i signori Navarro, Lighthizer e Pence a farlo diventare?