Traduzione da Strategic Culture, 11 febbraio 2019.
Un pilastro dello establishment dell'ordine europeo, il quotidiano Frankfurter Allgemeiner, ha toccato senza giri di parole un nervo scoperto. Il mese scorso ha pubblicato un editoriale intitolato Una Unione Europea nazionalsocialista? chiedendosi se l'attuale Unione Europea dominata dalla Germania andrebbe considerata come la continuazione del nazionalsocialismo tedesco. Il mainstream tedesco non aveva mai toccato l'argomento prima d'ora. Sembra che l'iniziativa sia indice di qualcosa di importante: il riconoscimento del fatto che le voci dissenzienti di cui l'Unione Europea è bersaglio hanno le proprie radici in qualcosa d'altro che non i malumori populisti. Si tratta del ritorno alla luce dell'antica contesa per lo spirito dell'ordine politico internazionale.
L'autore Jasper von Altenbockum cita il leader della AfD (Alternative für Deutschland) Alexander Gauland, che a una conferenza del proprio partito ha detto che
"l'apparato corrotto, enfiato, non democratico e latentemente totalitario" dell'Unione Europea è senza futuro. Gauland ha fatto un ragionamento popolare: dal momento che nelle istituzioni sovranazionali dell'Unione Europea si possono notare dei casi di mancata legittimazione democratica [se ne deve concludere che l'Unione Europea] ha un ordinamento costrittivo. Chi si oppone in modo radicale alla progressiva integrazione [inoltre] si spinge anche più avanti: paragona l'Unione Europea all'idea di Europa quale essa era ai tempi del nazionalsocialismo...
Gauland ha anche [esposto] una considerazione che ha recentemente acquistato popolarità e che [consente] alla Brexit di trovare una giustificazione storica: [parlando dell'unificazione europea] Gauland ha detto a Riesa: "Questo obiettivo è stato perseguito dai francesi con Napoleone e, in un certo senso sfortunatamente, dai nazionalsocialisti. Come tutti sanno, l'Inghilterra si è opposta a entrambi.
Si tratta di [e qui Gauland porta il ragionamento oltre la mera affermazione che l'Unione Europea è]un apparato latentemente totalitario". [Anzi, c'è da pensare che] l'Unione Europea e la politica europea tedesca sono la continuazione della propaganda nazionalsocialista sull'unificazione continentale. Difficile esprimere maggiore riprovazione. Questo argomento fornisce alla AfD il sospirato e collaterale pretesto di potersi presentare come immune all'ideologia nazionalsocialista".
Com'è logico aspettarsi, von Altenbockum non trova granché che accomuni il progetto europeo con la precedente ideologia razziale nazionalsocialista, ma nondimeno egli ammette che non sono soltanto Gauland e la AfD ("che sta velocemente diventando il partito della brexit tedesca") a rilevare simili contiguità col nazionalsocialismo. "La continuità del progetto europeo rispetto all'epoca nazionalsocialista è presa in considerazione anche dagli storici," specialmente da quando la Germania viene di nuovo accusata di coltivare mire egemoniche sul continente. Già nel 2002 il biografo di Hitler Thomas Sandkühler invitò a "non enfatizzare tanto le cesure nella politica europea; si dovrebbe parlare più che altro degli elementi di continuità".
Cosa significa? Oggi come oggi è difficile andare oltre l'aspetto dell'ideologia razzista. Tuttavia, nonostante il fatto che il nome del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi contempli il vocabolo "nazionale", Hitler non fu un gran difensore del nazionalismo. Fu aspramente critico non soltanto nei confronti del trionfo protestante in Westfalia nel 1648, ma anche dell'istituzione dello Stato nazionale nello specifico, che egli considerava come assai inferiore allo storico retaggio imperiale dei tedeschi. Anziché un ordine fondato su Stati nazionali egli si dispose a realizzare un Terzo Reich che si richiamava direttamente al Primo Reich, ovvero al Sacro Romano Impero Germanico con le sue aspirazioni universalistiche e la sua durata millenaria. La Germania di Hitler era concepita come uno Stato imperiale da ogni punto di vista.
Insomma, nelle secolari politiche continentali i paesi occidentali sono stati caratterizzati dalla contesa tra due visioni antitetiche dell'ordine mondiale: un ordine fatto di Stati nazionali liberi e indipendenti, ciascuno dei quali persegue il bene politico in accordo con le proprie tradizioni e le proprie concezioni, e un ordine di popoli uniti sotto un solo ordinamento giuridico, promulgato e mantenuto da un'unica autorità sovranazionale.
In altre parole la Germania si trovava dalla parte della antica tradizione già di Babilonia e della Roma imperiale, che considerarono propria missione -per dirla cono le parole del re babilonese Hammurabi- "portare all'obbedienza i quattro angoli del mondo." Questa obbedienza, dopotutto, assicurava immunità dalla guerra, dalla pestilenza e dalla carestia.
La conclusione di von Altenbockum per cui l'origine delle idee alla base dell'integrazione europea non si trova in quelle di Napoleone o di Hitler, ma va cercata nella Guerra dei Trent'Anni e negli accordi di Westfalia che accelerarono la caduta del vecchio concetto (romano) di impero cristiano universale per la pace e per la prosperità è più convincente. Ai vincitori la vittoria; e sono i vincitori a stabilire la narrativa. Una narrativa che persiste come paradigma politico dell'Europa di oggi.
La costruzione liberale dell'unione europea ha come premessa il famoso manifesto liberale scritto da John Locke e intitolato Secondo trattato sul governo, pubblicato nel 1689, che sosteneva in definitiva l'esistenza di un unico principio alla base della legittimità di un ordinamento politico, ovvero la libertà individuale.
L'opera di Locke era in gran parte un prodotto della concezione protestante. Si apre con l'affermazione che gli esseri umani nascono "perfettamente liberi" e "perfettamente uguali" e continua a descriverli come esseri che si dedicano alla propria vita, alla libertà e alla prosperità in un mondo di transazioni basate sul consenso.
A partire da questa premessa, Locke costruì il proprio modello di vita politica e la propria teoria del governo: dalle sue teorizzazioni sono nati i modelli economici e di oggi, secondo la versione di Adam Smith che contestualizza nell'àmbito economico la concezione protestante di John Locke e di John Hume dell'individualismo e della proprietà.
Dal momento che si tratta di una visione protestante, essa mutuava dal Vecchio Testamento (più che dal Nuovo) il concetto di un'autorità sovrana unificante, gelosa e intollerante come Yahveh. Il principio organizzativo dello Stato nazionale era quello di una sola autorità, una sola legge e l'esclusiva delle armi, non il vagheggiato impero di sovranità commiste e di pretese spirituali che lo aveva preceduto.
A un certo punto la politica liberale, la teoria economica e il diritto internazionale fecero inaridire le altre concezioni concorrenti e divennero la struttura, virtualmente indiscussa, delle conoscenze che una persona istruita necessita di possedere in materia di politica.
E dunque? Qual è il nocciolo della questione? In primo luogo il leader di AfD Alexander Gauland sta dicendo che l'Unione Europea non è né liberale, né libera, né costituisce un ordinamento o un impero di per sé; l'Unione Europea è costrittiva nel suo desiderio (di origine giudaico cristiana e laicizzato) di giungere all'unificazione umana o sociale riducendo tutto quanto ha un solo modello, l'ordine liberale in cui essa detta legge.
La questione non è tanto nel fatto che un pubblicazione dello establishment tedesco sta toccando una questione scottante, quella della possibile influenza del nazionalsocialismo tedesco considerato come la base su cui si articolano le politiche dell'Unione Europea: più concretamente, si fa la tacita ammissione che il leader di AfD ha degli argomenti, ovvero sta presentando una visione complessiva dell'ordine europeo che è concorrenziale a quella corrente.
L'autore lo ammette, sia pure di malavoglia; "in AfD ci sono molti politici cui piacerebbe tornare al tradizionale pensiero dei rapporti di forza", ovvero all'idea di una concertazione di poteri indipendenti e sovrani. L'autore tuttavia, riprendendo la linea di pensiero dello establishment afferma semplicemente che questo è impossibile: si è investito troppo nel progetto dell'Unione Europea per potersi permettere di lasciar perdere tutto.
Secondo von Altenbockum, dopo la seconda guerra mondiale il considerare il passato ha fatto sì che [il progetto dell'Unione Europea] "fosse fornito di un ancoraggio istituzionale ineliminabile, che contempla inevitabilmente la rinuncia a parte della sovranità".
Proprio per questo la Brexit diventa significativa per Gauland: non come semplice risentimento britannico nei confronti del dominio tedesco in Europa, ma perché l'Inghilterra è sempre stata "dall'altra parte", all'opposizione rispetto a queste concezioni di un universalismo imposto con la riduzione a un solo modello imperiale. "Come tutti sanno, l'Inghilterra si è opposta a tutto questo," afferma Gauland.
Locke, questo è vero, aveva cercato di rafforzare il paradigma dello Stato nazionale e non di indebolirlo. Nondimeno, nell'elaborare la propria teorizzazione sminuiti l'importanza o tralasciò del tutto aspetti che per l'umano consesso sono essenziali. Nel suo Secondo trattato Locke tralascia il retaggio intellettuale, spirituale o culturale che si riceve dalle proprie origini. Risultato è il disprezzo nei confronti dei legami, anche i più elementari, pensati per mantenere la coesione sociale.
Allo stesso modo, il governo posto in essere dal contratto sociale presentato nel Secondo trattato è sinistramente privo di frontiere o di limiti. Istituzioni come lo Stato nazionale, la comunità, la famiglia e la Chiesa pare non abbiano alcuna ragione per esistere. Pur senza volerlo, la piattaforma teorica elaborata da Locke fa dell'ordine protestante qualcosa di troppo difficile da spiegare, e tanto meno lo giustifica. Locke poteva anche aver nutrito altre intenzioni, ma quello che fece fu dare vita a un costrutto liberale della politica che è quella che sta alla base dell'opposto dello Stato nazionale.
Cosa significa questo? Significa la Brexit, i gilet gialli, la Lega, la AfD, il gruppo di Visegrad. Significa il futuro dell'Europa messo seriamente in discussione, nonostante le élite politiche e intellettuali dotate di una formazione universitaria sia in AmeriKKKa che in Europa siano oggi perlopiù inquadrate negli schemi liberali.
Eppure un articolo come questo, che viene dal Frankfurter Allgemeiner, e le sue asserzioni sui presunti legami fra integrazione europea e nazionalsocialismo, secondo Wolfgang Münchau rappresentano "un connubio esplosivo" che fino a oggi in Germania ha riguardato solo un dibattito marginale. L'articolo precisa che le élite europee stanno iniziando a rendersi conto delle esplosive potenzialità di questo conflitto. Si rendono conto che sono alla ribalta vecchie questioni, antichi scontri sulla natura stessa della politica, della società, della cultura e sul modo in cui il potenziale umano dovrebbe trovare sviluppo.
Riuscire a capire questo consente di inquadrare correttamente la politica estera europea: consente di capire come possano i leader europei ignorare la lunga storia di intromissioni nelle vicende del Venezuela per appoggiare un'altra iniziativa in questo senso. O come invece desiderino negare alla Repubblica Araba di Siria le risorse finanziarie e gli aiuti. Torna in mente il desiderio del re babilonese di "portare all'obbedienza i quattro angoli del mondo". Questa obbedienza d'altro canto è nel loro assoluto interesse.
Gauland ha esagerato, a descrivere l'Unione Europea come "un totalitarismo latente"? Un'idea in proposito la fornisce Yanis Varoufakis. Di fresca nomina come ministro delle finanze greco, alla prima visita a Bruxelles e a Berlino fu accoldo da Schäuble all'insegna del "Si tratta del mio mandato contro il tuo". "Schäuble stava rispettando la lunga tradizione della UE che consiste nel rinnegare i mandati democratici... in nome del loro rispetto. Come tutte le ipotesi pericolose, si fonda su una verità ovvia: gli elettori di un paese non possono conferire mandato di rappresentanza per imporre ad altri governi quelle condizioni che essi non hanno avuto dal proprio elettorato il mandato di accettare. Si tratta di un'ovvietà. Ma il fatto che i funzionari di Bruxelles e gli amministratori degli equilibri politici come Angela Merkel e lo stesso Schäuble la ripetano di continuo ha il fine di trasformarla reconditamente in un concetto assai diverso: nessun corpo elettorale in nessun paese può conferire al proprio governo il mandato di opporsi a Bruxelles."
E, continua Varoufakis, non stanno mai a sentire.
"Io e i miei collaboratori abbiamo lavorato duro per avanzare proposte basate su seri lavori econometrici e su analisi economiche intonate. Una volta verificate dalle massime autorità nei rispettivi campi, da Wall Street alla City fino ai luminari del mondo accademico, le avrei sottoposte ai creditori della Grecia a Bruxelles, a Berlino e a Francoforte. Poi mi sarei messo tranquillo a godermi la stereofonia di sguardi fissi. Sarebbe stato come se non avessi mai parlato. Come se non gli avessi portato nulla. Sarebbe stato il loro linguaggio del corpo a far capire che negavano l'esistenza stessa delle carte che gli avevo messo davanti. La loro risposta, sempre che ce ne fosse stata una, sarebbe stata assolutamente slegata da quanto gli avevo detto. Mi sarei potuto anche mettere a canticchiare l'inno nazionale svedese. Non ci sarebbe stata differenza."