Traduzione da Asia Times.
Il Consiglio di Sicurezza afferma che la politica generale e i singoli atti di cui è responsabile lo stato sionista nella fondazione di insediamenti in Palestina ed in altri territori arabi occupati dal 1967 non hanno alcuna validità legale e rappresentano un serio ostacolo al raggiungimento di una pace complessiva, equa e durevole in Medio Oriente.
Risoluzione n. 446 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, 1979.
Un convoglio diplomatico statunitense è stato attaccato venerdi scorso nella West Bank da coloni ebrei che tiravano sassi, riferiscono mass media sionisti.
Los Angeles Times, 2 gennaio 2015.
Immaginatevi il putiferio, lo starnazzare di tutti i gazzettini, la Casa Bianca indignata di ben riposta indignazione e le minacce di tremenda vendetta del Congresso se un gruppo di personale diplomatico statunitense fosse stato attaccato in Russia o in Venezuela. Anche se una cosa simile fosse successa in Australia, in Canada o nel Regno Unito sarebbe saltato fuori un casino, ad ampia copertura mediatica.
Invece, l'Associated Press ha riferito che "coloni ebrei hanno aggredito personale diplomatico ameriKKKano venerdi scorso [il 2 gennaio] nel corso di un'ispezione nella West Bank, che rientrava in un'indagine che seguiva la richiesta di verifiche di danneggiamenti subiti dal patrimonio agricolo palestinese" e la cosa è stata seguita da qualche tiepido ed asettico commento, e dall'espressione di "profonda preoccupazione" emessa dal Dipartimento di Stato. In fin dei conti, il personale diplomatico è stato solamente raggiunto da una pioggia di sassi, e le loro macchine solo da qualche bastonata.
E' interessante considerare il perché di un'ispezione sotto i sassi che volavano, e che i diplomatici hanno dovuto eseguire nel villaggio palestinese di Turmus Ayya, perché non si tratta di una cosa che si può squalificare a "danneggiamenti di colture" puri e semplici. Il personale diplomatico era lì per esaminare una zona in cui cinquemila piante di olivo erano state sradicate, ed era stato abbattuto anche un certo numero di olivi molto vecchi. Appartenevano tutti a palestinesi, che erano proprietari della terra su cui gli olivi erano cresciuti. A distruggere gli oliveti, che sono mezzo di sostentamento per centinaia di palestinesi, erano stati coloni sionisti privi di alcun titolo, che avevano tolto con la forza i terreni ai loro proprietari palestinesi. Il comportamento di questi coloni viene sostenuto in ogni modo dal governo dello stato sionista e dal Congresso statunitense.
Non sorprende il fatto che il primo veto posto dall'amministrazione Obama al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, quattro anni fa esatti, abbia fermato una risoluzione che avrebbe altrimenti avuto l'unanimità, e che imponeva "allo stato sionista, in qualità di potenza occupante, di interrompere immediatamente e completamente tutte le attività di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, e di rispettare gli obblighi legali a riguardo".
Lo stato sionista non smetterà mai di impossessarsi di terreni palestinesi e di distruggere gli oliveti, perché gli Stati Uniti lo sostengono nel Consiglio di Sicurezza con il loro veto. A volte non c'è nemmeno bisogno di arrivare ad esercitare il diritto di veto, se in Consiglio ci sono abbaastanza burattini da garantire con sicurezza che al voto uscirà sconfitta qualsiasi proposta che miri alla restituzione dei terreni agricoli palestinesi ai loro legittimi proprietari. Lo scorso dicembre, ad esempio, il Consiglio ha respinto una risoluzione che imponeva la fine dell'occupazione sionista delle terre palestinesi entro tre anni.
Allo scopo si sono mossi gli Stati Uniti e il Presidente nigeriano Goodluk Johnatan, che è pappa e ciccia con lo stato sionista: il Segretario di Stato e il primo ministro sionista lo hanno contattato e gli hanno ordinato di assicurarsi che la Nigeria si astenesse dal votare. In mezzo a tutti gli altri intrighi, questo squallido episodietto mostra fino a che punto gli Stati Uniti sono pronti ad arrivare per essere sicuri che lo stato sionista andrà avanti nel suo massiccio programma di costruzioni sui terreni palestinesi occupati illegalmente, e che potrà continuare con la distruzione degli oliveti.
Suona ironico che un antico simbolo di pace venga oggi usato dallo stato sionista come un moderno mezzo di persecuzione. Lo sradicamento e l'abbattimento degli olivi è simbolo dell'atteggiamento sionista nei confronti del popolo palestinese. Questi alberi preziosi vengono distrutti in nome del Lebensraum, dello spazio vitale sionista.
Lo spazio vitale necessario ad un crescente numero di coloni sionisti viene acquisito con sistemi che avrebbero destato l'ammirazione dello psicotico Adolf Hitler, che scriveva "...Dobbiamo eliminare la sproporzione che esiste tra la nostra popolazione e il nostro spazio... Dobbiamo assicurare al popolo tedesco la terra ed il suolo cui esso ha diritto". Una corrispondenza orribile.
Le olive sono deliziose e se ne ricava un olio meraviglioso. L'olivo è originario della Siria, della Palestina e di Creta, e si sa che alcune piante ancora oggi esistenti hanno più di duemila anni: una cosa eccitante. Solo che nella Palestina di oggi non ci sono olivi bimillenari. Nei territori palestinesi che lo stato sionista occupa illegalmente fin dal 1967 ne sono rimasti ben pochi. Dal 1967 ad oggi i sionisti hanno distrutto più di ottocentomila piante: l'undici gennaio scorso, coloni sionisti ne hanno sradicati altri centosettanta in un villaggio a sud di Nablus; la terza operazione del genere in una settimana di campagna tesa alla distruzione dei mezzi di sussistenza dei palestinesi musulmani, per costringerli ad abbandonare le loro case e a lasciare spazio ai coloni ebrei.
Un anno fa, allo World Economic Forum di Davos, il primo ministro Netanyahu affermò seccamente di "non avere alcuna intenzione di sgomberare alcun insediamento o di cacciare alcun sionista". A gennaio, come riferito dal quotidiano sionista Haaretz, ha messo un'altra volta in chiaro di non aver nessuna intenzione di cambiare politica. Ha detto ancora una volta che se il diciassette marzo verrà rieletto sulla questione degli insediamenti non si farà alcun passo indietro. "Non succederà, finché rimarrò in carica". Il governo sionista continuerà a promuovere il Lebensraum, proprio con i sistemi prospettati da Hitler, in quella "terra e suolo cui esso ha diritto".Netanyahu non sradicherà alcun sionista e continuerà a sradicare olivi e palestinesi.
Raramente è dato sentir arrivare, da parte dei paesi occidentali, qualche mormorio di protesta per gli odiosi eccessi dello stato sionista; meno che mai dagli Stati Uniti, il cui sistema legislativo è per intero controllato dalla lobby sionista rappresentata dallo AIPAC, il Comitato per gli Affari Pubblici AmeriKKKano-Sionista. E l'AIPAC a fare il bello e il cattivo tempo a Washington, ed ha fornito denaro quasi ad ogni senatore, quasi ad ogni eletto alla Camera dei Rappresentanti.
Tutte le persone perbene sono favorevoli alle erogazioni liberali a scopi caritatevoli. Solo che l'azione dei legislatori del Congresso non rientra fra le opere di carità. Quando ricevono del denaro, quale che sia l'organizzazione che glielo fornisce, ci si attende che producano risultati favorevoli ai loro benefattori, e nel caso dell'AIPAC è sicuro che questi risultati ci sono. Nel 2011 Netanyahu si è rivolto ad entrambi gli organismi parlamentari in una trionfalistica diatriba che negava i diritti dei palestinesi, ricevendone per questo attestati di adulazione di un'ampiezza pari a quella che si riserva a personaggi di rilievo internazionale che hanno raggiunto traguardi di prestigio.
Il Congresso per sette volte ha ospitato politici sionisti; in queste passerelle, Netanyahu ha figurato per due volte, con un lustro da imperatore. Dopo la sua ultima e trionfale comparsata, si disse che "il Presidente Obama, nel 2011, è stato applaudito in piedi dal Congresso per venticinque volte durante il discorso sullo stato dell'Unione. Oggi, il primo ministro Benjamin Netanyahu è stato applaudito ventinove volte".
Si riesce a malapena a crederci, ma questo primo ministro dal razzismo brutale ha potuto essere adulato in questa misura dai rappresentati riuniti di una nazione la cui Dichiarazione di Indipendenza afferma che "i diritti inalienabili" comprendono "la vita, la libertà e il perseguimento della felicità".
Per i palestinesi, nel loro paese, c'è poca libertà e nessuna felicità; quasi tutte le terre arabe se le sono prese i "coloni" ebrei. Eppure, la persecuzione dei palestinesi da parte dello stato sionista incontra a tutt'oggi il pieno sostegno del governo ameriKKKano. E i cittadini che pagano le tasse dànno ogni anno allo stato sionista qualcosa come tremila miliardi di dollari.
Non esiste nulla che riferisca di un solo senatore o di un solo deputato che abbia protestato per l'aggressione del due gennaio contro i diplomatici statunitensi, cui hanno dato vita coloni sionisti che lanciavano sassi ed ammaccavano automobili.
Senatori e deputati ignorano anche il fatto che gli Stati Uniti hanno sostenuto la risoluzione 446 del Consiglio di Sicurezza, che
Invita ancora una volta lo stato sionista, in qualità di potenza occupante, ad aderire scrupolosamente alla IV Convenzione di Ginevra del 1949, a dichiarare decadute le misure fino ad oggi adottate e ad interrompere qualsivoglia azione che possa portare a mutamenti nello status legale e nelle condizioni geografiche, andando ad influire sulla composizione demografica dei territori arabi occupati dal 1967 Gerusalemme inclusa, e in particolare a non trasferire gruppi della propria popolazione civile all'interno dei territori arabi occupati.
Nel 2014, a colloqui tra stato sionista e Palestina in pieno corso, lo stato sionista ha approvato la costruzione illegale di altre tredicimilaottocentocinquantuno nuove abitazioni per i coloni su terre palestinesi. I colloqui, ovviamente, sono finiti con un nulla di fatto. Né c'era intenzione, a Washington e a Tel Aviv, di far sì che avessro un qualche successo.
I sionisti non arriveranno mai a qualcosa che assomigli ad un accordo equo con i palestinesi. Il sostegno incondizionato di Washington permette allo stato sionista di continuare a respingere il ramoscello d'olivo della pace, e di continuare a distruggere gli oliveti della Palestina.
Tutto in nome dello spazio vitale.
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