Traduzione dallo Huffington Post.
"Crociati, adesso avete capito che lo Stato Islamico rappresenta una minaccia; ma di rimedi non ne avete e neppure ne avrete, perché non esiste rimedio. Se combattete lo Stato Islamico esso diventa più forte e più tenace. Se non lo combattete, cresce e si espande... Mobilitate i vostri eserciti, o crociati; mobilitate i vostri eserciti, ruggite pure con rumore di tuono, minacciate chi vi pare, complottate, armate le vostre truppe, mobilitate, colpite, uccideteci, distruggeteci. Tutto questo non vi salverà; sarete voi gli sconfitti.Dichiarazione del portavoce dello Stato Islamico Abu Muhammad al Adnani in risposta al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
Sembra che tutti stiano cercando di servirsi dello Stato islamico per i propri scopi. Raghida Dergham è un'esperta corrispondente diplomatica dello Al Hayat, e scrive che quello che i paesi del Golfo vogliono dagli Stati Uniti denota un serio irrompere sulla scena di comportamenti schizofrenici. "Quello che maggiormente colpisce... è l'improvvisa chiarezza con cui si esprimono differenze inconciliabili, per esempio tra il fatto che i governi del Golfo Persico hanno indicato nello Stato Islamico una minaccia alla loro stessa esistenza, mentre una grossa parte della pubblica opinione nei paesi del Golfo simpatizza con lo Stato Islamico e con le sue istanze, e lo considera come un qualche cosa che è necessario nell'equilibrio dei poteri e nell'equilibrio del terrore".
"Il Golfo", continua l'autrice, considera innanzitutto lo Stato Islamico come "uno strumento necessario a tenere testa alla Repubblica Islamica dell'Iran e alle sue ambizioni a livello regionale, con particolare riguardo alla Siria", e non come dei terroristi.
I governi dei paesi del Golfo si sono buttati di poca voglia in questa nuova guerra, nonostante i loro toni retorici; lo si può vedere dai contributi che essi hanno fornito all'inizio della campagna di bombardamenti in Siria: quattro F16 dall'Arabia Saudita, altri quattro aerei dagli Emirati Arabi Uniti, un paio dal Bahrein ed un solo Mirage dal Qatar che "non ha sganciato bombe, né assunto un ruolo attivo nel corso dell'attacco".
"Il Golfo" vorrebbe che obiettivo della guerra fosse il Presidente Bashar al Assad, la Russia e l'Iran invece sono di tutt'altro avviso e secondo loro Obama dovrebbe far guerra allo Stato Islamico in Siria ed in Iraq, e solo a quello. Il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha espresso incoraggiamento per gli attacchi aerei statunitensi contro lo Stato Islamico in Siria, ma a patto che ne sia obiettivo lo Stato Islamico, e che siano concordati, direttamente o indirettamente, con Damasco.
In risposta alle minacce che Obama ha rivolto contro qualunque attacco siriano contro gli aerei statunitensi (il Presidente Obama ha minacciato di distruggere il sistema di difesa aereo siriano come rappresaglia) la Russia ha fatto la propria mossa e ha dato scacco matto ad Obama. In risposta, la Russia ha minacciato di ampliare i propri trasferimenti di armi al governo Siriano fino a dotarlo del necessario per potersi difendere dagli attacchi statunitensi, nel caso gli aerei degli Stati Uniti attaccassero le posizioni delle truppe governative, deliberatamente o per errore. Di recente sono circolate informazioni sull'arrivo a Latakia di navi russe della classe Sumomum, specializzate in compiti di difesa aerea, ed è improbabile che si tratti di una coincidenza. Iran e Russia collaboreranno sicuramente con gli Stati Uniti nel teatro d'operazioni in Siria, ma solo se vi saranno corridoi aerei ben definiti, bersagli concordati per gli attacchi statunitensi, e la garanzia che gli Stati Uniti non cercheranno di usare la situazione per creare ricettacoli sicuri per l'opposizione siriana.
L'amministrazione statunitense si trova tra l'incudine e il martello: l'Arabia Saudita vuole ad ogni costo la testa di Assad su un piatto d'argento, ed arma volontari perché lo sforzo bellico sia diretto a questo scopo. Per Obama, ottemperare alle condizioni imposte da russi ed iraniani significa rafforzare indirettamente il Presidente Assad ed irritare i paesi del Golfo, nonché i "moderati" insorti siriani in esilio. Se Obama invece assecondasse i desideri dei paesi del Golfo e attaccasse le forze di Assad, con ogni probabilità finirebbe per avere contro, in un quadro destinato a peggiorare sempre di più, la Russia, l'Iran e Hezbollah; questo complicherebbe oltremodo la guerra contro lo Stato Islamico sia in Siria che in Iraq.
Anche la Turchia intende servirsi della guerra contro lo Stato Islamico per i propri scopi. Nell'immediato, i Turchi non hanno tanto interesse a indebolire lo Stato Islamico, ma ad aiutarlo a indebolire le regioni semiautonome del Kurdistan siriano addossate al confine turco, laddove i curdi sono in perenne agitazione e ben lontani dal godere di una qualche autonomia. In questo momento lo Stato Islamico prosegue l'avanzata vicino alla frontiera turco-siriana, e i militari turchi impediscono ai curdi di attraversare la frontiera con la Siria per attaccare lo Stato Islamico. Impadronendosi dei territori curdi, lo Stato Islamico avrebbe confini diretti con la Turchia, e corridoi logistici con essa.
Erdogan ha fatto in modo che lo Stato Islamico, fin da quando si è impegnato in Siria, avesse nella Turchia un punto d'appoggio da cui potrebbe abbattere lo stato siriano. E' probabile che oggi come oggi il Presidente turco pensi che la guerra rappresenterà una nuova e ancor più grossa opportunità per gli interessi turchi. Se la guerra finisse per distruggere le strutture politiche irachene e siriane -cosa che il Primo Ministro Ahmet Davutoglu si aspetta da molto tempo, e che rappresenterebbe il colpo di grazia per le vecchie frontiere risalenti all'accordo Sykes - Picot- la Turchia, mantenendo buoni rapporti con tutte le parti in causa (i baathisti, qualcuno tra i curdi in Iraq, i leader tribali sunniti e lo stesso Stato Islamico con cui è stata appena conclusa la trattativa per uno scambio di prigionieri) si troverebbe nella posizione ideale per fare da mediatore sul destino della valle superiore dell'Eufrate, a maggioranza sunnita e divisa tra Siria ed Iraq. In questo scenario Erdogan diventerebbe a tutti gli effetti una specie di "emiro" per un ampio territorio dell'Islam sunnita.
Anche lo stato sionista intende servirsi di questa guerra. Lo stato sionista ha aiutato gli insorti nella zona che si trova adiacente alla frontiera con il Golan e negli ultimi tempi ha fornito loro anche copertura con l'artiglieria. Quest'ultima iniziativa, assieme al fatto che i sionisti hanno abbattuto un aereo siriano, puo rappresentare il tentativo di creare una no-fly zone su quello che è un vero e proprio percorso per infiltrarsi in Siria da sud, intanto che gli statunitensi attaccano dall'aria lo Stato Islamico. In cambio del sostegno concesso a chi combatte Assad, lo stato sionista potrebbe pretendere il coinvolgimento dei beneficiati nella continua guerra in corso contro i Fratelli Musulmani e Hamas.
I falchi in ameriKKKa vogliono far leva sulla guerra allo Stato Islamico in Siria non perché essa serva contro Assad, ma per mandare avanti la loro campagna per il rovesciamento del Presidente Putin. Il loro obiettivo è quello di colpirlo in Siria rovesciando Assad, e di umiliarlo e gettarlo nel discredito in Ucraina proprio sotto gli occhi del suo stesso elettorato. Da parte sua Putin sta cercando di trarre vantaggio dalla situazione per arrivare agli scopi opposti, riconsiderando la comunicazione diretta con Obama per coordinare con lui il da farsi in Siria ed in Iraq, ma anche per allentare in generale le tensioni con Washington. Iran e Russia hanno già proposto canali diretti con Baghdad e Damasco in modo da coordinare lo sforzo bellico; sono canali già funzionanti. Anche i servizi stanno dialogando con Damasco.
Il Presidente Obama deve affrontare anche un'altra difficoltà. Gli serve la collaborazione di Putin e dell'Iran, se vuole in qualche modo mettere le mani in un Medio Oriente la cui instabilità è a livelli critici; solo che cercare in modo esplicito e visibile l'aiuto russo farà di Obama il bersaglio di critiche perentorie, proprio nell'imminenza delle elezioni del Congresso che si svolgono a metà mandato. Di qui i bizantinismi ed i non detti in quanto affermato dal Segretario John Kerry sulla coordinazione con la Russia e con l'Iran, che coordinazione è ma che coordinazione non deve sembrare, per non parlare di Damasco: con Damasco non ci coordinamo, ma abbassiamo la tensione. Una contraddizione politica che pare impossibile da mantenere al di là del breve periodo. I ribelli siriani spalleggiati dall'Occidente vanno già declamando ai quattro venti che gli attacchi ameriKKKani in Siria hanno gettato discredito su di loro. Al Nusra "afferma che chi mantiene rapporti con l'Occidente verrà considerato un occidentale a tutti gli effetti", ha riferito a McClatchy un ufficiale dei ribelli che aderisce al programma del "Libero" Esercito Siriano. "Ci stanno tacciando di traditori, e la maggior parte del popolo siriano fa discorsi dello stesso genere", diceva. A lamentarsi di questo fatto sono proprio gli stessi moderatissimi cui l'Occidente spera di portare sostegno.
La lista di quanti stanno cercando di utilizzare la guerra per perseguire i propri scopi è sicuramente incompleta; i sunniti della province di Anbar, Saladin e Ninive si stanno servendo dello Stato Islamico per costringere Baghdad a far loro delle concessioni, e lo stesso stanno facendo i Curdi. Il Consiglio dei Paesi del Golfo sta usando la guerra per costringere il Qatar ad assoggettarsi alla linea politica saudita e ad estendere le ostilità ai Fratelli Musulmani; di qui l'espulsione dal Qatar di appartenenti ai Fratelli. Il re dell'Arabia Saudita Abdullah sta usando la situazione per cercare di costringere il clero wahabita a mettere il cappello su ogni recrudescenza dello wahabismo serpeggi tra il popolo; la crisi, per re Abdullah, deve servire per cercare di portare i religiosi più vicini alla linea modernista, e ad allontanarli dallo wahabismo puro.
Le parti interessate sono comunque di più. Ce ne sono così tante interessate a usare lo Stato Islamico per i loro fini, che ci si potrebbe chiedere come potrebbero raggiungere i loro scopi se lo Stato Islamico non ci fosse; forse, semplicemente non potrebbero.
Obama può credere davvero che lanciare attacchi aerei spettacolari, insieme a tutti quei begli schemettini grafici, serva a rafforzare la democrazia nel medio termine. Magari ha anche ragione. Ma potrebbe anche arrivare a concludere che alla fine sarà stato lo Stato Islamico a usare lui e re Abdullah e tutti quanti gli altri per i propri scopi. Lo Stato Islamico magari sarà anche stato uno strumento, o addirittura la creatura, di quanti pensavano di servirsene; ma non è che le parti, oggi, si sono invertite? I video in cui si vedono le sue decapitazioni sono stati realizzati con degli scopi precisi. I dialoghi in prima persona, e poi in seconda persona ad opera di uno che parla con accento britannico, non sono stati diffusi senza considerazione per i tasti che sarebbero andati a toccare. Si legga di nuovo il discorso del portavoce dello Stato Islamico che apre questo scritto; non sembra più un invito che una minaccia?
Nulla di quello che lo Stato Islamico ha fatto è stato fatto a caso; esistono una pianificazione seria e degli scopi precisi. Una mappa con le pronosticate conquiste territoriali dello Stato Islamico in cui sono segnati con cura i pozzi di petrolio risale al 2006. La conquista di Mossul è stata frutto di un lavoro lungo due anni. Lo Stato Islamico è nato direttamente dal movimento di al Zarqawi ed aveva già messo in piedi una propria organizazione clandestina in Siria, chiamata Al Nusra, ben prima che Al Nusra e lo Stato Islamico si separassero. La giornalista libanese Radwan Mortada nota per di più che
Secondo gli Hadith, "l'Ora [della Resurrezione] non giungerà fino a quando non saranno conquistate le terre bizantine di al Amaq (le valli di Antiochia, nella Turchia meridionale) e di Dabiq (una cittadina siriana a nord di Aleppo)"; i combattenti dello Stato Islamico sono convinti del fatto che "ci sarà una grande battaglia" contro "l'Occidente crociato". Sono giunti alla conclusione che un attacco aereo statunitense sarà l'inizio di questo confronto. Essi dicono che "si tratta di una promessa divina ineludibile, che dimostrerà al mondo che siamo noi a controllare lo Stato Islamico, quello del califfato alla fine dei tempi". A confermare quanto sia profondo il loro credo c'è la pubblicazione in lingua inglese che hanno iniziato a diffondere alcuni mesi fa, e che si intitola Dabiq - Il ritorno del Khilafah (del Califfato). Nonostante l'eventualità di un impegno a terra sia stata esclusa, "...alcuni tra i sostenitori dello Stato Islamico pensano seriamente che l'alleanza crociata sarà costretta a combattere sul terreno, perché dal cielo non riuscirà sicuramente a raggiungere nessuno dei suoi obiettivi".
Da questo punto di vista lo Stato Islamico ha messo in pratica la lezione appresa dalla guerra che lo stato sionista ha combattuto contro Hezbollah nel 2006. Gli attacchi aerei dello stato sionista fallirono completamente nella distruzione di Hezbollah, che si era preparato a parare il colpo; la capacità di Hezbollah di mantenere l'iniziativa non ne fu indebolita, e la cosa costrinse lo stato sionista ad intervenire sul terreno, dove fu sconfitto.
Al Qaeda ed altri gruppi jihadisti si stanno già radunando sotto la bandiera dello Stato Islamico per combattere la "guerra della Croce" levata contro di loro. I ribelli sostenuti dall'Occidente sono i traditori: chi tratta con l'Occidente, come Abdullah d'Arabia, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein diventa un occidentale lui stesso, ovvero un apostata. Forse che tutto questo non poteva essere previsto? Lo Stato Islamico si sta servendo dell'Occidente per raggiungere i suoi scopi: un'ampia mobilitazione islamica, la delegittimazione dei leader arabi alleati dell'Occidente ed un'incipiente guerra senza alcuna strategia e senza alcun obiettivo definito.
Di fatto, Obama sta facilitando tutto questo.
Solo che in ultima analisi la cosa profondamente incoerente in tutta l'iniziativa, che con ogni probabilità sarà anche la causa fondamentale del suo sostanziale fallimento, è data dal paradosso che gli alleati dell'Occidente non saranno, e non possono essere, alleati affidabili per questa guerra. Si sono impegnati troppo a soffiare sul fuoco dell'ideologia salafita, per troppo tempo, ed appartengono alla stessa ideologia. L'Occidente per troppo tempo è stato complice in tutto questo; adesso non può né abbandonare i suoi alleati, sia pure così compromessi, né aspettarsi che siano loro a combattere sul terreno.
Si tratta di una guerra che è stata dichiarata senza che ci fossero i soldati per farla, e neppure i mezzi per portarla ad uno sbocco certo.
Lo Stato Islamico ha usato l'Occidente con intelligenza.