Traduzione da Conflicts Forum.
In Egitto i Fratelli Musulmani sono finiti, quasi istintivamente, nel caldo e materno abbraccio del mehna, una sorta di zeitgeist che li caratterizza da molto tempo e che evoca in sostanza la continua lotta -un'ordalia- dell'Islam contro il mondo intero; il concetto costituisce per i Fratelli un elemento chiave, intriso di una quantità non piccola di vittimismo. Il suo prepotente riaffiorare adesso fa pensare che i Fratelli si chiuderanno in se stessi e si allontaneranno dall'impegno mondano. Qui si trova per esempio la ferma rescissione di ogni canale diretto di comunicazione con i Fratelli decisa da Essam el Eiran. Forse i militari e i loro mèntori del Golfo hanno pensato che il loro colpo di stato in stile "shock and awe", unito alla decapitazione dei Fratelli avrebbero, per usare i termini che sono soliti adoperare i sionisti, lasciato i Fratelli e i loro simpatizzanti "bruciati psicologicamente dalla sconfitta" e in condizioni di docile remissività. In effetti i Fratelli Musulmani stanno quasi istintivamente tornando a qualcosa che conoscevano bene: il "vittimismo", detto in termini grossolani. Un vittimismo solitamente associato ad un profondo risentimento e, in qualche caso, ad un'altrettanto profonda rabbia.
La narrativa laica e liberale ha monopolizzato i mass media a livello internazionale, oltre che la maggior parte della stampa egiziana adesso impegnata a fare da amplificatore alla propaganda dell'esercito sciorinando tutti i tremendi errori di Morsi e descrivendo come Morsi abbia perso il sostegno popolare. La questione è diventata quasi dogmatica perché in Occidente la si è accettata e ripetuta senza la minima critica, come se i marchiani errori politici e di giudizio la politica europea e quella americana non sapessero neppure cosa sono. La caduta di Morsi ha un'importanza epocale al pari di quella di Mubarak, ma la vulgata laica e liberale maschera la sua gravità.
Esistono molte narrative e molte "verità" differenti su quello che è successo in Egitto negli ultimi due anni, che per la maggioranza dei casi si riveleranno inconciliabili. La versione dei fatti dei Fratelli, tuttavia, costituirà la loro specifica "verità" e si tratta di una versione che molti islamici comprenderanno per istinto: nonostante tutto, i Fratelli si percepiscono come qualcuno che è arrivato al potere in modo legittimo, e come risultato di ottant'anni di paziente lavoro sul terreno. Eppure, si attendevano anche di venir estromessi dalle cariche (si veda di nuovo el Eiran). Sono stati continuamente accusati di essere andati avanti a colpi di maggioranza fin quasi al punto che europei e statunitensi si aspettavano che avrebbero abdicato a tutto quello per cui avevano sempre lottato e che il loro governo sarebbe stato svuotato di ogni vera capacità di governare (come successo ad Hamas nel 2006, quando i paesi occidentali svuotarono semplicemente il governo di Hamas di ogni capacità esecutiva) pur di provare che non erano dei "falsi democratici", come disse re Abdallah quella volta che, in un momento particolarmente felice, fece come il ciuco che dà di somaro all'asino.
Nella verità dei Fratelli Musulmani, i partiti liberali e laici hanno deliberatamente rifiutato il dialogo e la cooperazione, e sono stati i militari ad istigare l'opposizione a far propria una narrativa centrata su una "crisi di legittimità"; una narrativa ben finanziata da Emirati Arabi Uniti e Kuwait, che avrebbe permesso all'esercito di intervenire. Quanti stanno chiedendo -e tra questi ci sono molti accademici- ai Fratelli Musulmani di mostrarsi dispiaciuti dopo il colpo di stato, di ammettere i loro tremendi errori, e di ritornarsene pieni di rimorso all'ovile della politica nelle vesti di tecnocrati politici privi di coloritura politica rimarranno probabilmente delusi. Il risentimento e l'odio sono strumenti molto potenti da manipolare e da dirigere, e i Fratelli Musulmani possiedono comunque una loro verità storica, anche se i loro mass media al momento attuale sono stati di fatto imbavagliati.
Non si tratta qui di stabilire quale narrativa sia "più giusta" delle altre, ma di evidenziare come questo ritorno istintivo al mehna significhi ricadere in qualcosa di confortante. Certo, la piattaforma essenziale dei Fratelli Musulmani che prevedeva il raggiungimento del potere passando per le consultazioni elettorali è stata rovesciata, non ha avuto una risposta politica. Ma anche il vittimismo è molto potente. E questa potenza è qualcosa che i Fratelli sanno bene come utilizzare e come controllare, è una cosa che gli riesce facile. Ci saranno tuttavia anche altre conseguenze dietro il ritorno alla visione del mondo fatta di vittimismo e di rancore; per avere prova di questo rancore è sufficiente ascoltare quello che dicono Erdogan e gli altri leader dell'AKP. In Libano si è visto che quando i quadri e i militanti islamici -in questo caso i salafiti del Libano del nord- hanno pensato di essere stati traditi politicamente il quattordici marzo scorso, hanno semplicemente abbandonato l'acquiescente orientamento saudita del salafismo e molti tra di loro si sono uniti ai vari gruppi jihadisti e di takfiri salafiti che esistono nel paese. Già possiamo assistere allo stesso processo, che inizia con i disordini nel Sinai e nella zona di Suez.
Il generale Sisi si è autonominato Primo Ministro ad interim, e ha messo in piedi un governo privo di islamici costituito per metà da appartenenti allo "stato profondo" egiziano. Non ci vorrà molto perché l'idealistica gioventù cairota della classe media apra gli occhi sulla realtà: hanno rimesso in piedi il mubarakismo senza Mubarak (si veda qui).
Questo metterà Europa e Stati Uniti in una situazione difficile perché ad oggi hanno preferito seguire una linea di comportamento del tipo "forza, diamoci una mossa e comportiamoci in modo maturo davanti al colpo di stato dei militari". In altre parole l'Occidente, per ovvi interessi strategici, si è immediatamente schierato con la parte saudita e dei paesi del Golfo ed ha assunto il Medio Oriente un atteggiamento ancora più parziale. E' già chiaro che l'Arabia Saudita sta mettendo il Libano, dopo l'Egitto, in una condizione simile, cercando stavolta non di arrivare ad un colpo di stato militare, ma ad influenzare la complessa politica libanese in senso contrario a Hezbollah e a favore dei sunniti che i sauditi proteggono. In Iraq i paesi del Golfo hanno cercato per diverso tempo di indebolire al Maliki.
Se l'Occidente riuscisse invece a mantenersi al di sopra delle parti e a non aderire rigidamente agli interessi dei sauditi, noterebbe che il bilancio strategico, così come lo stesso ordine mondiale, stanno cambiando. Nel corso dell'ultimo mese o giù di lì è diventato chiaro che sia gli europei che gli statunitensi hanno iniziato a sorprendere persino se stessi dicendo chiaro e tondo che Assad resterà al potere e chiedendosi che cosa possa significare per loro questo fatto. Si saranno anche accorti del fatto che Hezbollah sta diventando un attore regionale, dopo i fatti di Qusayr, e possono anche essersi resi conto del fatto che il sistema politico dell'Iran, nel suo complicato modo, ha pure funzionato. Ha intrapreso una nuova direzione politica, che è alla testa di un vasto sostegno popolare. L'Iran, a differenza di altri, è in qualche modo riuscito ad assimilare e ad assorbire le divergenze interne traducendole in una nuova equazione politica. Eppure, a dispetto di questi abbastanza ovvi segnali di cambiamento nella situazione, l'Occidente continua a baloccarsi mettendo al bando Hezbollah e decidendo la maniera migliore per snobbare la cerimonia di insediamento di Rohani. Russia e Cina invece stanno contribuendo a cambiare il Medio Oriente mettendo dei limiti alla libertà occidentale di plasmare l'ordine internazionale in base al proprio tornaconto; entrambi i paesi hanno appena fatto in modo da bloccare ulteriori sanzioni dell'ONU contro l'Iran, e la Russia sta continuando a battere l'Occidente sulla questione della Siria.
Non si afferma tutto questo per tessere le lodi di qualcuno, ma per precisare che importanti cambiamenti sono in corso nel campo dell'ordine internazionale e di quello mediorientale in particolare, e che le forze scatenate sempre più spesso in Egitto come altrove dai più stretti alleati occidentali in Medio Oriente non sono sotto il loro controllo né si può sostenere che facciano gli interessi degli occidentali. Queste dinamiche non le controlla nessuno. L'autorità sunnita non esiste perché l'identità sunnita sta collassando. E nello stesso tempo l'Occidente sta isolandosi sempre più da importanti zone della regione che invece si stanno stabilizzando, anziché disintegrando.