Sotto questo titolo il nostro sito-bersaglio pubblica un lungo sproloquio fantagiurisprudenzialpolitico ambientato nel 2050, anno in cui i "musulmani" sarebbero il trenta per cento del corpo elettorale della penisola italiana... Una stima interessante, soprattutto se si tiene conto del fatto che l'"islàmme" non tiene alcun registro dei fedeli. Ed ancora più interessante perché ascrive agli "islamici", che fuori dalle redazioni dei giornali e dai salotti televisivi (e dunque nel mondo reale) normalmente sono otto volte su sette intenti a rompersi la schiena lavorando nei cantieri e nelle concerie, la stessa oscura volontà di dominio e la stessa pervasività nel conquistare centri di potere seguendo scopi maligni e pianificati che fino a ieri penne della stessa risma ascrivevano agli ebrei.
Descrivere in modo monocorde ed ossessivo la malvagità metafisica di interi gruppi sociali ha fatto la fortuna della classe politica oggi al potere e all'opposizione, che nel suo insieme conta tra i migliori rappresentanti che i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana abbiano mai avuto: malafede, incompetenza, ciarlataneria, idiozia bella e buona, adesione supina alle direttive dell'imperialismo e del colonialismo più ottusi sono espressione quotidiana dei sudditi ed i loro rappresentanti sono logicamente scelti in base all'impegno profuso negli stessi campi.
Quale sia la reale portata della "presenza islamica" nella penisola italiana non possono dunque dircelo stime numeriche che non hanno nulla su cui basarsi e che nel migliore dei casi potrebbero conteggiare gli individui provenienti da questo o quel paese senza permettere di condurre inferenze sul credo religioso o sull'effettiva pratica di esso. Al contrario, ed ovviamente, la macchina politico-mediatica sforna cartaccia allarmista un giorno sì e l'altro pure, facilitando di molto la vita a chi considera gli "islamici" solidali in blocco con le peggiori bestie nere di tutti i tempi. Avviene dunque che non in un futuro prossimo venturo, ma nel presente, svariate centinaia di migliaia di persone addette a lavori invariabilmente ingrati e poco remunerativi (in sostanza quelli che mandano avanti la carretta) debbano anche fare i conti ogni giorno con la palese ostilità di molti sudditi, che ogni telegiornale rinfocola con cura.
In un simile clima qualunque istanza essi avanzino deve passare il ridicolo ed irritante vaglio della "integrazione", che sostanzialmente consiste nell'abdicare ad ogni principio e nel mettersi rapidamente al passo coi sudditi veri e propri nei comportamenti di consumo e nella generale propensione all'abbrutimento. Quando un immigrato da dar al'Islam resta vittima di una violenza o di un incidente, la prima cosa che le gazzette specificano è la "regolarità" o meno della sua presenza nel territorio dello stato che occupa la penisola italiana, lasciando intendere che gli "irregolari" stanno dalla parte del torto anche quando hanno il ruolo delle vittime. E non viene facilmente perdonata neppure la piena "integrazione": la breve carriera di personaggio mediatico di cui è stato protagonista Azouz Marzouk ci ha posto di fronte ad un individuo capace di comportamenti di consumo integratissimi e di abitudini di vita assolutamente "occidentali", eppure gli si rimprovera la detenzione patita per spaccio, ignorando volutamente il fatto che le droghe sono parte integrante dell'economia "occidentale" e non solo, e che la domanda crescente da parte di consumatori che sono degli autentici campioni di "integrazione" deve pur essere soddisfatta da qualcuno. L'intromissione giudicante delle gazzette, in sostanza, ha prodotto in neppure troppo tempo un vero e proprio mercato della denigrazione: nel clima sociale predominante qualunque cosa che non sia il lavoro duro e sottopagato viene alle persone provenienti da dar al'Islam negata, disputata o contesa, ad opera di individui pagati per questo dai media e dalla politica.
Descrivere in modo monocorde ed ossessivo la malvagità metafisica di interi gruppi sociali ha fatto la fortuna della classe politica oggi al potere e all'opposizione, che nel suo insieme conta tra i migliori rappresentanti che i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana abbiano mai avuto: malafede, incompetenza, ciarlataneria, idiozia bella e buona, adesione supina alle direttive dell'imperialismo e del colonialismo più ottusi sono espressione quotidiana dei sudditi ed i loro rappresentanti sono logicamente scelti in base all'impegno profuso negli stessi campi.
Quale sia la reale portata della "presenza islamica" nella penisola italiana non possono dunque dircelo stime numeriche che non hanno nulla su cui basarsi e che nel migliore dei casi potrebbero conteggiare gli individui provenienti da questo o quel paese senza permettere di condurre inferenze sul credo religioso o sull'effettiva pratica di esso. Al contrario, ed ovviamente, la macchina politico-mediatica sforna cartaccia allarmista un giorno sì e l'altro pure, facilitando di molto la vita a chi considera gli "islamici" solidali in blocco con le peggiori bestie nere di tutti i tempi. Avviene dunque che non in un futuro prossimo venturo, ma nel presente, svariate centinaia di migliaia di persone addette a lavori invariabilmente ingrati e poco remunerativi (in sostanza quelli che mandano avanti la carretta) debbano anche fare i conti ogni giorno con la palese ostilità di molti sudditi, che ogni telegiornale rinfocola con cura.
In un simile clima qualunque istanza essi avanzino deve passare il ridicolo ed irritante vaglio della "integrazione", che sostanzialmente consiste nell'abdicare ad ogni principio e nel mettersi rapidamente al passo coi sudditi veri e propri nei comportamenti di consumo e nella generale propensione all'abbrutimento. Quando un immigrato da dar al'Islam resta vittima di una violenza o di un incidente, la prima cosa che le gazzette specificano è la "regolarità" o meno della sua presenza nel territorio dello stato che occupa la penisola italiana, lasciando intendere che gli "irregolari" stanno dalla parte del torto anche quando hanno il ruolo delle vittime. E non viene facilmente perdonata neppure la piena "integrazione": la breve carriera di personaggio mediatico di cui è stato protagonista Azouz Marzouk ci ha posto di fronte ad un individuo capace di comportamenti di consumo integratissimi e di abitudini di vita assolutamente "occidentali", eppure gli si rimprovera la detenzione patita per spaccio, ignorando volutamente il fatto che le droghe sono parte integrante dell'economia "occidentale" e non solo, e che la domanda crescente da parte di consumatori che sono degli autentici campioni di "integrazione" deve pur essere soddisfatta da qualcuno. L'intromissione giudicante delle gazzette, in sostanza, ha prodotto in neppure troppo tempo un vero e proprio mercato della denigrazione: nel clima sociale predominante qualunque cosa che non sia il lavoro duro e sottopagato viene alle persone provenienti da dar al'Islam negata, disputata o contesa, ad opera di individui pagati per questo dai media e dalla politica.