Secondo i suoi estimatori, San Pio V ebbe molti meriti dal punto di vista esclusivamente religioso. Portò a termine il Concilio di Trento, promosse la riforma del clero e nominò cardinali basandosi solamente sulla loro fede religiosa. Fu anche grande inquisitore, ma la sua giurisdizione riguardava solo lo stato pontificio e non pronunciò mai nessuna condanna a morte. Il che nulla toglie alla vasta opera di obnubilamento delle coscienze e di affossamento del libero pensiero avvenuti grazie al suo adoperarsi: se la penisola italiana del Seicento fu praticamente per intero quella terra di prepotenze e di decadimento economico, civile e sociale così ben descritta da Alessandro Manzoni lo si deve in maniera essenziale alla pedante intromissione delle gerarchie ecclesiastiche in ogni campo, senza che la loro azione si traducesse in un vero e proprio ruolo guida. Secondo la storiografia di orientamento liberale, l'aborto dei processi socioeconomici che altrove portarono all'industrializzazione, al capitalismo ed alla formazione di una classe borghese responsabile procurò alla penisola italiana ritardi nello sviluppo le cui tracce sono identificabili ancora oggi.
Tuttavia il suo merito più grande da un punto di vista degli "occidentalisti" è l'essere riuscito a formare col lavoro di anni la lega santa, che avrebbe trionfato a Lepanto e che si vorrebbe oleograficamente rappresentativa dell'intera cattolicità. In realtà ci furono all'inizio eccezioni estremamente rilevanti come quella rappresentata da Filippo II di Spagna, che aderì tardivamente impegnato com'era nella repressione del dissenso castigliano. Pio V riuscì comunque a riunire le flotte di Venezia, Genova, Spagna, Savoia (Portogallo, allora in mano alla Spagna) e poche navi dell'Ordine di Malta. La Francia con Carlo IX si astenne, sia per la debolezza di Carlo IX, sia perchè la grossa minoranza di riformati (Ugonotti) avrebbe forse preferito la fine del papato alla sconfitta dei Turchi, e a ragion veduta, perché una delle prime conseguenze della vittoria di Lepanto fu il massacro della notte di San Bartolomeo, in cui alle vittime di una congiura reale si unirono quelle -ben più numerose- della ostilità popolare aizzata dai cattolici. Pio V nel frattempo aveva lasciato il posto a Gregorio XIII, che con l'abituale sobrietà celebrò la strage facendo cantare un Te Deum di ringraziamento, coniando una medaglia con la propria effigie e commissionando al pittore Vasari una serie di affreschi raffiguranti il massacro, tuttora presenti nella Sala Regia dei Palazzi vaticani.
La flotta cristiana a Lepanto comprendeva 208 galee, 6 galeazze (le corazzate dell'epoca) 24 navi con circa 26000 uomini, ivi compresi i "fanti da mar", i marines dell'epoca. (i Lagunari, corpo militare analogo, hanno oggi il loro comando nella stessa antica e bellissima caserma; chissà cosa ne pensano i militari turchi che da una cinquantina d'anni sono ormai di casa, grazie alla NATO...)
La flotta turca aveva 160 galee 50 galeotte e moltissime navi a vela cariche dei temibili giannizzeri (figli di cristiani, strappati ai genitori ed educati a spese dello stato turco del quale costituivano in sostanza l'esercito regolare vero e proprio; erano oltre 15000). I pirati barbareschi, al comando di Ulug Alì (che si chiamava Giovanni Dionigi Galieni, detto "Occhiali", calabrese di origine) erano integrati nella flotta turca. L'ala sinistra comandata dal Barbarigo respinse i tentativi di aggiramento. Il Barbarigo morì con tutti i suoi uomini affondando con la sua nave. Ma l'ala destra, comandata dal genovese GianAndrea Doria lasciò un varco in cui si precipitò Ulug Alì. Sul comportamento del Doria gli storici non hanno ancora tratto conclusioni, attribuendone la motivazione chi a calcolo astuto chi a pura inesperienza. Ulug Ali ne approfittò per distruggere le poche navi di Malta, trucidando la maggior parte dei cavalieri, e poi, forzato il blocco, riuscì a fuggire. Ma fu l'unico. La vittoria fu di un'importanza morale decisiva e si risolse in pratica nell'annientamento della flotta turca.. Purtroppo per i facili agiografi, le invidie e le rivalità impedirono non soltanto la riconquista di Cipro, ma anche di sfruttare la vittoria nell'immediato. In capo ad un paio d'anni, la Santa Lega si trasformò in un ricordo e la flotta turca era di nuovo bene o male in piedi. Pochi decenni dopo, ad ulteriore disdoro, cadeva anche Creta. La leggenda dell'invincibilità turca era stata infranta a caro prezzo, ed anche se una flotta ottomana che costituisse una minaccia stabile per l'"Occidente" non si ricostituì più come tale, sulla terraferma le cose continuarono come -se non peggio- di prima.
Nella ferma convinzione che la Madonna avesse contribuito più delle galeazze veneziane a salvare la giornata, Pio V statuì la festività di Maria della Vittoria, divenuta poi festa della Vergine del Rosario, attualmente celebrata ogni sette ottobre nell'indifferenza generale.
Tuttavia il suo merito più grande da un punto di vista degli "occidentalisti" è l'essere riuscito a formare col lavoro di anni la lega santa, che avrebbe trionfato a Lepanto e che si vorrebbe oleograficamente rappresentativa dell'intera cattolicità. In realtà ci furono all'inizio eccezioni estremamente rilevanti come quella rappresentata da Filippo II di Spagna, che aderì tardivamente impegnato com'era nella repressione del dissenso castigliano. Pio V riuscì comunque a riunire le flotte di Venezia, Genova, Spagna, Savoia (Portogallo, allora in mano alla Spagna) e poche navi dell'Ordine di Malta. La Francia con Carlo IX si astenne, sia per la debolezza di Carlo IX, sia perchè la grossa minoranza di riformati (Ugonotti) avrebbe forse preferito la fine del papato alla sconfitta dei Turchi, e a ragion veduta, perché una delle prime conseguenze della vittoria di Lepanto fu il massacro della notte di San Bartolomeo, in cui alle vittime di una congiura reale si unirono quelle -ben più numerose- della ostilità popolare aizzata dai cattolici. Pio V nel frattempo aveva lasciato il posto a Gregorio XIII, che con l'abituale sobrietà celebrò la strage facendo cantare un Te Deum di ringraziamento, coniando una medaglia con la propria effigie e commissionando al pittore Vasari una serie di affreschi raffiguranti il massacro, tuttora presenti nella Sala Regia dei Palazzi vaticani.
La flotta cristiana a Lepanto comprendeva 208 galee, 6 galeazze (le corazzate dell'epoca) 24 navi con circa 26000 uomini, ivi compresi i "fanti da mar", i marines dell'epoca. (i Lagunari, corpo militare analogo, hanno oggi il loro comando nella stessa antica e bellissima caserma; chissà cosa ne pensano i militari turchi che da una cinquantina d'anni sono ormai di casa, grazie alla NATO...)
La flotta turca aveva 160 galee 50 galeotte e moltissime navi a vela cariche dei temibili giannizzeri (figli di cristiani, strappati ai genitori ed educati a spese dello stato turco del quale costituivano in sostanza l'esercito regolare vero e proprio; erano oltre 15000). I pirati barbareschi, al comando di Ulug Alì (che si chiamava Giovanni Dionigi Galieni, detto "Occhiali", calabrese di origine) erano integrati nella flotta turca. L'ala sinistra comandata dal Barbarigo respinse i tentativi di aggiramento. Il Barbarigo morì con tutti i suoi uomini affondando con la sua nave. Ma l'ala destra, comandata dal genovese GianAndrea Doria lasciò un varco in cui si precipitò Ulug Alì. Sul comportamento del Doria gli storici non hanno ancora tratto conclusioni, attribuendone la motivazione chi a calcolo astuto chi a pura inesperienza. Ulug Ali ne approfittò per distruggere le poche navi di Malta, trucidando la maggior parte dei cavalieri, e poi, forzato il blocco, riuscì a fuggire. Ma fu l'unico. La vittoria fu di un'importanza morale decisiva e si risolse in pratica nell'annientamento della flotta turca.. Purtroppo per i facili agiografi, le invidie e le rivalità impedirono non soltanto la riconquista di Cipro, ma anche di sfruttare la vittoria nell'immediato. In capo ad un paio d'anni, la Santa Lega si trasformò in un ricordo e la flotta turca era di nuovo bene o male in piedi. Pochi decenni dopo, ad ulteriore disdoro, cadeva anche Creta. La leggenda dell'invincibilità turca era stata infranta a caro prezzo, ed anche se una flotta ottomana che costituisse una minaccia stabile per l'"Occidente" non si ricostituì più come tale, sulla terraferma le cose continuarono come -se non peggio- di prima.
Nella ferma convinzione che la Madonna avesse contribuito più delle galeazze veneziane a salvare la giornata, Pio V statuì la festività di Maria della Vittoria, divenuta poi festa della Vergine del Rosario, attualmente celebrata ogni sette ottobre nell'indifferenza generale.